Prima si interviene e meglio è. Nel trattamento degli ictus vale questa regola. I dati parlano chiaro: ogni minuto perso equivale ad un giorno di vita in meno goduto in buona salute. Eppure, nonostante ciò, non sempre gli ospedali sono attrezzati per intervenire in tempo. Un dettaglio non di poco conto e che non riguarda solo il nostro Paese ma che è comune anche agli Stati Uniti: una ricerca pubblicata sulla prestigiosa rivista Stroke, ad opera dei ricercatori della University of Michigan Medical School, ha mostrato che sopravvivere ad un ictus è anche questione di geografia. L’ictus è un’ostruzione a livello cerebrale delle arterie che garantiscono il corretto flusso di sangue. Quando accade, le aree a valle del blocco non possono essere sufficientemente irrorate e, con il passare del tempo, vanno incontro a morte cellulare. Ecco perché bisogna intervenire il prima possibile per evitare danni permanenti e la morte stessa. Quando una persona arriva all’ospedale con un ictus in corso viene subito sottoposto a trombolisi, una procedura farmacologica per sciogliere il coagulo di sangue che causa l’ostruzione. In alcuni casi, però, circa il 30% degli ictus, grandi coaguli che ostruiscono le arterie maggiori, necessitano di una rimozione meccanica. Tutte queste procedure vengono effettuate da una stroke unit, un’unità specializzata a trattare questo tipo di emergenze. Nello studio – che ha analizzato oltre 800 mila casi di ictus avvenuti tra il 2007 e il 2011 – i ricercatori statunitensi hanno rilevato una grande disomogeneità nel trattamento. La sopravvivenza e il grado di disabilità erano molto differenti da regione a regione. Il dato più allarmante riguarda però l’utilizzo dei farmaci “trombolitici”. Dalle analisi è emerso che la somministrazione è avvenuta tempestivamente in meno del 5% dei casi. Anche se i dati si riferiscono agli Stati Uniti –e per questo devono essere contestualizzati in base al modello di assistenza sanitaria- risulta evidente che la differenza la fanno le stroke unit. Nel nostro Paese la situazione non è migliore. Recenti studi hanno dimostrato che l’approccio endovascolare – la rimozione meccanica del coagulo che causa l’ictus – è sicuro e porta grandi benefici. Soprattutto in questi casi sono necessari reparti ben organizzati.
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