Una puntuale analisi geopolitica del Gen. CA Roberto Bernardini, già comandante dell’Esercito Italiano, sulle ragioni storiche, strategiche ed economiche che hanno indotto Putin a scatenare una guerra nel cuore dell’Europa.
E’ accaduto quello che nessuno in questo terzo millennio osava ipotizzare: una potenza nucleare, la Russia, ha aggredito militarmente un Paese indipendente rivendicando la sovranità su alcune sue regioni e pretendendo di imporgli con la forza una generalizzata smilitarizzazione, tale da renderlo così “vassallo” del proprio strapotere. Questo il “casus belli”.
Chiariamo subito, per fugare ogni dubbio in relazione alle considerazioni che seguono, che si è trattato di una palese violazione del diritto internazionale che non trova nessuna giustificazione, che deve essere unanimemente condannata ma che si presta a molteplici interpretazioni.
Aggiungiamo che pure la sorpresa che molti, a livello politico, hanno manifestato per l’operazione militare lanciata da Putin sul Donbass e in alcune zone interne dell’Ucraina, non trova alcuna giustificazione se non, in qualche caso, nella scarsa cultura e preparazione di alcuni membri dei governi occidentali e di certa stampa avvezza a trattare la geopolitica alla stessa stregua dei gossip, che poco avevano capito.
Tutto era invece già stato detto e Vladimir Putin, da tempo e in varie occasioni, aveva manifestato la sua insofferenza per le continue proposte di adesione dell’Ucraina alla Nato ma anche, e soprattutto, all’Unione Europea. Adesioni che lui, per vari motivi che andiamo a spiegare aveva sempre raccomandato di non proporre sia ai dirigenti del debole governo ucraino sia, soprattutto, ai Paesi occidentali. In una parola ha perso la pazienza perché per sua stessa dichiarazione dopo una decina d’anni in cui aveva più volte spiegato le ragioni della Russia per questo diniego e sottolineato l’inopportunità delle due adesioni, NATO e UE, definite lesive per la realtà strategica, politica, geopolitica ed economica della Russia.
Ma procediamo sinteticamente con ordine.
Le motivazioni che Putin ha addotto nel suo proclama alla Nazione dei giorni scorsi, uno degli step sulla via della decisione finale, secondo alcuni analisti possono riassumersi in tre evidenze di ordine storico, strategico ed economico.
Ragioni storiche: l’Ucraina è considerata il primo nucleo morale e religioso della grande nazione russa e quindi non un territorio qualsiasi al quale si possa rinunciare. Un po’ come il Kosovo per i Serbi che lo considerano sacro suolo della patria serba. Non dimentichiamo che la Russia nasce dall’Ucraina, la cosiddetta Rus’ di Kiev, sorta verso la fine del IX secolo.
Fu il più antico stato monarchico slavo orientale che si estendeva nel territorio delle odierne Ucraina, Russia occidentale, Bielorussia, Polonia, Lituania, Lettonia ed Estonia orientali. La sua fine avvenne quando, nel 1240, Kiev venne rasa al suolo dai conquistatori mongoli. Per inciso, la successiva separazione in tempi più recenti dell’Ucraina dalla Russia non è mai stata accettata dal popolo russo per cui Putin fa leva anche su questo.
Ragioni strategiche: l’espansione della NATO ad EST è una minaccia sempre più prossima per la stessa esistenza della Russia ed è da Putin percepita come un tentativo dell’Occidente di ridurla ad uno stato di importanza solo regionale, fuori dal gioco delle grandi potenze. Lui ambisce ad una leadership di livello politico e militare, se non economico, almeno pari a quello degli Stati Uniti.
Ragioni economiche: non trascuriamo il fatto che l’Ucraina è il granaio d’Europa e poi una Russia piccola di 145 milioni di abitanti, con i 45 milioni dell’Ucraina potrebbe competere anche con i 300 milioni di abitanti degli Stati Uniti. Anche la Cina ha riconosciuto che la demografia è un fattore geopolitico importante, un moltiplicatore di potenza perché i numeri fanno la differenza.
Detto questo approfondiamo le motivazioni strategiche che sono forse le principali nella mossa di Putin.
Nel 2014, prima dei tumulti della piazza Majdan di Kiev promossi da manifestanti pro Europa che si opponevano alla rinuncia del governo all’associazione a una zona di libero scambio UCR-UE e che diedero il via alla crisi, nessuno ipotizzava il possibile ingresso dell’Ucraina nella NATO proprio per le comprensibili ragioni di Mosca.
Qualcuno ricorda che al riguardo c’era stato una specie di “accordo sulla parola” tra Reagan e Gorbaciov sulla non estensione della NATO ad Est. Accordo pesantemente disatteso e Putin non l’ha dimenticato, anzi, dichiara di averlo spesso ricordato ai suoi interlocutori occidentali quando ne aveva l’occasione senza ottenere ascolto.
Queste ragioni di Mosca erano però dichiaratamente condivise da molti partner della NATO quali Italia, Grecia, Germania, Turchia ed altri. Putin era sicuro perché l’adesione avviene solo se il Consiglio Atlantico la accetta all’unanimità. Con tanti Paesi contrari secondo logica non sarebbe dovuto avvenire.
Ma poi le carte cambiarono e il favore in ambito Alleanza divenne unanime.
In Occidente si tirò diritto e la proposta divenne un mantra virale suscitando in Ucraina vive aspettative e in Russia viva ostilità.
Ora Putin non ci sta. E non ci sta nemmeno a far aderire l’Ucraina all’Unione Europea. In questa ipotesi cambierebbe identità, diverrebbe un Paese dell’Occidente con rapido assorbimento della cultura liberale. L’integrazione europea porterebbe un alone di democrazia e libertà vera che si propagherebbe fino in Russia. Questo per Putin è inaccettabile perché significherebbe mettere dentro le mura del Cremlino un cavallo di troia che metterebbe ben presto fine al suo regime autocratico. Anche questo Putin non lo può accettare.
Bene, “il dado è tratto”. Con determinazione unica nel contesto delle leadership mondiali – uguale non a caso solo a quella che sempre ostenta il leader cinese Xi Jinping con il quale, per inciso si era preventivamente “sentito” e ora unico a non aver condannato l’invasione – Putin porterà rapidamente a termine il suo progetto, le operazioni militari “chirurgiche” o meno cesseranno nel giro di qualche tempo. Il governo ucraino probabilmente verrà delegittimato e al suo posto si insedierà un esecutivo di patrioti graditi a Mosca.
Il popolo? Come sempre succede nei regimi più o meno assoluti si adeguerà alla ricerca del male minore.
Il mondo Occidentale? Vorrebbe fare molto, vorrebbe poter combattere ma non può. Manca di una leadership globale che possa sostenere una simile impensabile reazione. Biden sta dimostrando di non poterla assumere. Si lanceranno allora tanti proclami, ripetute sanzioni, sempre più gravi ma con qualche distinguo sulla loro effettiva gravità: Germania e Italia già avanzano riserve, ovviamente troppi sono gli interessi economici che le legano a Mosca. Per gli USA è diverso, loro possono fare i sanzionatori duri perché il valore delle loro esportazioni in Russia è quasi inesistente.
Già, le sanzioni, il simbolo dell’impotenza? Forse si. Poi quando ci si renderà conto che non avranno avuto molto effetto contro la Russia ma prodotto rilevanti danni collaterali per i partner NATO e UE che sono tenuti ad osservarle, verranno svilite e rese inconsistenti fino a decadere, nel silenzio non certo con la grancassa della loro adozione di oggi.
E la parola tornerà alla diplomazia, l’arte del confronto e della concertazione che purtroppo, di sconfitta in sconfitta si ergerà ugualmente a far da paladina del domani del mondo senza accettare, rendendosene conto, di non esserne capace.
Sulla Russia comunque ci sono sempre forti dubbi. Difficile ipotizzare cosa farà, anche per gli analisti più smaliziati e competenti. Al punto al quale è voluto arrivare, ponendo così in alto la sua asticella, Putin deve sperare nel pieno quanto rapido successo delle sue operazioni militari. L’opposizione interna che anche lui deve affrontare, potrebbe metterlo in discussione e anche farlo “saltare”. Chissà.
Un amico, parlando di queste vicende mi ha ricordato che “Churchill nel 1939 a proposito della posizione della Russia (URSS) disse: E’ un indovinello avvolto in un mistero dentro un enigma. Ancora oggi potrebbe essere questa la chiave di lettura più valida”. Vedremo.