Negli spazi dell’azienda Antonino Ancione, tra i capannoni, le macchine e i container sarà possibile osservare le oltre trenta opere realizzate dagli artisti coinvolti nel progetto site-specific.
L’archeologia industriale riapre le porte del tempo: a Ragusa inizia la seconda fase di Bitume, industrial platforms of arts. A partire dallo scorso 17 ottobre, negli spazi dell’azienda Antonino Ancione, tra i capannoni, le macchine e i container che per decenni hanno visto pulsare uno dei più importanti motori produttivi della Sicilia, sarà possibile osservare le oltre trenta opere realizzate dagli artisti coinvolti nel progetto site-specific nato nel solco di FestiWall, il Festival internazionale di arte pubblica giunto l’anno scorso alla quinta e ultima edizione.
Attraverso lo sguardo e il segno di alcuni fra gli esponenti più rappresentativi del muralismo contemporaneo, il pubblico potrà rileggere le tracce profonde lasciate dalla moltitudine di lavoratori che hanno estratto e trasformato la roccia asfaltica di Contrada Tabuna, il bitume con cui sono state costruite le strade dell’Isola e di tante capitali europee.
L’esplorazione degli artisti, che all’interno del sito hanno liberamente dialogato con le architetture, gli ingranaggi e i residui industriali, diventa adesso viaggio collettivo, ricerca di un tassello del Novecento fra stili e linguaggi diversi, tra materia e memoria, pieno e vuoto, evidente e nascosto. Così, la fucina dei minatori ragusani, la fabbrica silente, chiusa dal 2013, custode di mille racconti e fatiche, dopo aver accolto il gesto creativo si apre alla riflessione dei visitatori, riaccendendo il motore della storia, allargando e al tempo stesso focalizzando l’orizzonte e l’obiettivo del progetto: Bitume è soprattutto un’esperienza.
Gli ingressi, gestiti dall’EcoMuseo Carat su un percorso a senso unico, saranno contingentati e organizzati su prenotazione, dal venerdì alla domenica in quattro fasce orarie prestabilite nel rispetto delle vigenti norme di distanziamento dettate dall’emergenza epidemiologica.
All’interno del perimetro industriale hanno lavorato Ampparito, Luca Barcellona, Bosoletti, Ciredz, Demetrio Di Grado, Franco Fasoli, Alex Fakso, Gomez, Greg Jager, Alexey Luka, Ligama, Case Ma’Claim, Martina Merlini, M-City, Moneyless, Ban Pesk, Rabit, Giovanni Robustelli, SatOne, Guido van Helten, Sebas Velasco, Simek, SNK-LAB, Sten & Lex, Dimitris Taxis, Tellas, 2501.
Il progetto gode del sostegno dell’Ars – Assemblea Regionale Siciliana, del Comune di Ragusa, della Fondazione Federico II di Palermo, della Facoltà di Geologia dell’Università di Catania, della Fondazione Cesare Zipelli, della Banca Agricola Popolare di Ragusa, della collaborazione dell’EcoMuseo Carat.
Breve storia della A. Ancione.
L’ultimo e più importante capitolo della storia dell’estrazione e della lavorazione della roccia asfaltica a Ragusa è stato scritto da Antonino Ancione e dalla sua famiglia. Messinese di nascita, Ancione inizia la sua storia imprenditoriale a Palermo fino a quando, negli anni 40, la produzione di mattonelle di asfalto non lo porta a interagire con la Aveline e con le miniere di asfalto che questa gestiva a Ragusa. Acquistate le concessioni iblee negli anni 50, inizia la produzione affrontando dapprima la crisi del mercato del bitume: è in quegli anni che l’ABCD impianta il suo cementificio e interrompe l’estrazione di asfalto. Negli stessi anni, acquistata una parete della miniera di contrada Tabuna, Ancione passa alla produzione di semilavorati e di mattonelle pressate, che verranno utilizzate in tutta la Sicilia. Così lanciata, l’attività industriale e produttiva si espande sia nella sede di Palermo che in quella di Ragusa, estendendosi anche nel territorio messinese. L’azienda, nella sua sede ragusana, cresce fino a richiedere negli anni 70 l’installazione di nuovi e più grandi macchinari, di dimensioni tali da coprire la richiesta che arriva dal territorio regionale e nazionale. Proprio a Ragusa, nel 1977, l’imprenditore morì, mentre era di ritorno dalla sua miniera. Da quel momento in poi, l’industria passerà nelle mani dei figli che tuttora ne sono proprietari.
Fonte: Ufficio stampa FestiWall – Andrea D’Orazio