Tempo di Coronavirus: si sta attoniti in casa, cambia il ritmo della giornata, le abitudini si dissolvono, nascono difficoltà, le regole non sempre sono chiare, prevale l’indecisione, non si riesce a fare una programmazione, e tuttavia si scoprono nuovi piaceri.
Cambiamenti inaspettati, timori, economia a rotoli … ma una certezza: internet. Finchè c’è rete c’è speranza: la permanenza in casa non è poi così tragica, si possono comunque mantenere i contatti con l’esterno, si può trascorrere il tempo e … soprattutto si possono continuare a condurre – sia pure da remoto – le normali attività che riempiono la nostra vita – e la giornata – e consentono alla società di andare avanti: scuola, lavoro, relazioni.
Chiusi in casa per proteggersi e proteggere dal virus ma attivi: tramite lo smart working per il lavoro, e tramite apposite piattaforme di formazione a distanza per seguire lezioni a scuola o in università.
La permanenza forzata in casa ci ha reso consapevoli di quanto dipendiamo dalle tecnologie, ora più che mai. Lo davamo per scontato e non ne percepivamo l’importanza (e i rischi) che un uso improprio o esagerato poteva provocare.
Si tratta di una dipendenza dovuta alla crescente mole di attività svolte quotidianamente e all’utilizzo di servizi agevolati dalle tecnologie che non riguarda solo il lavoro, la formazione, la scuola, gli acquisti, la gestione del conto, ma anche e soprattutto le relazioni e l’occupazione del tempo libero. Venuti meno gli aperitivi, gli eventi in presenza e la palestra, anche il tempo libero è consentito dalla rete grazie alla quale … non ci pesa neppure tanto lo stare in casa. Così si è guadagnata a pieno titolo – non ce ne siamo mai consapevolmente accorti come ora – la facoltà di bene primario al pari dell’acqua e dell’elettricità, con tutte le riflessioni e problematicità che questo ruolo comporta (per ripensarne un modello sempre più sostenibile, legato al fatto che – come per gli altri beni primari – si può essere facultizzati a utilizzarne oltre la consueta misura ma a condizione di evitare gli sprechi).
In questi campi lo strumento fa la differenza e può creare problemi. Una cosa è operare con uno smartphone ultimo modello con connessione sufficientemente veloce, un’altra è utilizzare uno strumento datato con connessione incerta.
Tanto più che la tecnologia, oggi soprattutto, agevola i rapporti con la pubblica amministrazione, con i tribunali, ecc., dato che in queste settimane le attività svolte in luoghi fisici sono state trasferite in luoghi virtuali.
Consideriamo anche le attività legate allo svago. Si pensi, ad esempio, all’implementazione delle letture per e-book in assenza di librerie, o alla partecipazione a spettacoli teatrali o a concerti, senza contare le visite virtuali nei musei. Insomma ognuno si è industriato non solo nel campo delle necessità giornaliere ma anche del divertimento. La rete ha fatto da collante per tutto, consentendo non solo di gestire le emergenze ma anche di non interrompere i normali piaceri o intrattenimenti quotidiani o del fine settimana.
Gli stessi social all’inizio sembravano aver avuto una flessione della loro funzione di narcisistico intrattenimento e di supporto di relazioni fisiche, ora mancanti. Dopo i primi giorni di isolamento, in cui svolgevano funzione di contatto con gli amici, è subentrata una fase nuova adattata alla nuova condizione di permanenza forzata in casa. Se non posso visitare monumenti, passeggiare, fare viaggi, cosa posto sul mio profilo, cosa faccio sapere agli altri? Poi la fantasia si è sbizzarrita, unita all’inveterato desiderio di comunicare comunque qualcosa, e … allora tutti a postare foto di sé alla scrivania di casa per lo smart working, foto della palestra casalinga, foto del look mentre si va a gettare l’immondizia, video del ballo solidale sul balcone, innumerevoli foto dei manicaretti preparati con tanto amore utilizzando il maggior tempo in casa e facendo di necessità virtù per la chiusura dei ristoranti, e, piuttosto che nulla, le foto della prova costume, giusto per vivacizzare le visualizzazioni. Senza contare poeti, declamatori e filosofi che hanno improvvisato video con le loro performance oratorie.
Si è assistito a cambiamenti degli stili di vita nell’ambito delle abitudini tra generazioni, come ha acutamente notato Massimo Gramellini nella sua rubrica “Il Caffè” sul “Corriere della Sera” dell’11 aprile scorso: “Gli asociali hanno scoperto una tiepida nostalgia per la vita di relazione, mentre i presenzialisti si sono ritrovati ad apprezzare il suono del silenzio. Più frequenti i ragazzi cresciuti con un telefonino come protesi che baratterebbero l’ultima app in cambio di una corsa nei prati, e gli allergici digitali che hanno scoperto l’iPad a settant’anni e adesso se lo portano anche a letto come l’orsacchiotto dell’infanzia”.
Insomma grazie alla rete stiamo sopravvivendo e rivedendo le abitudini della nostra vita, illuminata da una tecnologia amica e … guai se non ci fosse!