ll filosofo Emanuele Severino in un articolo del 2016 scriveva “…una terza guerra mondiale non ci sarà. Le grandi potenze che potrebbero scontrarsi sono in realtà destinate al tramonto perché verranno sopraffatte dalla tecnica”.. E questo potrebbe essere vero. Ma non c’è solo la contrapposizione maggiore a preoccupare il mondo. Ci sono situazioni particolari che possono essere cause scatenanti di conflitti generalizzati, vissuti e combattuti in quella “terza guerra mondiale a pezzi” ipotizzata da Papa Bergoglio. Uno di questi pezzi è la disponibilità di rotte marittime e fluviali per i propri traffici e, soprattutto, di risorse idriche. La storia ci dice che il controllo dei mari e degli Oceani è stato causa di numerosi conflitti fin dall’antichità. Basti pensare alle antiche dispute per il Mare Egeo che sfociarono nel conflitto tra Achei e Troiani descritto da Omero nell’Iliade.
Focalizziamo l’attenzione sulle risorse idriche chiedendoci: ma perché l’acqua? Semplice, perché è indispensabile alla vita.
Cambiamento climatico, “water grabbing” cioè l’accaparramento delle acque, infrastrutture non adeguate, aumento del costo dell’acqua dovuto alle privatizzazioni della sua gestione, sono tutte cause per un possibile conflitto. Sono le cosiddette “water war” guerre combattute per l’acqua o per la sua mancanza legata in specie all’agricoltura.
Per l’acqua si è combattuto e ancora si combatte. Le Nazioni Unite contano oltre 500 conflitti nella storia legati al controllo delle risorse idriche. Qualcuno annovera tra questi conflitti anche la recente questione siriana: anni e anni di siccità hanno contribuito allo scoppiare della crisi.
Il problema esiste e si aggrava. Anche i servizi di intelligence americani hanno più volte affermato che “le questioni idriche sono principalmente una questione di stabilità mondiale” specialmente in medio oriente,
Nel 1979 Anwar Sadat affermava che l’unica questione che poteva portare di nuovo l’Egitto in guerra era l’acqua. D’altro canto la scarsità d’acqua in Medio Oriente è veramente critica. E’ una delle regioni del mondo più “stressate” dalla crisi dell’ ”oro liquido”, con livelli qualitativi in peggioramento e riserve che vanno sempre più scemando. Oggi oltre un miliardo di esseri umani non dispongono di acqua potabile. Con l’attuale livello di consumi/sprechi nel 2040 mancherà il 50 % del fabbisogno.
Ma intendiamoci non è solo la critica riduzione del quantitativo globale di acqua a preoccupare. Preoccupa sicuramente molto di più l’accesso all’acqua da parte delle nazioni. Chi lo detiene, e sono le maggiori potenze regionali, ha in mano una vera e propria “arma di distruzione di massa”.
E qui torna in ballo la globalizzazione che ha modificato la nostra percezione dei pericoli per la sicurezza ed ha portato alla ribalta minacce globali di una complessità mai vista in precedenza e caratterizzate da implicazioni di carattere politico, tecnologico, demografico ed ambientale significative e condizionanti. La minaccia ambientale in particolare è originata dal degrado cui è sottoposto il pianeta e soprattutto dalla ripartizione delle risorse vitali in esaurimento: globalmente sarebbero sufficienti per tutti se fossero equamente distribuite.
Qualcosa già si percepisce in alcune regioni dell’Africa e del Medio Oriente. Indubbiamente ci troviamo di fronte a una nuova fase della geopolitica dell’acqua. Anche la costruzione delle dighe per controllare i flussi a vantaggio degli uni ed a scapito degli altri provoca contenziosi estremamente critici nei Paesi in via di sviluppo che possono assumere la stessa virulenza di altri fenomeni quali il terrorismo e costituire impellente minaccia per la comunità internazionale.
Le cause di questa situazione? Ovviamente la percepita carenza di risorse. Una situazione quasi di caos dovuta anche alla mancanza di regolamentazioni internazionali ma anche e soprattutto di una governance mondiale e di una autorità riconosciuta capace di farle rispettare.
Più del 40 per cento della popolazione mondiale dipende da sistemi fluviali condivisi con altri Paesi.
Ed allora come sempre nelle cose degli uomini si tratta di un fatto culturale e di crescita del genere umano. Se non si riuscirà ad imporre il diritto all’accesso all’acqua come diritto inalienabile e ad approvare un corpo giuridico di norme ed autorità che garantiscano la salvaguardia di questa risorsa, il mondo potrebbe trovarsi ad affrontare devastanti conflitti. Trovandosi con i fiumi svuotati, la necessità di combattere per ciò che è stato sottratto può solo crescere. E questo sarebbe veramente un tragico epilogo.