Ogni anno, all’inizio delle lezioni, si ripete come una nenia tutta una serie di servizi giornalistici ricalcati su quelli degli anni precedenti. Anche perché le problematiche che attanagliano la scuola italiana sono sempre le stesse e, finora, nessuno vi ha posto rimedio.
A settembre, in prossimità della data della rentrée scolastica, i media gettano sul tappeto della comunicazione di massa un sacco di luoghi comuni sui corsi scolastici, da sempre purtroppo più o meno regolari, a seconda della disponibilità di insegnanti. Docenti di varia estrazione, molti i precari, tanti i pendolari su lunghe distanza oppressi da problemi personali che hanno rilevanza anche sulle lezioni. Ma questo è un problema che non esiste solo nel Belpaese. In Francia, il quotidiano Le Monde ha dedicato varie pagine alla rentrée prendendosela con il Ministro dell’Istruzione Gabriel Attal che aveva assicurato insegnanti in cattedra per tutte le classi da inizio lezioni ma che non è riuscito a mantenere la promessa.
Mal comune mezzo gaudio. L’attenzione per il mondo della scuola però in Francia è elevata mentre da noi dobbiamo purtroppo riconoscere che al di là delle chiacchiere e delle promesse poco si fa. L’attuale ministro italiano Giuseppe Valditara è molto attivo e fa ben sperare ma per ora……. Si tira avanti di anno in anno con continue riforme ed adattamenti ma anche con qualche spreco di risorse (banchi a rotelle?) che oggi non si può più giustificare.
Fatta questa doverosa premessa che ci consente di capire in quale ambito ci muoviamo, desidero portare l’attenzione sulle questioni di merito che caratterizzano in modo generale sia il mondo giovanile in quanto tale sia, conseguentemente, l’ambito scolastico.
Diciamocelo chiaro: la scuola italiana non ha potuto ne saputo evolvere ed oggi non è allineata sul passo rapido preso dall’attuale società in tutti i campi. Fino ad oggi si è necessariamente lavorato sul presente, sulla soluzione di storture e problemi che, derivati dalla mancanza di proiezione strategica, hanno impegnato tempo e risorse in maniera poco remunerativa. Ma questo non è un difetto della sola scuola, lo è proprio della nostra società e di chi la gestisce. Incapacità, soprattutto, di studiare i problemi nel loro profondo per individuare le soluzioni cardine e la struttura necessaria a un buon funzionamento del settore ed al conseguimento degli obiettivi istituzionali. In questo contesto, tanto per citare un esempio, ricade anche l’esame di maturità che, per inciso, ogni governo ha modificato con nuove leggi in barba a quanto fatto dai suoi predecessori. Vi sembra logico che ogni anno si possa cambiare radicalmente l’esame? Quale serenità e continuità formativa diamo a uno studente delle superiori che entrando nella prima classe non sa quale tipo di esame dovrà sostenere cinque anni dopo? Disorientamento degli studenti ma anche degli insegnanti che certo non è foriero di ottimi risultati. Ce lo dicono i test INVALSI, nei quali i nostri studenti sono gli ultimi in Europa.
In questa problematica realtà ci serve una scuola che dia agli studenti la capacità di ragionare oltre ad una buona base nozionistica e multidisciplinare che permetta loro di cimentarsi in ogni possibile approfondimento. Cosa serve per questo? Serve un corpo docenti formato in scuole di specializzazione per l’insegnamento che deve essere considerato professione importante, ben retribuita e riconosciuta fondamentale dallo Stato per la formazione dei propri cittadini.
Gli studenti devono essere orientati a ragionare sulla società, sui problemi e sugli equilibri internazionali, sulla politica, sull’organizzazione dello stato, sul cambiamento climatico, sulla geopolitica e su tutto quanto oggi fa parte del bagaglio di conoscenze indispensabili per capire come va il mondo. Solo così potranno scegliere per il loro futuro. Certo, ragionare: ma solo un corpo insegnante colto, motivato ed aggiornato può assicurare loro quanto necessita per il raggiungimento di questo scopo.
Un secondo aspetto, veramente focale, riguarda l’atteggiamento che oggi gli studenti hanno nei confronti della scuola.
La scuola non è più vista come il centro della vita del giovane. Un tempo a scuola si trovavano tante cose che fuori non esistevano. Oggi la vita dei giovani viaggia sui canali social tutto l’anno. La scuola non è il centro del loro interesse ma uno dei tanti luoghi virtuali e fisici dove si va, come la palestra, il campo di calcetto, la discoteca serale, e tanto altro. Le distrazioni sono innumerevoli per cui l’importanza dell’istruzione scolastica sfugge a dei giovani che apprezzano sicuramente più TickTock e le filastrocche degli influencer che un buon libro o un testo di approfondimento delle lezioni assorbite epidermicamente in classe. Ecco, su questo si deve lavorare per rimediare alla pericolosa deriva. La società ha perso la bussola e la formazione del cittadino non è più nemmeno all’ordine del giorno come priorità nazionale. Questo significa che stiamo crescendo delle generazioni di giovani, ovviamente con le dovute eccezioni che spero sempre più numerose, che mancano della base formativa per comprendere, ad esempio, perché si va a votare e che cosa ci si può aspettare dal voto. Superficialità ovviamente cavalcata da movimenti e anche dai partiti politici. Sguazzando con slogan e citazioni nel “pantano sociale” essi indirizzano le scelte di chi poco è in grado di capire sulle conseguenze del suo voto. E questo è solo un esempio.
Cosa fare allora? Occorre senza indugio investire maggiormente e strategicamente sulla formazione e sull’istruzione, per renderla più efficace e più inclusiva per tutti i giovani.
Un programma di lungo periodo ma allo stesso tempo di grande urgenza. Buon anno scolastico a studenti e docenti nella speranza di poter loro offrire una scuola all’altezza delle aspettative di tutti.