Il valore educativo, espresso in molteplici sfaccettature, della raccolta di figurine che hanno caratterizzato l’infanzia di molti.
C’è un tipo di socializzazione alla quale, pensando al nostro passato, forse non abbiamo dato molto peso, ritenendola scontata e percependola come naturale qualche decennio fa. Una modalità tanto usuale, quanto produttiva di imprevedibili effetti benefici ad ampio raggio.
Sto parlando della raccolta delle figurine che ha caratterizzato la nostra infanzia che – prima ancora del completamento degli album – richiedeva una accurata gestione che attraversava vari campi: dall’intrattenimento alla socializzazione alla cura del denaro.
L’album veniva distribuito gratuitamente – non poteva essere diversamente! – davanti alle scuole e profumava di meraviglia e di novità (sarà l’album dei calciatori, degli animali, delle fiabe?) ed era sempre attrattivo qualunque fosse il tema. Anche per questo ci si procurava la doppia copia con qualche stratagemma (del resto quando una cosa è gratis…).
Gli argomenti degli album erano tanti e tutti formativi o tesi alla conoscenza (oltre che dei giocatori) di personaggi storici, animali, personaggi delle fiabe, a seconda dell’età degli utenti.
Il primo intento era quello del completamento tramite l’acquisto delle bustine di figurine. E qui subentrava il senso della gestione economica delle risorse di cui si disponeva (sempre misurate) grazie alla valutazione di quanta parte della “paghetta” o di piccole mance integrative destinare all’acquisto (per fortuna non molto oneroso) delle bustine di figurine.
Era emozionante recarsi nelle varie cartolibrerie o dal giornalaio per comprare qualche bustina, sperando di trovare le cosiddette “figurine rare” e quelle che mancavano al completamento di qualche pagina. Le altre – i cosiddetti doppioni – erano destinate a vari usi legati al gioco o allo scambio che non era semplice (alcune figurine valevano doppio o anche di più nel caso si trattasse di quelle mancanti a completare l’album). Tanti giochi venivano fatti con quelle figurine con il fine di aumentarne il numero. I giochi richiedevano spazi e manualità: figurine che cadevano dai muretti, sovrapposizioni, mazzetti che venivano vinti in base ai numeri sul retro. Non era facile vincere e ogni tanto qualcuno approfittava per fare il furbo a spese dei più piccoli o dei più ingenui (o dei più corretti), proprio come nella vita. Lo scambio, poi, consentiva di poter ottenere le figurine che servivano utilizzando i doppioni ed evitando nuovi acquisti (del resto quando l’album era in fase di completamento, le figurine acquistate risultavano per lo più doppioni, con inutile dispendio di denaro).
In pratica questi giochi, scambi, intrattenimenti costituivano un importante fattore socializzante in assenza di Facebook e Instagram, sviluppato sul piano reale, contribuendo alla nascita e al rafforzamento di relazioni che iniziavano a scuola o in oratorio e proseguivano nel tempo libero.
Occorre aggiungere che le figurine allenavano anche al dono in quanto quelle avanzate dopo il completamento dell’album non sempre erano considerate merce di scambio ma potevano costituire il dono ad un amico, un modo per farsi perdonare e per gratificare, o solo per il piacere di farlo, perché non tutto è quantificabile in guadagno.
Non dimentichiamo comunque l’entusiasmo di raggiungere l’obiettivo: il completamento dell’album, e la gioia che ne derivava.
Nei cassetti di antichi mobili si possono trovare ancora quegli album, sia quelli completati che quelli non completati, con le storie di saghe televisive, di racconti di geni e fate, con quelle illustrazioni a metà (su cui far combaciare con attenzione le figurine che le completavano), spunti per la fantasia tipica di quell’età. E lì si trova quella dolcezza dell’infanzia che ancora emoziona, anche grazie ad un album non finito.