I ricordi dell’infanzia lo legano al “mese mariano” quando si facevano i “fioretti” e la sera si pregava davanti all’effigie della Madonna che si trovava nel campetto dell’oratorio.
A maggio, con l’ora legale che cambiava l’ultima domenica di aprile, mutava la luminosità della giornata e anche l’organizzazione della stessa. Una luce calda e abbacinante ti avvolgeva al mattino quando uscivi di casa per andare a scuola e prima ancora quando, appena alzato, ti affacciavi al balcone. La maggiore luminosità rendeva le serate più lunghe e piene d’amicizia (diventava problematico finire i compiti la sera…: la luce e il caldo invitavano a trattenersi di più fuori).
La luce mattutina sul balcone che dava sul mare creava giochi di luminosità particolari che rendevano piacevole il risveglio e l’inizio della giornata prima di andare a scuola, mentre si ascoltava la radio e si faceva colazione. Nei giorni festivi, lo stendibiancheria, opportunamente coperto con qualche asciugamano e con un banchetto all’interno, diventava nelle fantasie e nei giochi di bambino una piccola carrozza o un’astronave che dal balcone metteva in contatto col resto del mondo. Lì mi fermavo a leggere e a fare colazione. Un angolo di solitudine e di gioco tutto per me. Quella luce e il calore del sole davano un’energia rinnovata per giocare e per proseguire con la vita.
Se l’arrivo della primavera era dato dai mandorli in fiore di metà febbraio e dai riverberi del sole pomeridiano quando si usciva per giocare, l’estate che si avvicinava era annunciata dall’albero di fico che fioriva a fine maggio, o a giugno (non prima come poteva capitare con il mandorlo se le belle giornata erano troppo in anticipo), e voleva dire che la scuola stava davvero finendo e finalmente si profilavano tre mesi di vacanza piacevolmente trascorsi tra mare, bicicletta, campo scuola, festa patronale e gli amici di sempre.
C’era un diverso concetto di vacanza, più lungo, oggi i tempi del mondo del lavoro e pure della scuola sono molto più stretti, più centellinati, non ci si abbandona più al tempo lungo e oziante (nel senso latino del termine, che intende impegno culturale e letture, lavoretti, giochi comunitari). Tanto tempo libero, non sapientemente utilizzato, oggi annoierebbe.
Maggio in particolare, quindi, portava momenti lieti, apriva alle vacanze estive, creava attesa per la conclusione della scuola (e delle relative interrogazioni ed esami), lo ricordo come il mese della tenerezza per i rapporti d’amicizia anche con l’altro sesso che si delineavano limpidi. E per la “festa della mamma”, con la preparazione di piccoli doni confezionati manualmente e con raccolta di fiori di campo da offrire.
Il primo maggio era tradizione fare il primo bagno (oggi le stagioni sballate non sempre lo permettono) e partecipare al classico concerto in piazza, trattenendosi di più e iniziando ad adeguare ai ritmi estivi gli orari del rientro.
Chi poteva, si recava nelle villette fuori porta, a pochi chilometri dal paese, per trascorrere le serate quale assaggio della più lunga permanenza nel periodo estivo, quando le vacanze erano lunghe e non si lavorava anche la settimana di Ferragosto. La famiglia vi si trasferiva anche se queste villette non avevano tutti i confort ma si stava bene insieme perché l’importante era la compagnia, gli amici, i cugini, i parenti, chi passava nell’ora infuocata e si fermava a gustare una bibita fresca e a scambiare due chiacchiere all’ombra di un pergolato.