LA SCELTA DEL SILENZIO È QUELLA CHE MI VESTE.
Una riflessione di Elisa Gandini e Davide Fabbri, curatori Sezione Musica.
“Come c’è un’arte di raccontare, solidamente codificata attraverso mille prove ed errori, così c’è pure un’arte dell’ascoltare, altrettanto antica e nobile, a cui tuttavia, che io sappia, non è mai stata data norma”. (Primo Levi, “La chiave a stella”)
Lo schermo è bianco, tremolante. Le parole si formano ed annullano, in un gioco affabulatorio, in cui tutto ciò che si compone è stato precedentemente scomposto con cura. Faccio appello al metodo che, per eccellenza, abbiamo sentito nostro, lungo questo percorso di lavoro condiviso in anni di passioni scandagliate, scambiate, rinnovate, perse, consumate, ritrovate. Ti scrivo.
Il balletto bulimico di opinioni mi ha spinta fuori dai confini di un tavolo di confronto imbandito con opulenza, verso l’osservazione, l’ascolto, il racconto, ma non verso la produzione instancabile di nuovi modelli e altre proposte, che pure accolgo con curiosità e fiducia.
La scelta del silenzio è quella che mi veste.
Anni trascorsi ad interrogarsi ed a ricercare una nuova qualità dell’ascolto, in termini di scelta squisitamente personale, di presenza al presente, scovando strade, proponendo modalità di fruizione diverse, conquistando punti di partenza, ed ecco sopraggiungere una variabile assai critica. Anche costretti ad ascoltare, ci troviamo per lo più inermi e con strumenti di codifica insufficienti: dunque, chiedo, l’endiadi di vacuità è l’unica che produce onde nello stagno in cui affondiamo i piedi?
Era musica quella che abbiamo ascoltato nelle e dalle nostre case? Che suono era quello che ci ha inseguito in questi mesi? Ne abbiamo catturato uno, cosa rimane o cosa si (ri)genera? Torno a (ri)lanciare il quesito.
La musica ci (ri)troverà se sapremo mantenerci vigili nell’attesa, se, per prima cosa e con urgenza estrema, torneremo abili all’ascolto ed allo sguardo.
Fonte: Ufficio stampa Ipercorpo