La GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino prosegue la ricognizione sul proprio patrimonio dedicando un capitolo alla scultura italiana tra il 1940 e il 1980 con una mostra che presenta 50 opere realizzate da 40 artisti attivi nell’arco di questo periodo.
Quarant’anni contrassegnati da formidabili cambiamenti e da forti scosse stilistiche sia dal punto di vista dei soggetti sia delle tecniche, e che assegnarono un nuovo ruolo alla scultura.
La ricca collezione della GAM, oltre che dalle opere di scultura acquisite nel tempo dal museo, ha potuto contare negli anni sul determinante ruolo della Fondazione Guido ed Ettore De Fornaris e della Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT che hanno contribuito, con importanti acquisizioni, ad accrescere la raccolta.
Mi fa piacere che la GAM inauguri una mostra dedicata alle sculture italiane realizzate in anni cruciali del Novecento, presenti nelle sue raccolte. Ha commentato Piergiorgio Re, Presidente della Fondazione Guido ed Ettore de Fornaris. La scultura è un ambito a cui la Fondazione De Fornaris ha da sempre prestato particolare attenzione, incrementando anche in questo settore le collezioni del museo. Lo dimostrano da una parte il cospicuo numero di opere acquisite ed esposte nell’occasione, dall’altra la presenza dei capolavori di Tony Cragg e Giuseppe Penone da noi prodotti in anni successivi, collocati di fronte allo Stadio Olimpico e alla Civica Galleria come dono alla città.
Luisa Papotti, Presidente Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT ha dichiarato: la presenza di numerose sculture di proprietà della Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT – dal grande bronzo di Consagra alle terrecotte di Valentini – in una mostra che ripercorre i quarant’anni centrali del Novecento, conferma il valore delle scelte collezionistiche operate nel tempo a favore della Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea torinese con l’intento di implementarne e completarne le raccolte.
Il percorso in mostra prende avvio dal confronto sorprendente tra le figure femminili del Ritratto di Eva di Edoardo Rubino, scultore dei Savoia e Senatore del Regno, e l’implosivo espressionismo de La pazza di Sandro Cherchi, per poi proseguire rievocando le tante declinazioni della scultura informale italiana. Questa prima parte attesta come, intorno al 1945 e negli anni a seguire, salvo poche eccezioni, la scultura cominci ad affrontare una serie di svolte di grande portata: tenta di uscire da una dimensione o da un pensiero di impostazione monumentale, o ornamentale, o di ritrattistica sia celebrativa sia privata, per avvicinarsi a nuovi soggetti e tecniche sperimentali. Per illustrare il nuovo corso della scultura di questo periodo, oltre a Cherchi e Giuseppe Tarantino trovano spazio le terrecotte di Leoncillo, i bronzi dinamici di Umberto Mastroianni e di Pietro Consagra, i ferri di Franco Garelli, di Nino Franchina, gli assemblaggi di Ettore Colla. Al contempo, campeggiano in mostra il drammatico gruppo ligneo de Miracolo (Olocausto) di Marino Marini e il grande Concetto spaziale in metallo di Lucio Fontana, cui fanno da contraltare le Donnine in ceramica di Fausto Melotti.
Gli anni sessanta sono rappresentati tra gli altri da lavori di Giuseppe Uncini, Nicola Carrino, Pietro Gallina, Mario Ceroli, con opere che sperimentano materiali eterogenei.
Con il suo tappeto natura La Zuccaia del 1966, Piero Gilardi – da poco scomparso e a cui la GAM vuole rendere un affettuoso omaggio – approda a una inedita scultura morbida, in poliuretano espanso colorato, con cui affronta il tema natura/artificio e allo stesso tempo denuncia la mercificazione dell’ambiente. Con ovvie ragioni il binomio arte/natura è più che affrontato dai protagonisti dell’Arte Povera: da Lavorare sugli alberi, Alpi Marittime di Giuseppe Penone, a Senza titolo di Giovanni Anselmo, fino ai processi chimico-fisici proposti da Gilberto Zorio.
Il percorso si conclude con le ultime esperienze degli anni settanta – inizio anni ottanta.
Michelangelo Pistoletto lasciava la stagione degli Oggetti in meno a favore di opere specchianti, assorbendo lo spazio circostante come in Raggiera di specchi del 1973 – 1976 e Nanda Vigo, con l’intento di indagare un nuovo esito percettivo, proponeva nel 1976 Exoteric Gate, in vetro ferro e neon: una riconnotazione dello spazio, alterato da un’installazione geometrica e luminosa.
La riappropriazione della scultura, dopo la stagione concettuale e poverista (ma facendone tesoro) sarà riattivata con la terracotta da Giuseppe Spagnulo e Nanni Valentini, con il gesso da Paolo Icaro, secondo diversi paradigmi, per giungere al trionfo monumentale della ricerca plastica de La Campana di Luigi Mainolfi.
Come scrive nel testo critico il Direttore Riccardo Passoni, curatore dell’esposizione: In questo quarantennio di ‘osservazione’ l’atto plastico è passato attraverso il modellare, lo scolpire, l’assemblare, il forgiare, l’architettare; ha affrontato la tradizione e la cancellazione della stessa; ha reimpostato la questione del colore. La scultura si è, di fatto, posta obiettivi nuovi, etici ed estetici, e ha sperimentato forme in divenire. Si è cioè liberata dai vincoli del soggetto, da una iconografia consolidata. Si è posta di fronte a considerazioni innovative nel rapporto opera/spazio. Ha quindi prima escluso e poi riaffrontato la monumentalità (intesa in senso anti-monumentale): ha affrontato tutti i cambi di scala possibili, senza complessi celebrativi. Ha ritrovato, dopo le Avanguardie storiche, le tecniche dell’assemblage e le soluzioni oggettuali. Ha sperimentato nuove condizioni di rapporto con la natura. Ha ritrovato, infine, nuove regioni d’essere, riuscendo a liberarsi formidabilmente dal celebre verdetto pubblicato dal grande Arturo Martini, in La scultura lingua morta del 1945 che faceva il punto amaro sui vincoli della rappresentazione concessi a questa tecnica, e i limiti della sua capacità di sperimentazione, riferendosi in particolare alla statua, imprigionata come “immobile nei secoli, lingua aulica e sacerdotale, simbolica scrittura incapace di svolgersi nei moti quotidiani”. Verdetto che lanciava però un monito altrettanto forte, predittivo: “né più si confonda con la vita apparente in una statua, la vera vita della scultura”.
Gli artisti esposti: Giovanni Anselmo (Borgo Franco d’Ivrea (Torino), 1934); Mirko Basaldella (Udine, 1910 – Cambridge (Massachusetts, USA), 1969); Alighiero Boetti (Torino, 1940 – Roma, 1994); Eugenio Carmi (Genova, 1920 – Lugano (Svizzera), 2016); Nicola Carrino (Taranto, 1932 – Roma, 2018); Mario Ceroli (Castel Frentano (Chieti), 1938); Sandro Cherchi (Genova 1911 – Torino 1998); Ettore Colla (Parma, 1896 – Roma, 1968); Pietro Consagra (Mazara del Vallo (Trapani), 1920 – Milano, 2005); Riccardo Cordero (Alba (Cuneo), 1942); Dadamaino (Edoarda Emilia Maino) (Milano, 1930 – 2004); Agenore Fabbri (Quarrata (Pistoia), 1911 – Savona, 1998); Piero Fogliati (Canelli (Asti), 1930 –Torino 2016); Lucio Fontana (Rosario di Santa Fe (Argentina),1899 – Comabbio (Varese), 1968); Nino Franchina (Palmanova (Udine), 1912 – Roma, 1987); Pietro Gallina (Torino, 1937); Franco Garelli (Torino, 1909 – 1973); Piero Gilardi (Torino, 1942 – 2023); Paolo Icaro (Paolo Chissotti) (Torino, 1936); Leoncillo (Leonardi Leoncillo) (Spoleto, 1915 – Roma, 1968); Carlo Lorenzetti (Roma, 1934); Luigi Mainolfi (Rotondi (Avellino), 1948); Marino Marini (Pistoia, 1901 – Viareggio (Lucca), 1980); Marcello Mascherini (Udine, 1906 – Padova, 1983); Umberto Mastroianni (Fontana Liri (Frosinone), 1910 – Marino (Roma), 1998); Eliseo Mattiacci (Cagli (Pesaro e Urbino), 1940 – Fossombrone (Pesaro e Urbino), 2019); Fausto Melotti (Rovereto (Trento), 1901- Milano, 1986); Mario Negri (Tirano (Sondrio), 1916 – Milano, 1987); Claudio Parmiggiani (Luzzara (Reggio Emilia), 1943); Giuseppe Penone (Garessio (Cuneo), 1947); Gianni Piacentino (Coazze (TO), 1941); Vettor Pisani (Bari, 1934 – Roma, 2011); Michelangelo Pistoletto (Biella, 1933); Edoardo Rubino (Torino, 1871 –1954); Giuseppe Spagnulo (Grottaglie (Taranto), 1936 – 2016); Giuseppe Tarantino (Palermo, 1916 – Rivalba (Torino), 1999); Giuseppe Uncini (Fabriano, 1929 – Trevi, 2008); Nanni Valentini (Sant’Angelo in Vado (Pesaro e Urbino), 1932 – Vimercate (Milano), 1985); Nanda Vigo (Milano, 1936 –2020); Gilberto Zorio (Andorno Micca (BI), 1944).
La mostra, aperta lo scorso 4 aprile, rimane visitabile fino al 10 settembre 2023
*foto in evidenza: FTM-GAM. Viaggio Al Termine Della Statuaria (PH PEROTTINO)
Fonte: Ufficio Stampa Fondazione Torino Museo