La quinta edizione di AMART, la mostra dell’antiquariato organizzata dall’Associazione Antiquari Milanesi è quasi pronta a inaugurare il prossimo 7 novembre (su invito) e svela un’ulteriore anteprima sulle opere che saranno esposte al Museo della Permanente sino al 12 novembre.
Come per la maggior parte delle fiere d’arte, la pittura sarà molto presente anche tra le 65 gallerie di AMART, in particolare l’Ottocento Italiano rappresentato da grandi nomi come Boldini, Fattori, Signorini, Induno da Società di Belle Arti, Galleria D’arte San Barnaba, Galleria d’Arte Mainetti ed Enrico Gallerie. Ma il mondo dell’antiquariato comprende molte altre specializzazioni di cui i galleristi di AMART sono gli esperti.
Sono ben quattro, per esempio, le gallerie che trattano arte asiatica e africana: la Galleria Dalton Somaré tratta Arte Africana e Arte Indo-Buddhista dall’Himalaya, dall’India e dal Sud Est Asiatico, al Museo della Permanente esporrà una “Figura Guardiana”, mbulu ngulu, Kota Obamba, del Gabon del XIX secolo (raccolta prima del 1940) realizzata in legno, ottone, rame, ferro e un Buddha, Gandhara Storico, proveniente dal Pakistan, del Periodo Kushan (II secolo circa). Entrambe nuove per il mercato perché giungono ad AMART da collezioni private. La Galleria Ajassa specializzata in arte antica cinese proporrà un “Ritratto di dignitari”, Dinastia Qing (inizi sec.XVIII), mentre un “Bodhisattva Manjusri”, bronzo dorato di 30 cm proveniente dal Tibet (XV secolo) sarà tra le molte proposte del gallerista Renzo Freschi specializzato in arte asiatica.
Mirco Cattai è un esperto di tappeti Antichi orientali dal Caucaso, Anatolia e nord -ovest della Persia. Per AMART ha scelto alcuni tappeti speciali: un tappeto detto “transilvano” a doppia nicchia dell’Area di Ghiordes, Anatolia occidentale, (seconda metà del XVII secolo). In Transilvania si ritrovano quasi tutte le tipologie di tappeti “classici” anatolici da cui prendono il nome. Si tratta di un esemplare di grande valore estetico. Raro è anche il tappeto Ushak a piccolo medaglione, cosiddetto “Tintoretto” perché il pittore veneziano dipinse tappeti simili in alcuni suoi quadri come per esempio nel “Ritrovamento del Corpo di San Marco” (1562-1566).
Nell’ambito delle Arti Decorative, il range di proposte è davvero ampio: inOpera presenta un progetto di ricerca dedicato alle opere giovanili di Giuseppe Maggiolini (1738-1814) con uno stand monografico e un libro pubblicato per l’occasione. Da segnalare in particolare un Tavolo a console trasformabile, 1765 ca.
Paolo Antonacci ritorna ad AMART portando un Guéridon in mogano con piano commesso di pietre tenere e dure di Sicilia (Napoli, 1830 circa) con una provenienza importante: Napoli, Casino della Regina nel parco di Capodimonte, collezione della Regina Maria Isabella di Borbone e, per discendenza, eredi del conte Francesco del Balzo. Rimanda a Venezia e ai suoi splendidi Palazzi come Ca’ Rezzonico e Mocenigo, ora Musei Civici, lo spettacolare trumeau esposto da Galleria Subert. È un mobile di notevoli dimensioni a due corpi con piano scrittoio ribaltabile (Venezia, circa metà del secolo XVIII). Eccezionale e unica è la pendola “à la Géométrie” astronomica, pezzo forte di Top Time, galleria specializzata in orologi e pendole. Viene da Parigi, datata 1782/1788, è un oggetto per così dire “griffato”: la cassa in bronzo dorato e brunito e marmo rosso “griotte” è di François Remond; le figure tratte da un modello di Louis Simon Boizot, nientemeno che lo scultore del Re. Il Movimento è di Robert Robin il “Valet de chambre horloger ordinaire du Roi e de la Reine”. I quadranti di Joseph Coteau, firmati sul retro “Coteau 1782”.
Da Lodi (Fabbrica di Antonio Ferretti, 1760 circa) proviene il Grande piatto ovale da portata in maiolica policroma, raffigurante una tinca con limone in stile naturalistico a “trompe-l’oeil che sarà esposto da Piva. Le pescere erano dei piatti da portata ovali tipici della tradizione lombarda. Rappresentavano tinche, trote, lucci o pesci d’acqua dolce pescati nell’Adda, e venivano utilizzati come trompe-l’oeil durante i pranzi ospitati sulle tavole più raffinate della regione. La resa illusionistica tridimensionale del limone dimostra lo straordinario livello artistico conseguito dalle manifatture lodigiane, tanto che la città diventò luogo del sapere ceramico del XVIII secolo. Oggi questi particolari pezzi lodigiani sono diventati sempre più rari e di alta rilevanza storico-artistica, tanto che alcuni esemplari sono esposti nei più rinomati musei della ceramica, da Faenza a Sèvres.
È sicuramente una delle icone del Novecento, la rarissima “Signorina Grandi Firme”, scultura di Sandro Vacchetti (Manifattura Essevi, Torino 1946) basata su un’idea di Gino Boccasile per la rivista “Le grandi firme” di Cesare Zavattini: una donna moderna ed emancipata, una diva assoluta. Boccasile, innovatore del lessico pubblicitario le cui rappresentazioni hanno dato lustro e modernità fra le tante anche alle réclame della Pirelli, della Fiera di Milano, della San Pellegrino e della Sperlari, con questo soggetto riassume la storia del costume e della società italiana di quel periodo. La si potrà incontrare nello stand di Raffaello Pernici.
FineArt by Di Mano in Mano presenterà alcune opere straordinarie in una installazione site specific anche quest’anno firmata dal designer Pietro Russo, il tutto pensato come dialogo tra le opere e lo spazio espositivo dello storico palazzo milanese della Permanente. Il posto d’onore è dedicato a un arredo di Francesco Abbiati, noto ebanista lombardo originario di Mandello del Lario. Si tratta di un mobile inedito, riccamente intarsiato con legni pregiati, il cui apparato iconografico nasconde un’interessante narrazione storica che verrà rivelata in loco ai visitatori.
Fonte: Ufficio stampa Studio ESSECI, Sergio Campagnolo