La crisi dell’immigrazione che ha colpito l’Europa nel corso dell’anno e che ancora opprime e preoccupa fortemente le cancellerie dei partner dell’Unione Europea (UE), ha anche contribuito a raffreddare ulteriormente il già tiepido consenso britannico all’unità in Europa.
Il clima che si respira a Londra in questi giorni è al riguardo piuttosto pesante, il premier Cameron è dovuto uscire allo scoperto ed ha tenuto un discorso in cui ha anticipato l’invio di una lettera all’Unione nella quale saranno delineate le sue condizioni per mantenere la Gran Bretagna in Europa.
Donald Tusk Presidente dell’UE la metterà all’ordine del giorno nel vertice del prossimo 17 dicembre a Bruxelles.
In Gran Bretagna la politica estera è in crisi, vari potentati economici e diplomatici della City si sono espressi in termini poco lusinghieri sui risultati conseguiti dal governo. Londra negli ultimi tempi è stata, di fatto, messa da parte nella crisi siriana (anche se in misura meno evidente di quanto non sia successo, per esempio, all’Italia). Ha anche svolto un’azione inefficace nella crisi ucraina e si è dimostrata poco solidale nei confronti del problema dei profughi. Secondo molti analisti, un disastro.
E’ sorto quindi in molti il dubbio che la Gran Bretagna e Cameron in prima persona , senza i lacci che l’UE impone ai partner avrebbero potuto essere più efficaci nel loro proporsi in ambito internazionale.
Il quesito che a Londra si pongono ora, e che vorrebbero sottoporre al più presto ad un referendum, è se la Gran Bretagna debba o meno – Brexit – rimanere nell’Unione nella convinzione che tale permanenza potrà continuare solo in presenza di convenienti garanzie sulla propria sicurezza economica ma anche sulla sicurezza generale del Paese. A quest’ultimo riguardo alcuni Generali si sarebbero espressi a favore.
Questo atteggiamento può sembrare arrogante ma, gli Inglesi, della loro presenza in Europa non ne fanno una questione di principio, come da noi in Italia dove lo “spirito comunitario” è da tempo un dogma non discutibile, sia per i governi di destra che di sinistra, con la sola eccezione della Lega.
Pragmaticamente gli inglesi discutono di convenienza.
Cameron è sicuramente il più europeista di tutti gli esponenti politici che lo attorniano nell’azione di governo e all’opposizione in Inghilterra. Ma deve misurarsi anche lui con il suo elettorato.
La posizione che sta emergendo è molto seria. Gli inglesi pretendono che l’Unione Europea faccia al più presto le riforme che servono a Londra, soprattutto in campo economico. Anche il potentissimo mondo industriale britannico lo richiede. L’opinione diffusa è che la Gran Bretagna possa avere maggiori successi fuori dall’Unione Europea; va verificato se questo è vero oppure se potrà avere maggiori successi solo rimanendo dentro l’Unione.
La parola d’ordine per Cameron rimane comunque “flessibilità”, con una drastica eccezione: nessuna concessione alla moneta unica, la sterlina è e rimarrà eternamente la moneta degli inglesi.
Cameroun si muove però sul filo di un rasoio, i sondaggi per il momento danno il 44% degli inglesi favorevoli a rimanere nell’UE mentre il 39% intenderebbe lasciarla.
Anche la campagna elettorale è partita in maniera controversa. Il fronte del Brexit è stato il primo a lanciare un’azione significativa per l’uscita dall’Unione. Il premier con il movimento dei contrari invece è partito in ritardo. Si sta cercando di recuperare il tempo perduto. Cameron agisce anche in prima persona per evitare il rischio di deragliamenti, già corso in precedenza per la questione del referendum sulla Scozia.
Diversi sono anche gli elettorati ai quali le due parti si rivolgono: la campagna del NO si rivolge alla “testa” degli Inglesi, quella del Brexit alla “pancia” di un elettorato diviso anche per età e per posizione socio economica. I giovani e quelli con elevati livelli di istruzione sono sulla linea del governo per rimanere, gli over 50 ed i meno acculturati contro.
Si è parlato di garanzie. Qualche indiscrezione sulla lettera di Cameron all’UE è emersa e già si sa che alcune delle richieste della Gran Bretagna sono in totale controtendenza rispetto al resto dell’Europa: gli Inglesi vorrebbero far cancellare in tutti i trattati ogni riferimento all’unione fra i popoli in Europa, ribadendo fermamente che in Inghilterra non è ritenuta accettabile nessuna ipotesi di fusione politica tra i partner anche in prospettive federali.
Sono posizioni considerate inaccettabili dalla maggioranza dei partner dell’UE, ma come detto, Cameroun vuole essere flessibile per cui si tratterà probabilmente di considerarle solo come un punto di partenza per il negoziato.
Resta comunque chiaro che l’Europa sta veramente rischiando di andare a pezzi. Non solo il problema dei migranti può portarla ad una disgregazione come molti stanno temendo, ma anche le questioni di principio – fondanti dei valori su cui si basa il concetto originario di Unione – riferite alla politica estera comune ed all’unione politica, che sembrano non essere più così auspicate.