Il mondo, visto dalla finestra di casa e dal monitor del pc, ha un aspetto diverso. E rivela tanti coronavirus .
Si sta sì a casa, non ci sono gli spostamenti, il meticoloso agghindarsi mattutino, magari non ci si fa la barba tutti i giorni, non è previsto fermarsi in ufficio oltre l’orario di lavoro, chissà quanto tempo c’è per dedicarsi ai propri hobby o, piuttosto che niente, a sistemare la libreria e i cassetti che giacciono lì da anni con i loro contenuti dimenticati, ma poi si scopre che lo smart working ha fatto aumentare i tempi di lavoro, non ci sono limiti temporali prima definiti dalla presenza in ufficio (una volta usciti, si poteva dimenticare il lavoro), restando disponibili a tutte le ore, tanto si è in casa e non c’è nemmeno la scusa di essere andati a prendere i figli a scuola. Così non si riesce a fare buona parte di quanto ci si era proposti, creandosi ansie, accentuate dal fatto che la tecnologia precaria e bisognosa di maggiore pratica, chiede tempi più lunghi per le usuali pratiche consolidate con i potenti mezzi dell’ufficio.
Lo stare in casa diventa elogio della famiglia, ma poi si scopre che la convivenza forzata, con uso dell’unico computer condiviso da tutti, il venir meno dei propri spazi e dei propri tempi, magari con l’aggiunta di un po’ di invasione della privacy, creano nervosismo, attriti, talvolta accentuando i conflitti. Allora addio piacevole clima familiare. E si rafforza la convinzione che è meglio essere solidali ma a distanza (della serie: se vuoi bene, devi stare lontano).
Si percepisce che mancano tanto gli abbracci, perchè non si possono abbracciare le persone amiche e a cui si tiene.
Si scoprono i balconi, prima luoghi dimenticati o imbarazzanti quando sembrava che si volesse spiare i vicini, ora luoghi di intrattenimento, di spettacolo o anche di silenzio, per rispetto ai caduti della pandemia.
La vita vincolata negli spostamenti, nei contatti, nell’uso di mascherine e distanze, sembra negativa ma poi dà una percezione di benessere e rende carica di entusiasmo l’uscita per prendere un caffè. La semplicità di certe abitudini ci fa riscoprire valori e privilegi che davamo per scontati.
Sembra che in casa non si abbia mai tempo, ma poi ti viene voglia di telefonare a chi non senti mai, o senti solo a Natale, o hai pensato e non hai mai avuto modo di chiamare. Ora non c’è più la scusa della mancanza di tempo o dei tanti impegni fuori casa.
Di fatto non avevamo mai tempo per le persone, sempre presenti attorno a noi, ora mancano proprio le persone, paradossalmente anche quelle più fastidiose. Con il rimpianto che la quarantena ha rafforzato i rapporti sociali in essere ma ha escluso tutti gli altri, come lo sconosciuto con cui si faceva una chiacchiera al bar o sul tram o in palestra o in coda o al lavoro, eliminando il bello delle sorprese, cioè la possibilità che nella nostra sfera sociale si conosca qualcuno di nuovo.
Tante cose su cui si era diffidenti, ora piacciono. Anche gli eventi tradizionali in presenza, di cui si era strenui sostenitori, ora vengono sacrificati allo svolgimento in digitale. Vale la pena fare un anno sabbatico o conviene comunque dare continuità al tutto tramite l’on line?
Gli anziani che utilizzavano il cellulare solo per ricevere chiamate, ora impazziscono per le video chiamate dei nipotini, hanno imparato a fare on line i bonifici – cosa che mai avrebbero immaginato nella loro vita – apprezzandone la comodità e la sicurezza, e … vogliono pure l’abbonamento a netflix.
Ci sono meno occasioni di spendere soldi (apertivi, ristoranti, vestiti) ma i cibi preparati in casa e il maggior consumo di energia elettrica, o l’acquisto di alcool e mascherine, consentono ugualmente di spendere.
Le mogli pensavano che il tanto tempo dedicato dai mariti allo sport era tempo tolto agli affetti e all’aiuto in casa, ora scoprono mariti che senza lo sport hanno perso interessi, non sanno come occupare il tempo e diventano di poche parole, ansiosi, ossessivi e ossessionati.
I più giovani, critici verso la scuola, i docenti, l’alzarsi presto al mattino, oggi scoprono che la scuola dona il tempo più bello della vita, costituisce un periodo memorabile, consente di stringere le amicizie più care, e .. mancano tutte queste cose.
Siamo nel tempo sospeso, ma – stimolati dai paradossi della pandemia – stiamo crescendo e ci stiamo riappropriando del quotidiano, che in fondo rappresenta la nostra vita riuscita.