Come ogni anno l’Amministrazione Comunale commemora con una giornata di riflessione quegli avvenimenti. Lunedì 8 febbraio, nella sala di Claudio Fragiacomo, si è svolta online.
Con la legge del 2004 viene riconosciuto il 10 febbraio il Giorno del ricordo, che richiama alla memoria il giorno in cui, nel 1947, furono firmati i trattati di pace di Parigi che assegnavano alla Jugoslavia l’Istria, il Quarnaro, la città di Zara con la sua provincia e la maggior parte della Venezia Giulia, in precedenza facenti parte dell’Italia.
Come ogni anno l’Amministrazione Comunale commemora con una giornata di riflessione quegli avvenimenti. Ieri sera nella sala di Claudio Fragiacomo si è svolta online, dati i tempi, la conferenza condotta dall’assessora Nicole Marnini, in cui si è definito il quadro storico e sono stati narrati gli avvenimenti vissuti tragicamente da una testimone, addolorata e intrepida.
I dolori inenarrabili della guerra con tutte le sue conseguenze: la violenza, la morte per annientamento del nemico per il solo fatto di essere italiano, l’esodo triste e drammatico. Si lascia la propria terra, in cui si è vissuti, in cui sono sepolti i propri cari. E’ una logica incomprensibile! Eppure la storia ci espone fatti e crudeltà che sono stati compiuti da una parte e dall’altra del fronte, vittime e carnefici di ieri che rovesciano il loro ruolo. Anna Maria Crasti dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia (ANVGD), Comitato di Milano, come le Supplici e le Troiane di Euripide, racconta con un filo di voce ma con una memoria vivida tutto il dramma di un popolo, le torture subite, le spoliazioni e per molti l’infoibamento – abbiamo imparato ahimè il terribile significato di questo termine! – perpetrate dai partigiani di Tito.
Come si arriva a questa situazione ce lo racconta Lorenzo Salimbeni, ricercatore storico, che minuziosamente ripercorre tutte le tappe di un conflitto sempre latente fra il ceppo italico lì presente fin dalla Repubblica Veneziana e il ceppo slavo che, preminente all’interno, si è poi via via espanso sulla costa. Le tappe partono dalla III guerra di indipendenza, la nascita del Regno d’Italia (1861) e proseguono fino alla prima guerra mondiale e all’assetto che ne è seguito, il trattato di Rapallo (1920) che causò il primo grande esodo istriano, perché veniva ceduta gran parte della costa dalmata al regno di Belgrado. Poi la seconda guerra mondiale e l’occupazione delle truppe tedesche, a cui segue l’intervento dell’Italia, che doma la Slovenia con una ferocia repressiva documentata nel Museo Nazionale di Lubiana. Intanto Tito, il capo partigiano jugoslavo, adotta la strategia della guerriglia partigiana con interventi e attentati seguiti da rappresaglie e deportazioni. L’8 settembre 1943 con l’armistizio si verifica il collasso dell’esercito italiano: prima ondata di infoibati, circa un migliaio. Si va a colpire tutto ciò che rimanda all’Italia: il maestro, il postino, ecc. Il territorio lasciato dall’esercito italiano in rotta è occupato dai partigiani jugoslavi che si abbandonano ai più efferati delitti. In questo clima matura la reazione contro gli italiani che vengono gettati ancora vivi nelle foibe, le cavità carsiche, dopo aver esercitato violenza e sopraffazione. Fra tutti si ricorda il caso della giovane studentessa Norma Cossetto, martire della italianità sul cui corpo si esercita la violenza più brutale dei partigiani jugoslavi. Nella primavera del 1945 le truppe di Tito sono a Trieste. A farne le spese furono i civili italiani. Arriva la seconda ondata delle foibe. Si parla di 5.000 vittime, altri invece arrivano a contarne 12.000. Vengono colpiti tutti coloro che odorano di italianità, compresi i partigiani italiani.
Con l’arrivo degli angloamericani e la pace di Parigi il 10 febbraio 1947, che riconosce il dominio jugoslavo sulle terre conquistate, comincia il grande esodo. Da Pola scappano in 30 mila su 32 abitanti, si parla di urbicidio. In tutto l’esodo interessa fra i 250 e i 350 mila giuliano dalmati. I ricordi di Anna Maria Crasti sono inesorabili: “Lo Stato Italiano si fece trovare impreparato a ricevere tutta questa massa di italiani in fuga e anche l’accoglienza sociale non fu particolarmente affettuosa, anzi – ricorda Anna Maria – molti inveivano contro di noi, dicendoci di tornarcene a casa. Ma noi non avevamo più case!” Segue il trattato di Londra e di Osimo sulla spartizione, poi l’oblio, il silenzio. Gli italiani perdono tutti beni, mai rimborsati. Di recente i due presidenti dell’Italia e della Slovenia, Sergio Mattarella e Borut Pahor, si sono incontrati davanti alla foiba di Basovizza, per compiangere quei morti comuni, dell’una e dell’altra parte, per ricostruire un nuovo rapporto di collaborazione reciproca sotto il vessillo comune europeo.
Per non dimenticare il giorno del Ricordo, 10 gennaio 2021.