Il tema di fondo è la follia. Il respiro di questi tempi, forse. Il grande rimosso della solitudine forzata. Un concetto indagato nella sua ambivalenza: la patologia vera e propria e tutto ciò che devia dalla norma e fugge al controllo dell’ordine costituito.
Mentre il lockdown cristallizzava il mondo, Gianni Maroccolo è riuscito a non stare fermo neanche un attimo, interpretando il tempo della paralisi come dimensione di incontenibile creatività. E così, oltre a Noio; volevam suonar., il disco-regalo realizzato in piena quarantena insieme a Edda (disponibile gratuitamente dal 30 giugno per chi avrà effettuato effettuato il pre-order entro il 15 giugno), Marok porta al primo giro di boa anche il progetto Alone.
Esce il 17 giugno per Contempo Records Alone vol. IV, con la partecipazione di una serie di ospiti davvero speciali: Don Backy, Matilde Benvenuti, Giorgio Canali, Flavio Ferri dei Delta V, Umberto Maria Giardini, L’Aura, Luca Martelli, Teho Teardo e il ritorno di Stefano Rampoldi in arte Edda (già ospite del vol. I).
Alone vol. IV chiude il primo ciclo del disco perpetuo (iniziato a fine 2018), come sempre accompagnato dai racconti di Mirco Salvadori e le illustrazioni di Marco Cazzato. Sottotitolo: Mente. Tema di fondo: la follia. Il respiro di questi tempi, forse. Il grande rimosso della solitudine forzata. Del resto, fin dal titolo, tutto il progetto Alone – un disco senza fine creato in solitaria ma con le incursioni estemporanee di alcuni “compagni di viaggio” ogni volta diversi – a ripensarci oggi sembra aver percepito in anticipo ciò che sarebbe accaduto, la condizione esistenziale di oggi e, forse, la trasformazione antropologica di domani.
Un concetto, quello di follia, indagato nella sua ambivalenza: da un lato la patologia vera e propria; dall’altro tutto ciò che devia dalla norma e fugge al controllo dell’ordine costituito, quel limbo melmoso entro cui il Potere ha sempre relegato l’eterodossia, la diversità, l’individualità non addomesticabile, la capacità di vedere oltre, l’insofferenza a riconoscersi dentro determinate regole.
Fra assalti elettronici, echi new-wave, ispirazioni ambient, suoni acidi, furiose cavalcate di basso e batteria, pianoforti eterei, riverberi seventies e arpeggi di chitarra ipnotici, questo vol. IV è il capitolo più sofisticato dell’intero viaggio “alone” di Marok: un vero prisma musicale che rifrange sonorità diverse in mille direzioni. Si parte diretti con TSO X, una mini-suite in tre tempi (Stanza 9, Finisce male e Suicide) che in 8 minuti ripercorre la terribile parabola dell’isolamento, della disperazione e del crollo finale di chi subisce un trattamento sanitario obbligatorio. La batteria di Luca Martelli (Rossofuoco, Litfiba), le manipolazioni elettroniche di Flavio Ferri dei Delta V, la voce rabbiosa di Giorgio Canali che canta un testo allucinato e minimale e il basso sovrano di Maroccolo sono gli elettrodi che danno la prima scossa del disco. Si cambia registro con la seguente Sognando, brano scritto da Don Backy nel 1971 e reso ancor più celebre da Mina. Sono i pensieri di un uomo “pazzo per amore”, cantati dallo stesso Don Backy e da Edda: una doppia voce che evoca uno sdoppiamento di personalità, elemento di ulteriore messa in scena rispetto alla versione (cantata dal solo Edda) già presente in Noio; volevam suonar. Il tarlo raffigurato nella copertina del disco comincia a farsi strada nei meandri della mente in Echi, dialogo allucinato fra sintetizzatori e chitarre suonate da Ferri e da Maroccolo. Un dialogo che Marok prosegue con Umberto Maria Giardini nella traccia successiva E mentre tu giri, giri e giri, io ti guardo, spostandolo sul piano di un’armonia ipnotica che sembra chiudere la prima parte del disco.
Giorgio Canali ritorna in uno dei brani più significativi dell’album, Lettera di Ida Dalser, il cui testo è tratto da una lettera della donna che aveva dato un figlio a Mussolini e che per questo divenne scomoda, internata dal fascismo e morta in un manicomio-prigione di Venezia. Un brano acido per un duro atto d’accusa contro il regime e contro la violenza esercitata nei confronti di chi non è allineato. Il tarlo che scava inesorabilmente riemerge in modo più chiaro nella frase di basso ostinata e ripetitiva di Hotel Dieu, traccia in cui Maroccolo incontra un altro genio musicale, quello di Teho Teardo, affiancato dal violoncello di Laura Bisceglie. Subito dopo è ancora la figura femminile soggiogata dal Potere: Ogni luce si apre con un pianoforte di pura luce che saluta la straordinaria voce di L’Aura.
Gianni e Umberto Maria Giardini si incontrano nuovamente in Gamma, un arpeggio di chitarra che si dispiega e ripiega su sè stesso fino a sparire, per condurre al penultimo brano, uno di più intensi di Alone vol. IV. In Sociopatia i campionamenti di Matilde Benvenuti e Flavio Ferri costruiscono le tessiture inquete su un giro di basso che arriva diretto dall’era CSI, mentre Giorgio Canali canta “lascia che torni l’estate e vedrai / torneranno i pescicani / resta distante dal mare, accendi la tv / accendi la tv, accendi la tv / o guarda su youtube”. Potrebbe essere la chiusura ma così non è: il finale, Ogni luce theme, è affidato al ritorno trasfigurato del tema pianistico di L’Aura. Marok qui incontra la lezione di Brian Eno per celebrare più che la Music for Airports la musica per le anime in viaggio, finalmente libere.
Fonte: Ufficio Stampa GDG press