In questo periodo improprie e lacunose valutazioni scientifiche, meteorologi spaesati e grandi discussioni basate più che altro su luoghi comuni. Ma il problema supera gli ambiti nazionali espandendosi a livello planetario, e noi sappiamo che non abbiamo un pianeta di riserva. Quindi, che fare?
Piogge, venti e consistenti grandinate, fenomeni meteorologici che quest’anno hanno caratterizzato e reso per alcuni versi strana la nostra primavera, del tutto inconsueti per la loro intensità , ci hanno incuriosito. Le improvvise alluvioni nei territori dell’Emilia Romagna ci hanno fatto ricordare tanti luoghi comuni sui fenomeni climatici. Si è spesa una montagna di tempo a discutere e a scrivere di bombe d’acqua, di siccità, del clima che cambia a causa dell’inquinamento, degli allagamenti, nonché di alluvioni e via discorrendo.
Grandi discussioni basate più su luoghi comuni che su valutazioni scientifiche mai come in questo periodo improprie e lacunose per bocca di improvvisati esperti. Se non siamo al “se non piove pioverà!” ci manca poco. Anche i meteorologi sono spaesati: gli algoritmi meteo non sono stati in grado di prevedere i disastri.
La siccità. Scientificamente per siccità si intende “una situazione in cui si verifica una fortissima riduzione delle piogge rispetto alla media delle precipitazioni del luogo”. Vanno qui considerate ovviamente le conseguenze di questa particolare condizione climatica sulla vita dell’uomo e sull’ambiente che sono di carattere idrologico, sul suolo, sui fiumi, sugli invasi ma anche sulla vita ed il benessere dei cittadini. Per cui si può avere siccità sia a livello agricolo sia ad impatto sociale ed economico. Può esserci siccità quindi anche se piove o pioviggina ogni tanto ma in quantità insufficiente a compensare i consumi.
Si può quindi parlare più propriamente di emergenza idrica – caratterizzata da precipitazioni al di sotto della media, da temperature generalmente al di sopra dei valori medi, di poca neve sulle cime – non di siccità.
Per approfondire brevemente questi interessanti concetti, consideriamo poi le eventuali relazioni tra siccità ed alluvioni. Abbiamo negli ultimi tempi registrato piogge intense, grandine, forti venti. Ebbene secondo gli esperti l’alluvione è un fenomeno naturale che non va messo direttamente in relazione alla situazione di siccità di cui soffre il Paese. Anche il cosiddetto cambiamento climatico ha delle responsabilità al riguardo perché il riscaldamento globale intensifica l’evaporazione delle acque rendendo più violente le precipitazioni e concentrando grosse quantità di acqua in brevi temporali, devastanti per le culture.
I due fenomeni, alluvione e siccità, fanno quindi parte del panorama storico dei cicli umani da sempre ma, e questa è la sola differenza, oggi si verificano più spesso.
In Emilia cosa è successo? Semplicemente forti piogge che hanno impedito il rapido assorbimento della pioggia nel terreno reso saturo di acqua. Non solo, anche il deflusso ha trovato ostacoli nella cementificazione e nel restringimento artificiale dei corsi d’acqua. E’ sempre l’uomo in colpa, la natura pretende quello che le spetta!
E qui apriamo una pagina “tecnica” senza ovviamente scendere in tecnicismi. Ricorriamo ai pareri del CNR Consiglio Nazionale delle Ricerche. Forti precipitazioni, fino a 200 millimetri di acqua nelle 36 ore, creerebbero problemi in tutto il territorio italiano anche nelle zone più permeabili perché più capaci di ricevere molta acqua. Sorgono in questi casi problemi di infiltrazione per la compattezza del suolo. I terreni argillosi, quasi vetrificano e costringono le acque a scorrere in superficie invece di penetrare in profondità fino alle falde acquifere.
La siccità così come l’abbiamo descritta è presente da sempre. Altre sono le cause dei disastri. Lungo le rive dei fiumi manca la manutenzione degli argini che si fratturano e disperdono acqua preziosa, il suolo viene sempre più consumato dalla cementificazione che crea barriere urbane in prossimità di aree idrogeologiche a rischio. Ci si deve quindi riorganizzare puntando alla prevenzione.
Vanno compilate e aggiornate le carte della “pericolosità idraulica” di tutto il territorio nazionale. Vanno prese misure valide e durature per la gestione del territorio e poi attenzione alle previsioni, per il verificarsi di questi fenomeni. Quando piove in modo troppo violento con fenomeni non usuali, occorre attivarsi per evitare poi spiacevoli sorprese.
Ma quali sono le implicazioni di tutti questi fenomeni per l’ambiente, in una parola per la qualità della vita dell’uomo?
E’ fuori dubbio che le foreste e gli habitat acquatici ne siano duramente condizionati. La vita dell’uomo, la sua sicurezza alimentare e le sue attività personali e commerciali sono sottoposte a rischio. Vanno prese misure drastiche per limitare al massimo le emissioni di “gas serra” nell’ottica di contenere la velocità dei cambiamenti climatici. Una rinuncia convinta ai combustibili fossili, gradualmente e senza isterismi, energie rinnovabili sulle quali investire subito e molto, protezione e conservazione delle risorse idriche, stoccaggio in appositi invasi delle acque quando in eccesso da utilizzare nei periodi di magra.
Per l’inquinamento è altresì importante individuare i limiti oltre ai quali non si può andare nel livello dei parametri critici ppm (parti per milione) e le temperature.
Non dimentichiamo che l’ONU puntava già nel 2015 (COP21- Conferenza per il Clima) a contenere le temperature al di sotto di 1,5-2,0 gradi centigradi e la CO2 sotto i 350 ppm: oggi siamo oltre 400 ppm. Per ora non ci siamo riusciti. C’è poi il rischio dell’uscita, dai giacimenti di gas immersi nel “permafrost” siberiano, di metano liberato dai ghiacci. Si rischiano temperature di 3 gradi superiori al consentito. Con questo aumento alcune cassandre scientifiche prevedono l’inizio dell’estinzione della razza umana. Sarà così? Personalmente non ne sono convinto. Rimane però necessario intervenire subito. Non si sa mai!
Concludiamo con una accenno alla geopolitica del clima e dei suoi nuovi violenti fenomeni a livello globale. L’inaridimento del suolo che è molto evidente nella fascia tra i due tropici mette già oggi a rischio numerose popolazioni.
La nostra civiltà mondiale, nelle sue numerosissime forme e dimensioni ben diversificate si è evoluta vivendo sullo strato superficiale della crosta terrestre, molto sottile. Ce lo dice L. R. Brown, agronomo americano di fama mondiale. E’ quindi da questo suolo coltivabile, perché dotato dell’humus necessario, che possiamo ricavare i mezzi per il nostro sostentamento alimentare. Un humus presente tutto sommato in quantità limitata e già oggi insufficiente a sfamare gli attuali 8 miliardi di abitanti, che viene attaccato da fenomeni degradanti e dalla desertificazione che ne sancisce la lenta ma inesorabile scomparsa.
Fa rabbrividire il fatto che, secondo le Nazioni Unite, il 25% delle terre coltivate e il 70% delle terre già aride ma coltivabili sia sottoposto a un continuo processo di desertificazione con conseguente impossibilità di fornire nutrimento per più di un miliardo di persone in circa cento Paesi del mondo. Terribile ma è così. Un inciso. Gran parte dei migranti che riceviamo sulle nostre coste dall’Africa sono spinti verso l’Europa dall’infertilità del suolo e dall’inaridimento dei pascoli che li hanno ridotti alla fame.
Il problema dunque supera gli ambiti nazionali, si espande a livello planetario e produce effetti sulla distribuzione delle popolazioni sul pianeta, provoca migrazioni di disperati Ed allora diciamo che dalla conservazione di quel sottile strato di humus, di quella corteccia del pianeta terra dipende la sopravvivenza ed il futuro dell’umanità. Non abbiamo un pianete di riserva. Pensiamoci.