C’è da chiedersi se in ambito Unione Europea, in occasione dei Vertici, il nostro Paese sia veramente considerato come noi ci illudiamo che meriti, cioè una Potenza rilevante, tra le prime nel vecchio continente per peso politico, economico e militare, o piuttosto se la presenza dell’Italia nei consessi decisionali venga considerata solo quando non se ne possa fare a meno.
Il quesito si pone in modo bruciante alla luce di quanto avvenuto nella convocazione del summit informale dell’Unione Europea sui flussi migratori nei Balcani di domenica scorsa 25 ottobre a Bruxelles.
Si è trattato di un mini-vertice sulla presente situazione in quelle regioni invase da flussi interminabili di migranti. L’Italia non è stata invitata.
Il problema nei Balcani è diventato veramente pressante anche perché la piccola Slovenia, che conta solo 2 milioni di abitanti, è oggi pressata da grandi masse di profughi che cercano, attraverso quel piccolo Stato, la via per la Germania ed il Nord Europa.
Convocati dal Presidente della Commissione, i leader di Austria, Bulgaria, Croazia, Germania, Grecia, Ungheria, Romania e Slovenia si sono incontrati anche con le loro controparti di due Stati non appartenenti all’Unione, la Macedonia e la Serbia, che sono comunque assolutamente coinvolti nella problematica.
Il Vertice è stato fortemente voluto dal Presidente Juncker – che non vuole ripetere gli errori commessi nel Mediterraneo rimandando le decisioni – perché l’emergenza nei Balcani è veramente grave. Si è infatti formato “un percorso migratorio” la cui gestione richiede una maggiore cooperazione tra le nazioni, consultazioni più ampie e misure operative immediate di sostegno concreto ai Paesi attraversati da questo “sentiero” che devono farsi carico del supporto ai migranti.
L’approssimarsi dell’inverno, freddissimo nei Balcani, pone anche questioni di carattere umanitario per il sostegno ai profughi che non dispongono di nessun mezzo di sostentamento.
La Slovenia è in grandi difficoltà perché l’Ungheria ha sigillato il proprio confine con la Croazia e decine di migliaia di migranti si sono riversati verso Lubiana. Il Parlamento sloveno ha così decretato maggiori poteri per l’esercito per gestire la crisi sul proprio territorio e per aiutare la polizia a pattugliare i 670 km di frontiera con la Croazia.
Tempestiva quindi ed altamente opportuna l’iniziativa del Presidente della Commissione cui va dato atto di aver sempre tenuto un alto profilo politico nel suo quotidiano operare in questa e nelle crisi greca e del mediterraneo che hanno caratterizzato l’ultimo anno dal suo insediamento ad oggi.
Il piano presentato da Juncker al summit mira a regolarizzare e rallentare il flusso dei migranti attraverso il “corridoio” che si è formato nei Balcani verso l’Austria e la Germania, in modo che esso possa essere assorbito con continuità dai “Paesi destinazione finale”, Germania appunto e nord Europa.
Questo piano prevede un aumento della sorveglianza alle frontiere, la registrazione di tutte le persone che transitano e l’interruzione dei trasferimenti incontrollati a mezzo autobus e treno da un Paese all’altro senza il consenso del Paese confinante.
Juncker ha affermato che “l’imperativo immediato è quello di fornire un riparo ai migranti perché non può essere che nell’Europa del 2015, delle persone siano lasciate abbandonate a se stesse a dormire nei campi”.
Allo stesso tempo, nel summit si è individuata la necessità di intensificare gli sforzi per facilitare l’immediato ritorno di coloro che non hanno diritto alla protezione internazionale nei Paesi di origine. In particolare sarà rafforzata la cooperazione in materia di rimpatrio con quattro stati dai quali provengono moltissimi profughi che confluiscono nei Balcani: Afghanistan, Bangladesh, Iraq e Pakistan.
Fondi dedicati saranno messi a disposizione dall’Unione Europea per garantire condizioni di alloggio temporaneo lungo il sentiero del flusso per i rifugiati.
Anche la missione Frontex verrà rivitalizzata per la corretta registrazione di tutti i migranti nei Paesi dell’Unione interessati ma anche in Croazia.
Bene, dopo i disastri della scorsa estate in Mediterraneo l’Europa ha imparato a muoversi rapidamente e la presenza della Germania tra i diretti interessati ha avuto in questo caso sicura influenza!
Varie critiche sono state però mosse a Juncker per la sua decisione di convocare questo vertice informale a 8 invece che nel consueto protocollo a 28 che comprende tutti i paesi dell’Unione.
La giustificazione addotta è che si voleva un formato più snello, più operativo per poter giungere a decisioni in tempi più brevi.
Benissimo ma tra i 28 c’è anche l’Italia, estromessa. Questa decisione non è certo piaciuta al Governo italiano ed al suo Premier. E lo si può capire facilmente. L’Italia non è il Portogallo che in questo caso poteva anche rimanere a casa. L’Italia non può essere estromessa da Vertici che riguardano l’immigrazione in Europa nel momento in cui è oramai universalmente riconosciuto che essa rappresenta uno dei pilastri sui quali si basa e dovrà basarsi l’accoglienza europea dei prossimi decenni.
I problemi di immigrazione dei Balcani sono problemi italiani, se non altro, ma c’è di più, per la vicinanza geografica e per gli interessi geopolitici. Ma lo sono soprattutto nel momento in cui, ed è cosa di questi giorni, si teme una deviazione del flusso degli immigrati verso l’Albania, l’Adriatico ed il nostro Paese per la recente chiusura, altalenante, delle frontiere in Croazia, Slovenia e Ungheria
Il fatto che l’Italia non sia fisicamente coinvolta nella rotta balcanica, come detto da un oscuro portavoce a Bruxelles, è una ridicola giustificazione per la nostra esclusione dal summit.
Al centro del Vertice di domenica a Bruxelles c’era infatti la drammatica crisi della Slovenia, a pochi passi da Trieste.
Nella piccola repubblica vicina ai nostri confini nord orientali si sono infatti concentrati nelle ultime settimane oltre 50.000 migranti decisi a marciare verso Austria e Germania.
Il pericolo per noi è che questi profughi, ed altri già raccolti vicino ai nostri confini, si dirigano verso Trieste, Gorizia e Tarvisio, qualora l’Austria ed anche la Baviera decidessero, come si paventa sempre in queste ore, di chiudere le frontiere.
Ma questa esclusione, per quanto bruciante, non ci deve meravigliare. Ricordiamoci che non è la prima volta che questo succede. Per limitarci ai tempi recenti, siamo già stati estromessi dal Vertice tra la Merkel ed Hollande di Parigi dove si analizzava la crisi greca alla luce degli esiti del referendum per l’Euro indetto da Atene, e non siamo stati ugualmente invitati al summit di Parigi in cui il ministro Francese Fabius ed i colleghi di Germania e Gran Bretagna discutevano Siria, Libia e immigrazione clandestina in Europa. Tant’è!