Il volume di Cinzia Pilo (Dario Flaccovio Editore), con prefazione di Paolo Iabichino, apre nuovi scenari nel campo del management del Terzo Settore.
E’ la stessa autrice Cinzia Pilo a spiegare che l’obiettivo del suo libro è stimolare i manager a mettersi in gioco con le proprie competenze, al servizio di progetti di impatto sociale, in quella che va sotto il nome di Personal Social Responsibility, al fine di impiegare non solo il tempo, ma anche le competenze, le capacità e l’esperienza maturata in un certo settore che si può mettere a servizio di un altro assolutamente differente come oggetto sociale.
Come scrive il prefatore Paolo Iabichino: “Qui impariamo a mettere i nostri talenti al servizio di cause più grandi, non per istanze narcisistiche di generosa solidarietà, ma perché è semplicemente la cosa giusta da fare, soprattutto oggi, che la società tutta ci sta presentando il conto del nostro individualismo esasperato”. E ancora: “Il volontariato, l’impegno personale, la cosiddetta terza via, hanno bisogno di rinnovare le proprie energie, hanno bisogno di talento, bellezza, competenza, professionalità: non possiamo continuare a pensare che il Terzo Settore debba continuare a farsi con gli avanzi della società civile”.
C’è un programma che apre grandi scenari nel mondo del volontariato e del Terzo Settore ma alla base del tutto c’è la storia, raccontata in modo molto toccante, di Cinzia Pilo, manager, moglie e mamma, la cui esistenza subisce un brusco cambiamento dopo la nascita del secondo figlio affetto da Epidermolisi Bollosa, malattia genetica rara, dolorosa e invalidante, detta “sindrome dei bambini farfalla”.
Dopo i primi giorni di comprensibile turbamento, poichè ancora non esistevano protocolli certi o cure definite, decide di impegnarsi concretamente per dare un’esistenza degna di essere vissuta a suo figlio, ma anche a tutte le persone affette da tale malattia. Inizia ad operare in appositi organismi sociali divenendo presidente dell’associazione Debra Italia e costituendo la Fondazione Reb Onlus, dedicata alla ricerca scientifica e farmacologica. In tal modo è diventata testimone eccellente della Personal Social Responsibility indicando un metodo a dirigenti e professionisti che vogliono rendersi utili alla società con un impegno “sociale” da esprimere in parallelo al loro lavoro “ufficiale”.
Certo non è facile conciliare il lavoro con l’attività nelle fondazioni, la gestione della famiglia e le cure specifiche per il figlio “farfalla” (dizione che indica la delicatezza della pelle con tutte le immaginabili conseguenze nella cura del corpo e nella vita di relazione). E questo l’autrice lo spiega bene illustrando le dinamiche familiari, il rapporto con l’altra figlia, il fatto di non voler essere percepita come infermiera ma soprattutto come mamma, utilizzando una serie di tecniche per dare amore ai figli nel senso più completo.
Con il suo libro Cinzia Pilo ha scritto un manuale d’uso per coloro che vorranno passare concretamente all’azione: per guarire il figlio e per debellare definitivamente tale malattia. Per proteggere suo figlio, integrarlo e curarlo ha creato una rete con il mondo intero, condividendo esperienze cliniche, familiari, mediche, di ricerca. Una tecnica concreta la prende dal principio di Pareto: “l’80% dei risultati proviene dal 20% delle azioni. Tutto sta nel trovare il nostro 20%, quello in cui il nostro apporto ha un peso specifico importante”.
Illuminante il rapporto tra tale attività nelle associazioni e la propria attività professionale che, oltre alla gestione delle responsabilità, può far mugugnare i superiori circa la conciliazione dei tempi per persone che nutrono interessi che potremmo definire “strutturati” fuori dalla propria attività lavorativa.
Dedicarsi a due attività è possibile, spiega Cinzia, solo se sussiste una buona capacità organizzativa per far quadrare tutto: la gestione del tempo e delle ore, i programmi da definire, il fine settimana come contenitore di attività extra. Questo può comportare qualche sacrificio, ma tale termine non ha una connotazione negativa nella sua radice semantica di “rendere sacro”, dato che il proprio lavoro ha un significato profondo che va oltre gli obiettivi aziendali.
Solo così, con l’impegno e l’ingegno di persone motivate personalmente ma aperte agli altri, si può contribuire a rendere il mondo più … bello.