Uno dei più grandi direttori della scena mondiale, il maestro Riccardo Muti, e una delle orchestre più acclamate e importanti al mondo, i Wiener Philharmoniker, in un atteso concerto sinfonico dell’83° edizione del Festival del Maggio Musicale Fiorentino.
Uno dei più grandi direttori della scena mondiale, il maestro Riccardo Muti, e una delle orchestre più acclamate e importanti al mondo, i Wiener Philharmoniker insieme sul palcoscenico del Teatro del Maggio Musicale Fiorentino per il concerto in programma lunedì 10 maggio 2021 con inizio alle ore 20, appuntamento molto atteso dell’83° edizione del Festival del Maggio Musicale. Il Maestro ha diretto per la sesta volta l’ultimo concerto di capodanno con i Wiener Philharmoniker, compagine con la quale da cinquant’anni ha un profondo e consolidato rapporto di collaborazione. Dopo il concerto al Teatro Alighieri di Ravenna e prima del Teatro alla Scala a Milano, quello di Firenze sarà il secondo appuntamento italiano della tournée del maestro Riccardo Muti e della prestigiosa Orchestra viennese la quale manca da Firenze dal 2016.
Una lunga, intensa, ricca storia lega il maestro Muti e il Maggio Musicale Fiorentino, di cui è stato direttore principale e direttore musicale dal 1968 (debuttò con Svjatoslav Richter) al 1980, esperienza che aprì di fatto – come afferma il Maestro stesso – la sua carriera internazionale. E la cronologia di questi ultimi anni non fa che confermare il saldo e affettuoso, vicendevole, legame di Riccardo Muti con il Maggio, teatro dove il Maestro ha continuato a salire sul podio alla guida della sua Orchestra Cherubini o alla testa del Coro e dell’Orchestra del Maggio o alla direzione della Chicago Symphony Orchestra di cui il Maestro è direttore principale.
Il programma interamente dedicato a tre preziose pagine del sinfonismo ottocentesco, inizia con l’ouverture Meeresstille und glückliche Fahrt op. 27 di Felix Mendelssohn-Bartholdy, ispirata ai poemi di Johann Wolfgang von Goethe “Calma di mare” e “Viaggio felice”. Il poeta rievocò una vera esperienza che gli era capitata nella primavera del 1787 su una nave salpata da Palermo mentre tornava a casa da un breve soggiorno in Sicilia. In prossimità di Capri il viaggio fu interrotto per diverse ore da una improvvisa bonaccia e la nave corse il rischio di andare alla deriva e naufragare sugli scogli. Proprio quando si temeva il peggio il vento tornò fortunatamente a soffiare e la nave poté riprendere il largo. Questi versi ispirarono molti compositori come Ludwig van Beethoven, Franz Schubert e lo stesso Mendelssohn, che vi si accostò non ancora ventenne nel 1828, ben conscio di muoversi nella direzione tutta romantica del rapporto fra pittura e musica in quegli anni fondamentale nel campo artistico. Si prosegue con la Sinfonia n. 4 in re minore op. 120 di Robert Schumann iniziata il 30 maggio 1841, portata a compimento il 9 ottobre dello stesso anno ed eseguita per la prima volta il 6 dicembre 1841 al Gewandhaus di Lipsia in cui ottenne consensi assai modesti (anche perché “oscurata” da un’esibizione a due pianoforti, avvenuta la stessa sera, di Liszt e Clara Schumann). Poco dopo, Schumann ritirò la partitura per riprenderla in mano nel 1851, quando erano già apparse la Sinfonia in do maggiore op. 61 (1846) e la Sinfonia in mi bemolle maggiore op. 97 detta Renana (febbraio 1851), per presentarla nella nuova veste al Festival del Basso Reno di Düsseldorf nel 1853 diventando così la Quarta sinfonia con il numero d’opera 120. Fu in pratica l’ultimo grande successo di pubblico ottenuto da Schumann come direttore d’orchestra e compositore.
In conclusione, la Sinfonia n. 2 in re maggiore op. 73 di Johannes Brahms che vede la luce nell’estate del 1877, sulle sponde del lago di Wörth, con tempi sorprendentemente rapidi rispetto al suo precedente lavoro sinfonico. Se la Prima era stata salutata come ‘decima sinfonia’, alludendo all’eredità beethoveniana di cui Brahms si fa custode e garante, la Seconda fu denominata ‘pastorale’ per il suo carattere prevalentemente lirico e melodico, ma anche ‘viennese’ per l’impiego del ritmo di valzer in due dei quattro movimenti. È un motto di sole tre note, intonato dagli archi gravi a cui rispondono corni, fagotti, flauti e clarinetti, a dare l’attacco all’opera. Potrebbe sembrare un’introduzione ma in realtà è già il tassello fondamentale con cui Brahms, attraverso l’uso sapiente della tecnica di variazione-sviluppo, costruisce il primo tema e da lì l’intero discorso sinfonico che ritorna, nell’ultimo movimento, con innumerevoli combinazioni ritmico-melodiche attraversando pagina di intenso lirismo e atmosfere bucoliche.
Fonte: Ufficio Stampa & Media- Comunicazione Maggio Musicale Fiorentino