“Ad essere stati superstiziosi il venerdì 17 l’avremmo dovuto scartare”, – l’incipit di Paolo Rausa, ideatore e moderatore della serata – invece ne è venuta fuori una introspezione significativa dell’arte di Mario Tàpia Radic, esaminato negli elementi di visione e di rappresentazione di un mondo andino ‘magico, mitico’, come ha sostenuto nel suo intervento iniziale Domenico Piraina, Direttore dei Musei Milanesi, che ha tracciato un quadro di riferimento della pittura e della poesia dell’America Latina e delle nostre esperienze di arte che attingono al vissuto.
Kitty e Francisca, moglie e figlia del pittore, erano lì visibilmente commosse. Con quanto amore conservano i suoi quadri che periodicamente espongono l’ha sintetizzato Francisca, che aveva seguito le orme del genitore come assistente, ricordando con commozione il rapporto con un padre visionario che l’ha sempre incoraggiata a seguire le sue inclinazioni, prima al Liceo Artistico e poi come giornalista.
La serata ha preso l’avvio con la proiezione del film intervista ‘MarioTàpia, Il sole dentro’ di Marcello Bivona, grande regista di San Giuliano che scompare dietro la macchina da presa per fissare lo sguardo sull’opera di Tàpia nel suo realizzarsi o nel prendere la sua parola come definizione di un’arte che racchiude una missione: mantenere in vita il popolo andino, massacrato dai conquistadores, con tutta la loro cultura di bellezza e di armonia con la natura, sempre ripresa con splendidi colori appariscenti.
Marcello ha chiarito il sole dentro di Mario, attraverso di lui, come luce per dare vivacità ad una pianura padana ingrigita dal tempo e dalla durezza degli uomini, che rischiano di smarrire quella umanità semplice e aperta, solidale.
Walter Pazzaia, storico d’arte, si è soffermato sulla necessità di integrare nel pantheon politico gli artisti scomparsi persino dalla Repubblica di Platone, perché l’artista ha una visione complessiva e disinteressata della società, contribuendo con le sue opere a illuminare la nostra vita. L’intervento di Andrea Ladina, da Vaiano Cremasco, ambientalista e docente, letterato, ha ricordato l’incontro con Mario intento a realizzare su una parete del paese un murale con i temi ricorrenti:
la natura florida che contrasta con le attività umane, un tema al centro del dibattito attuale sulla sopravvivenza del pianeta. Le immagini di quel murale hanno richiamato le altre di una grande opera di Mario nel locale Parco Serenella, molto degradata, che necessita di restauro.
Esiste dunque il demone di Socrate/Tàpia? ‘Come aveva immaginato Plutarco collocando il filosofo greco fra la terra e il cielo, a metà strada, così immaginiamo – conclude Rausa – Mario Tàpia, che ha il ruolo della portatrice d’acqua in un suo quadro, la prima a procedere con il vaso sulla testa per calmare l’arsura della vita e dare speranza fino all’arrivo nella prossima oasi, attraverso la sua arte’.