Il Coronavirus ha mietuto molto vittime in Italia e nel mondo. Si parla di Fase 1, Fase 2, ripartenza di bar, ristoranti, hotels, esercizi per la cura della persona, parrucchieri, ma dei cinema e dei teatri non vi è traccia nei provvedimenti governativi.
Di cinema e teatri non se ne parla, se non indicando per la riapertura un vago termine, alla fine dell’anno o agli inizi dell’anno prossimo. Qualcuno, ottimista, spera che si possano riaprire a settembre. I governi degli altri paesi europei, Francia, Germania, Inghilterra, ecc. si sono mossi, stanziando dei fondi per gli addetti, attori e professionisti dello spettacolo.
“Berlino ha stanziato fondi che sono già nelle tasche degli attori, dei performer, dei freelance. In Francia, Paese di battaglie intermittenti, l’investimento per la cultura assicura un futuro. Si lavora su un’idea. Noi viviamo in uno stato permanente di cultura dell’emergenza.” – dichiara Roberto Andò, regista, scrittore e compositore, in una intervista a La Lettura, che ha invitato ad un confronto quattro protagonisti del teatro, oltre a lui, Lucia Calamaro, autrice, attrice e regista; Ferdinando Bruni ed Elio De Capitani, attori e registi, del Teatro dell’Elfo di Milano, per discutere al capezzale del teatro non per decretarne la morte ma per sollecitare il governo ad intervenire e a discutere su come il teatro si debba sollevare da sé medesimo, trovando le ultime forze per reimpostare un’azione innovativa che lo faccia riemergere dall’abisso in cui lo ha cacciato il virus e anche l’insipienza dei responsabili e dei politici. Questi si guardano bene dal proporre una via d’uscita, convocando una specie di Stati Generali della Cultura, un settore importantissimo per l’economia del Paese ma soprattutto per risollevare lo spirito fiaccato da anni di abbandono.
E’ vero che Dario Franceschini, Ministro della Cultura, ha firmato il decreto che stanzia 20 milioni a favore delle piccole compagnie di teatro, di danza, piccoli circhi, anche per i piccoli teatri dove operano giovani artisti e tecnici, ma è una goccia rispetto all’assegnazione del FUS (Fondo Unico per lo Spettacolo) 2020 che coinvolge tutto il settore con quasi mille soggetti in attesa, così da mettere in salvo l’intero sistema e permettergli di pensare al futuro.
“Il governo deve sostenere i teatri, – incalza Lucia Calamaro – deve dare alla cultura i fondi che da vent’anni non sta assegnando”, e allo stesso tempo pungola gli interlocutori per unirsi alla battaglia di riflessione e di azione ideale. Ed Elio De Capitani si rivolge stentoreo al governo: “Ci vogliono investimenti. Ora, non tra sei mesi!”, prefigurando un ritorno al teatro come rito da officiare al pari dei matrimoni e dei funerali di cui ci ha privato la funesta rovina del virus. Una società non può a lungo fare a meno di una delle espressioni più fondative della civiltà umana, nell’espressione della tragedia, il canto del capro che viene sacrificato per la verità e la giustizia. Lo strumento con cui si dibatte sul cammino della società, ci si interroga e si deride il potere, si analizzano le tendenze sociali e si critica la comunità indicando una via, o ponendo domande e azzardando responsi sui temi cruciali della nostra esistenza. Ma il Teatro muore e, se non si interviene in tempo, con esso morirebbe tutta la nostra cultura. Servono cure efficaci e durature, signor Ministro della Cultura Dario Franceschini!