Il generale medico Samuele Valentino, che ha scoperto da qualche anno (o ha avuto più tempo da qualche anno) i benefici della scrittura, questa volta fa un passo in più e … cambia genere letterario. Dopo la saggistica e la storia si cimenta con il racconto, o meglio con la fiaba, per esprimere una morale da comunicare in modo leggero al lettore.
Tra le tante chiavi di lettura che si possono dare a questo volume ne individuo due: l’educazione e la memoria, che si fondono nell’educazione della memoria.
I dodici racconti, che danno evidenza ad altrettante tipologie umane, ricche di sollecitazioni per il lettore, partono dal gomitolo, “un contenitore ideale di storie che contiene il filo rosso dal quale tutto parte e che tutto collega”.
Ecco allora la memoria che fa da stimolo ai racconti: un recente trasloco (come succede in questi casi) ha consentito di ritrovare le cianfrusaglie della vecchia casa, che ora sono state collocate in un luogo apposito con un gomitolo rosso nel posto d’onore. In questa “stanza dei ricordi”, quasi un reliquiario-pensatoio, sono contenuti gli oggetti di una vita, importanti per l’autore. Si tratta di cimeli, diplomi, fumetti, i libri più amati, le foto, i poster, i giocattoli, e anche i sogni cui questi oggetti fanno riferimento.
Oggetti che richiamano gli anni dell’infanzia, quegli anni in cui la formazione della propria personalità e della propria sensibilità era data anche dalla scoperta della natura. E’ tipico di quegli anni osservare i cambiamenti climatici, anche minimi rispetto al giorno prima. Le maestre di quegli anni insegnavano a percepirli facendo compilare delle schede, direttamente sul quaderno a quadretti, in cui segnare la temperatura, la luminosità, il meteo, ecc.: un modo per iniziare a “vedere” la natura, senza dare tutto per scontato.
Nei vari racconti di Samuele Valentino sono declinati una serie di ricordi e di oggetti: il palloncino che rendeva felici le feste dell’infanzia, le cartoline che ora si trovano in qualche vecchio armadio della nonna, conservate per mostrarle ai visitatori e per far vedere chi la ricordava, e ancora i prodotti della laboriosità culinaria delle mamme: panzerotti, taralli “scaldatelli”, orecchiette di grano bruciato, le “spumette” di Natale, le “scarcelle” di Pasqua ornate con confettini colorati. L’autore sintetizza tutto ciò con una frase meravigliosa: la tradizione è la felicità.
Ma nel volume non troviamo solo ricordi, piuttosto questi sono la base per costruire e vivere una sensibilità personale e un afflato sociale che rimanda al tema dell’educazione e che nasce dal rapporto con gli altri: l’amicizia rimasta inespressa nel tempo, la compostezza e l’educazione che la scuola affinava soprattutto nell’età critica. Il borgo stesso era una scuola di buoni esempi. Chiarificatrice la citazione di Nelson Mandela: “L’istruzione è l’arma più potente che si possa usare per cambiare il mondo”.
In questo contesto di buoni sentimenti non può mancare l’amore. Vi è descritta l’emozione di una storia d’amore, opportunamente lasciata in sospeso, che nasce in treno, e che nel momento più intenso vede delle ginocchia che, più o meno casualmente, si toccano. La fine del viaggio, la fine della magia e tutto il resto sono ancora da scrivere ma, commenta l’autore “La bellezza aveva il volto di ciò che era stato, il rimpianto di ciò che non era stato e la voglia di ciò che poteva ancora essere”.
Al termine della lettura del libro di Samuele Valentino emerge quel desiderio di umanizzare il mondo, di uscire dall’individualismo, di apprezzare le differenze, di scoprire la fraternità per non degenerare nel culto dell’io e nel primato dell’indifferenza. Non è un mistero che l’uso incontrollato e acritico delle risorse digitali e l’abbondanza di stimoli alterino le relazioni tra gli esseri umani, provocando disintegrazione delle persone e perdita identitaria.
Ecco allora l’importanza dell’educazione della memoria. E proprio in famiglia si apprendono i piccoli gesti di cortesia che aiutano a costruire una cultura della vita condivisa. Del resto la memoria unita all’educazione contribuisce a ridisegnare il futuro perché la memoria non richiama solo la nostalgia di un tempo felice ma si pone come ricerca di una identità smarrita che può ancora illuminare il cammino della vita.