E’ il 3 dicembre 1967 quando Christiaan Barnard, controverso pioniere della cardiochirurgia, ed il fratello Marius realizzano il primo trapianto di cuore a Cape Town. Il paziente sopravvive per soli 18 giorni, stroncato da una polmonite massiva dovuta alla terapia immunosoppressiva, necessaria a ridurre il rischio di rigetto d’organo.
Oggi il trapianto di cuore è una terapia salvavita consolidata, con precise indicazioni e buoni risultati di sopravvivenza (circa il 50% a 10 anni). Tuttavia la ridotta disponibilità di organi, che affligge la possibilità di curare tutti i bisognosi, nonché il progresso tecnologico ci pongono dinnanzi una nuova frontiera: la sostituzione del cuore irrimediabilmente malato con una macchina.
In realtà la macchina cuore-polmoni, in grado di fermare il circolo permettendo di operare il cuore, è in uso dagli anni sessanta, ma gli impianti di devices portatili è recente. Il REMATCH trial, pubblicato sul prestigioso New England Journal of Medicine, ha a più riprese sancito il vantaggio del Ventricular Assist Device (VAD), cioè dell’assistenza-sostituzione meccanica della funzione di pompa cardiaca, rispetto una terapia medica ottimale nello scompenso terminale. In questa condizione il cuore non provvede più alla necessità di perfusione d’organo; supportarlo significa aumentare del doppio o del triplo le possibilità di sopravvivenza del paziente a fronte di una terapia farmacologica inefficace.
Lo sviluppo del VAD ha poi allargato ulteriormente l’orizzonte. Il cuore è infatti una pompa pulsatile, abbiamo perciò una pressione arteriosa massima ed una minima, il che non garantirebbe di per sé la regolarità dell’afflusso di sangue, quindi ossigeno e nutrienti, a tutte le cellule dell’organismo. Le variazioni sono invece attenuate dall’elasticità (compliance) aortica, fortemente ridotta in età avanzata, e dalla divisione dell’albero vascolare sino ai capillari. La pulsatilità provoca turbolenza, attiva l’infiammazione e la coagulazione e distrugge i globuli rossi (condizione nota come emolisi), il che predispone ad ictus, infarti ed una serie di altre patologie. Il flusso continuo, laminare, quello di un fiume che sospinge un mulino, evita tutto ciò. Proprio per questo motivo il passaggio dai VAD pulsatili a quelli circolari ed assiali ha condotto ad un ulteriore, significativo miglioramento dei risultati.
La medicina trapiantologica non si limita perciò a sostituire il cuore, da un solo ventricolo all’organo intero, ma lo migliora, superando i limiti della natura. Il percorso è lento e difficile perché il corpo umano è una macchina estremamente complessa, e le complicanze sono elevate.
La domanda è lecita: perché Dio o l’evoluzione non hanno escogitato una pompa da subito circolare? Probabilmente perché i sistemi di fornitura energetica del corpo non sono continui, e sono adatti ad un accumulo-liberazione della forza più che ad un mantenimento perenne, come si può ben vedere nella depolarizzazione neuronale od in qualsiasi funzione cellulare. Era la strategia meno difficile a realizzarsi rispetto al sistema in continuo.
Così, dalla dialisi, alla sostituzione della ventilazione polmonare e del circolo, l’ambizioso tentativo è quello di sostituire ed anzi migliorare la natura. Gli scenari sono entusiasmanti ed al contempo preoccupanti: il grande limite rimane il software, il cervello, sempre più a rischio degenerativo pur con un hardware indistruttibile. Si arriverà a migliorare anche quello, nel frattempo si delegano le funzioni mnemoniche e funzionali troppo complesse ai computer (extracorporei). Altra questione è poi quella della disponibilità di risorse e dell’incremento demografico, su cui pesa l’invecchiamento di una popolazione meno produttiva, della quale facciamo o faremo tutti – o quasi – parte. La soluzione? Un equilibrio da esplorare e realizzare. Di qualcosa, si sa, si dovrà pur morire…
Fabio Villa
Nato a Monza nel 1986 e si è laureato in medicina col massimo dei voti presso l’Università Vita-Salute San Raffaele.
Durante gli studi si dedica ad attività di volontariato in Italia ed all’estero (India, Nepal, Mali, Rwanda, Brasile, Cambogia).
Dopo tre anni di formazione chirurgica nel dominio cardiovascolare, ed un master in economia che l’ha portato in università quali Harvard e Fletcher, si è trasferito a Ginevra, ove si dedica all’esercizio della Psichiatria e Psicoterapia ed in parallelo a svariati progetti.
Vanta prestigiose pubblicazioni sulle più autorevoli riviste scientifiche, tra cui The New England Journal of Medicine.
Si dedica inoltre alla filosofia delle scienze ed alla storia delle religioni. Nell’aprile 2014 pubblica il libro Il Placebo. Viaggio nell’Idea di Dio (Aracne) nella collana Atene e Gerusalemme diretta da Giuseppe Girgenti, professore di Filosofia Antica ed allievo di Giovanni Reale.