I tanti progetti pensati nel tempo del lockdown.
Un tempo che ha perso i suoi riferimenti, facilitando il perdersi.
Quando, nel pieno del Coronavirus, si era capito di dover restare in casa, e qui lavorare, studiare e trascorrere l’intera giornata, si era ritenuto che il tempo libero sarebbe aumentato, e quindi, anche per non annoiarsi, era la volta buona che si potevano fare tutta una serie di cose rimandate da tempo o ci poteva portare avanti con tanti nuovi programmi. Bastava pianificare un poco, portare avanti le attività ordinarie… e il Coronavirus qualche cosa di positivo lo avrebbe portato.
E invece niente di tutto ciò, dato che pure le attività usuali hanno avuto un rallentamento. Così in tanti non sono riusciti a raggiungere i propri obiettivi nei mesi di isolamento.
Qualcuno ha ironizzato e ha parlato di una quarantena fallita. La novità della vicenda non ha consentito né di recuperare sugli impegni né di portarsi avanti, per pigrizia o distrazione, in un tempo libero e anomalo come mai era accaduto prima (aggiungendo anche lo stress da smart working).
Sarà stata la novità, sarà che la permanenza in casa ha stancato di più, sarà stata pure la voglia di evasione… così ci siamo ritrovati, sdraiati sul divano, con un abbigliamento improbabile, a navigare a caso su Internet, a caccia di qualche vecchio amico o di persone sconosciute con cui chattare sul nulla.
Quanto meno si ha da fare, più passa la voglia di fare. Il dinamismo ordinario dà la carica per portare a termine i programmi.
Può essere capitato che i programmi personali siano stati soffocati dai ritmi folli di lavoro o dalla sistemazione della casa a causa della presenza di tutti gli occupanti, anche loro stressati e famelici (e la cucina va sistemata, prima e dopo i pasti).
Talvolta la solitudine ha favorito una maggiore riflessione, senza la distrazione causata dal consueto vortice di adempimenti. E allora con la quarantena, al di là dei programmi, ci si è trovati soli a confrontarci con la nostra vita.
Prima dell’isolamento una serie di azioni – sempre quelle – scandivano la giornata, dalla sveglia all’andare in ufficio, al bar, al tennis, ecc.. Con la quarantena il tempo ha perso i suoi riferimenti e questo ha facilitato il perdersi, soprattutto per chi non ha grande determinazione e forza di volontà per raggiungere gli obiettivi. Una strategia che può essere utile rinforzare in questa fase 2 e 3, per molti ancora di semi isolamento, e in tutta la vita.
A giustificazione per non aver rispettato tutti i programmi, vale il fatto che la quarantena non può essere considerata un “momento opportuno”, dato che il momento più giusto per fare una cosa è quando una persona si sente di farla non quando crede sia giusto farla. Se tanti propositi non sono riusciti, forse non c’è da colpevolizzarsi, magari quel tempo è servito per affinare le idee e creare la predisposizione a fare quanto ci si era proposti di fare. E quando si inizierà si sarà davvero pronti.
E’ già positivo essersi proposti obiettivi, programmi quotidiani, tabelle di marcia. Fa onore a tutti, perché rappresenta il modo di voler vivere al meglio un periodo eccezionale, sconosciuto a intere generazioni, ed è la dimostrazione di questo impegno a migliorare. Così la fine della quarantena non fa fallire i buoni propositi, che si possono portare avanti anche dopo.
Il problema sarà capire se la permanenza in casa ha fatto scoprire un ambiente e uno stile di abitudini e tranquillità dimenticate, per cui la solitudine è diventata una piacevole routine. E sarà difficile staccarsi, lì ci vorrà un altro ferreo proposito per tornare alle vecchie consuetudini, ora svolte con modalità diverse.