E’ un disturbo che in Italia mette in difficoltà circa il 3,5% della popolazione. Insieme a disgrafia, disortografia e discalculia, la dislessia fa parte della categoria dei disturbi specifici dell’apprendimento (Dsa).
Disturbo di tipo neurobiologico, la dislessia si può manifestare in soggetti con capacità cognitive adeguate, in assenza di patologie neurologiche e di deficit sensoriali. La dislessia può essere sospettata quando i bambini, sia nella scrittura che nella lettura, invertono numeri e lettere o sostituiscono la f con la v, la m con la n, la a con la e, la p con la q. Anche l’omissione di lettere, parole o numeri all’interno della frase può essere un campanello d’allarme.
Soffre probabilmente di dislessia chi è lento o scorretto nella lettura o fatica nella comprensione del testo. Ma anche chi fatica ad imparare elenchi alfanumerici e confonde spesso e volentieri destra e sinistra.
Nello specifico, la dislessia si manifesta con una difficoltà nella correttezza o nella rapidità della lettura e insorge normalmente nel momento in cui i bambini iniziano la scuola. Tuttavia i disturbi dell’apprendimento in generale possono emergere anche successivamente, quando, con l’avanzare della scolarizzazione, aumentano le richieste prestazionali sul piano della lettura, della scrittura e del calcolo.
I soggetti che ne soffrono hanno difficoltà nelle codificare i segni scritti ed è per questo che la dislessia si manifesta all’inizio della fase di scolarizzazione in assenza di deficit neurologici, sensoriali o cognitivi a cui imputare tali difficoltà. L’automatizzazione dei processi di transcodifica si realizza già nel secondo anno di scuola primaria. Nei dislessici, invece, è più tardiva