Un’attenta indagine sugli effetti della pandemia nella nostra vita, condotta dalla nostra psicologa, evidenzia che malessere, distanziamento sociale, smart working, iper-popolamento della casa, paura del contagio, hanno minato gli assetti consueti delle coppie e dei single, timorosi di contrarre il virus.
Se un tempo tutte le strade si struggevano tra Roma e le mutande, il lockdown ha sbarrato il traffico. Conseguenza: calo del desiderio. I dati della Società Italiana di Andrologia non fanno sconti: assente il baby boom ipotizzato (calo dell’8% delle nuove nascite), calo del desiderio per il 60% degli uomini intervistati, con conseguente diminuzione dell’attività sessuale, mentre un 24% continua ad avere ancora difficoltà.
Intanto, prendiamo nota del numero verde 800-995125 (“SOS andrologo”), poi passiamo a qualche considerazione in più.
Si indagano gli effetti della pandemia sulla nostra vita relazionale, ma è chiaro a tutti che malessere, distanziamento sociale, smart working, iper-popolamento della casa, paura del contagio abbiano minato gli assetti consueti. Se le coppie si sono ibernate, prese da scoramento e apatia, i single si sono sottratti, timorosi di contrarre il virus.
L’attività sessuale resta un elemento chiave nella vita di un essere umano, ed in quanto tale va tutelata, perché fonte di benessere psichico e fisico. Certamente è innegabile che non sempre sia barriera contro l’ansia (penso all’ansia da prestazione che, in forme diverse, può attraversare maschi e femmine), non sempre è un antidepressivo naturale (può esserci un profondo senso di solitudine nei rapporti occasionali, soprattutto se questi disattendono le aspettative emotive sottese), non sempre è un collante nella coppia (il sesso può farsi campo minato, nonché fonte di tensione emotiva).
Se il lockdown ci ha spenti, può essere venuto il momento di darsi il permesso, o prendere coraggio, di indagare più da vicino questa sessualità “sospesa”, sì, sessualità appesa ad un chiodo, come anche un sondaggio ad opera di OnePoll su Millennial e Generazione Z americani ben evidenzia. Il 55% dei single si è rivolto alla tecnologia per essere sessualmente intimo durante i periodi di reclusione, ma la questione è che, oggi, circa la metà vuole continuare ad essere solo virtualmente connesso, trovando poco interessante la connessione fisica, affidandosi a video chat (61%), sexting (54%), sesso telefonico (47%). Se il 57% dichiara di aver scoperto il valore dell’intimità emotiva ed intellettuale, vicinanza animica arricchente che lascia ipotizzare la possibilità di una bellezza relazionale crescente, non è possibile snobbare il dato che getta luce su esseri umani chiusi in un bozzolo, sostanzialmente ripiegati su se stessi. La relazione là fuori fa sempre più paura? Dentro di sé, la paura di non farcela, la paura di essere feriti, di non essere all’altezza, dentro di sé è apatia, disinteresse, distanza? Cosa accade di preciso nell’anima? Tante le possibili risposte, che meriterebbero la scelta di una presa in cura di sé negli appositi spazi. La vita va vissuta, non evitata.
L’altra opzione è quella di dare via libera ad un training su misura, per gradi, senza fretta, fatto di una sana riscoperta della seduzione, dove non è necessario calarsi d’amblè in un rapporto sessuale completo perché i sensi ne traggano piacere. Superare le difficoltà, vincere le inibizioni, ritrovare l’intesa vogliono gradualità, ma vogliono anche interesse per la materia in questione, perché senza un pizzico di responsabilità personale, motivazione al cambiamento, si rischia di annegare senza aver lasciato la riva.
Riscoprire (o scoprire) la masturbazione è un toccasana: il piacere dell’autoerotismo è una presa in cura del proprio corpo, occasione di dialogo con le proprie zone erogene, possibilità di raccontarsi nella coppia, opportunità di liberare le proprie fantasie (compreso un pensiero erotico verso un essere umano del proprio sesso, che non è necessariamente indice di omosessualità – non abbiamo un solo immaginario erotico, ma diversi a seconda del contesto).
Sì ai sex toys, maschili e femminili. Il sesso è un generoso atto egoistico a due; se non si conosce il proprio piacere, il proprio corpo, non si sa cosa prendere per sé. La masturbazione non solo è fare sesso con qualcuno che ami, ma è anche possibilità di riconoscere, per poi comunicare, ciò che ami. E nella condivisione c’è pienezza.
Il film porno: bene, ma non benissimo. Occhio, perché non tutto il porno vien per eccitare, potrebbe anche venir per nuocere. Il “porno mainstream” – popolare – è ad alto rischio di ansia, per esempio. Di forte matrice maschile, machista, maschilista, la pornografia mainstream rischia di instillare il dubbio di non essere mai abbastanza virili, sexy, dotati, aitanti, prestanti, finendo per costituire un antipatico modello “tarzan-esco” irraggiungibile; si è destinati a perdere nel paragone, ovvio! All’appello rispondono, infatti, peni dalle misure che appartengono alla categoria “altro”, sempre indistruttibilmente turgidi, dalle forme “michelangiolescamente” iconiche, con glandi perfettamente proporzionati. Non se la passano meglio nemmeno le vulve: fastidiosamente simmetriche! Che dire degli orgasmi? Creativi o semplicemente melodrammatici? Spendersi nella quantificazione della durata del rapporto è dettaglio inutile; siamo a posto così. Un sesso mitologico, insomma, che rischia di generare falsi miti e aspettative magiche.
La pornografia mainstream cade nel pericolo di coltivare nei giovani un’educazione sessuale a rischio di ambivalenza, dove l’ideale di performance standardizzata non può che produrre insoddisfazione, perché una volta calata nella realtà, dove succede tutt’altro, sentirsi brutti, sbagliati, incapaci, diversi è un attimo.
Ecco che, in favore di noi mortali, genuinamente umani, si apre il più antropico “porno etico indipendente”. Punto di vista realistico, inclusivo, femminile e femminista, ha un unico neo, il contenuto è a pagamento (e va beh, soldi ben spesi).
Lì, succedono cose di vita vissuta. Che ne so, i peni possono perdere l’erezione nel passaggio da una posizione all’altra; le vulve hanno le forme più svariate (proprio come nella variopinta mostra “World of vagina” di Jamie McCartney), presentare labbra interne più sporgenti rispetto a quelle esterne (il che appartiene al 50% del panorama femminile); i corpi non disdegnano l’imperfezione e, forse, hanno pure i peli; l’orgasmo non ha tempi scanditi, non è simultaneo di default, lei non necessariamente urla (può farlo, ma non è un must, giuro). L’esperienza sessuale è, sostanzialmente, reale. Frustrazioni e insicurezze, ciaone! “Va tutto bene così, good boy/girl!”, si finisce per pensare, sentendosi finalmente nella norma.
La pornografia etica abbatte lo stereotipo della mercificazione del corpo femminile, della donna come oggetto sessuale, della grandezza degli organi, facendo di inclusione, etica e consapevolezza i cavalli di battaglia. Alla base vi è una buona dose di sexual positivity, che rende omaggio a concetti quali consenso (vige l’autocertificazione di eticità sottoscritta da registi/e e produttrici/ori a garanzia di una cornice di sicurezza e beneplacito degli attori coinvolti) e accettazione (di tutti i corpi, i generi, gli orientamenti, di tutte le età, le razze, le diverse abilità), il che vuol dire abbattere le discriminazioni e orientare il piacere verso una cultura libera ed inclusiva, dove ogni essere umano ha il diritto di desiderare ed essere desiderato, nonché di godere come più preferisce.
Non serve che il rapporto sessuale segua una sequenza predefinita, c’è bisogno, invece, che aderisca al proprio piacere, al “qui ed ora” di un’intimità co-costruita, dove raccontarsi fantasie sotto le lenzuola è occasione di condivisione, nonché possibilità di risvegliare la libido. Certamente, il confronto aperto può necessitare un po’ di coraggio e libertà interiore, soprattutto se antichi retaggi spalmano tra i corpi vergogna ed imbarazzo, ma l’intimità non può che nascere sulla base di esplorazione, dialogo, ascolto. Sei disposto a metterti in discussione?
Fare pulizia di miti e tabù, informarsi, dedicarsi, dedicarcisi: il desiderio vuole libertà. E poi più body positivity per tutti, perché la percezione, le convinzioni, le emozioni riguardo il nostro corpo orientano le relazioni interpersonali ed il nostro rapporto con il sesso.
Ah, quelle del virgolettato iniziale sono le parole del cantautore Calcutta (il titolo dell’articolo) e del poeta Guido Catalano, che prosegue così: “…mettiti comodo e spiegami dettagliatamente questa cosa curiosa che mi ami, cercando di essere convincente, come se stessi cercando di persuadere un intero plotone di esecuzione, pronto a far fuoco sul tuo corpo inerme, a graziarti…Vado un po’ lungo? Fai tu”). E Freud muto.