I 150 anni dalla nascita di Rosa Luxemburg, socialista non ortodossa, il 5 marzo 1871 a Zamosc nella Polonia sotto il dominio russo, una marxista senza dogmi.
La ricordiamo per la libertà del pensiero e dell’azione. Una donna di corporatura minuta e con una deformazione all’anca che la costringeva a zoppicare fin da piccola, ma dallo spirito indipendente e autonomo nelle analisi e nelle proposte politiche. Ha lottato contro numerose avversità, andando sempre controcorrente e pagando di persona: morì il 15 gennaio 1919, assassinata da miliziani di destra. Fu spesso l’unica presenza femminile sia all’Università di Zurigo, dove conseguì il dottorato nel 1897, che tra i dirigenti del Partito socialdemocratico tedesco. Riteneva che il socialismo avrebbe dovuto espandere la democrazia, non ridurla. Non condivideva l’idea del partito come nucleo compatto di rivoluzionari di professione propugnata da Lenin perché temeva che un partito centralizzato avrebbe comportato un’obbedienza cieca dei militanti all’autorità centrale. Al partito attribuiva la funzione di sviluppare la partecipazione sociale, non di soffocarla. A proposito della rivoluzione sovietica, che sostenne incondizionatamente, ribadì che la missione storica del proletariato, una volta giunto al potere, era di creare una democrazia socialista al posto della democrazia borghese, non di distruggere ogni forma di democrazia. Altro assunto della sua militanza fu il binomio opposizione alla guerra e agitazione antimilitarista. Per opporsi alla guerra, considerata la sua finalità economica capitalista, sostenne la necessità dello sciopero generale dei lavoratori contro la barbarie militarista, ma molti a sinistra compreso Marx non ne compresero la spinta rivoluzionaria. In anteprima dipinta con la madre Alice dall’artista femminista May Stevens, che ha espresso opposizione alla guerra e alla disuguaglianza nel suo lavoro, tratto dal catalogo della mostra Forming the Fifth International (1985).