Le analisi di Harari, docente di storia alla Università ebrea di Gerusalemme, affrontano questioni di primaria importanza per la democrazia nel rapporto fra cittadini e stati e sulla necessità di cooperazione fra gli stati per affrontare le minacce del coronavirus o altre epidemie e avvenimenti drammatici che potranno coinvolgere il cammino dell’umanità. Harari è partito da lontano.
Nei tre libri che ha pubblicato, ‘Sapiens. Da animali a dèi’ (2014), ‘Homo Deus’ (2017) e ‘21 Lezioni per il XXI secolo’ (2018), illustra il cammino portentoso dell’umanità ma anche le insidie che si nascondono dietro l’utilizzo massivo delle biotecnologie per conoscere, indagare, trasformare la nostra evoluzione, i desideri, le ansie nel tentativo di controllare l’umanità e indurla a comportamenti che rispondano a logiche economiche o di potere.
Questo articolo, pubblicato il 20 marzo 2020 sul Financial Time, offre l’occasione per analizzare l’impatto che avrà il coronavirus sulle nostre società ormai globalizzate. Che scelte fare di fronte a questa minaccia universale?, si chiede Harari. Soprattutto avverte che “le decisioni prese da persone e governi nelle prossime settimane probabilmente daranno forma al mondo per gli anni a venire, non solo ai nostri sistemi sanitari ma anche alla nostra economia, politica e cultura”, preoccupato di come cambierà il mondo in cui abiteremo una volta superata la tempesta.
Siamo posti in questi momenti terribili di fronte a due scelte cruciali, due opzioni. Sceglieremo la sorveglianza totalitaria o la responsabilizzazione dei cittadini? Preferiamo l’isolamento nazionalista o la solidarietà globale?
Propendere per l’una o l’altra non è indifferente. L’eventuale nostra scelta delinea un mondo diverso da quello che abbiamo fin qui vissuto e potrebbe farci deviare dalle nostre certezze e dai nostri valori nella costruzione della società, rispetto a come l’abbiamo fin qui conosciuta.
Certo, la sicurezza richiede un monitoraggio continuo delle persone. Come insegna la Cina, il controllo degli smartphone personali, l’uso delle telecamere con riconoscimento facciale e l’obbligo di controllare e riferire la temperatura corporea e le condizioni mediche hanno consentito alle autorità cinesi non solo di identificare rapidamente i sospetti coronavirus, ma anche di tenere traccia dei loro movimenti e di identificare le persone con cui sono entrati in contatto. Un metodo già utilizzato dai governi per tracciare, monitorare e manipolare le persone. Ora, la lotta all’epidemia potrebbe normalizzare quest’uso con le conseguenze che possiamo immaginare.
“L’aspetto negativo è, ovviamente, che ciò darebbe legittimità a un nuovo terrificante sistema di sorveglianza.”, scrive Harari e aggiunge “Chiedere alle persone di scegliere tra privacy e salute è, in effetti, la vera radice del problema. Perché questa è una scelta falsa.
Possiamo e dobbiamo godere sia della privacy che della salute. Possiamo scegliere di proteggere la nostra salute e fermare l’epidemia di coronavirus non istituendo regimi di sorveglianza totalitaria, ma piuttosto dando potere ai cittadini.”, indicando questa nuova modalità per rafforzare la partecipazione dei cittadini nella gestione e nella prevenzione contro ogni evenienza, ovviamente attraverso una informazione libera e capillare. Ma per raggiungere un tale livello di conformità e cooperazione, le persone devono ‘fidarsi’ della scienza, delle autorità pubbliche e dei media. Ecco perché l’epidemia di coronavirus è un importante test di cittadinanza, che richiede di fare la scelta giusta, per non ritrovarci a rinunciare alle nostre più preziose libertà, pensando che questo sia l’unico modo per salvaguardare la nostra salute.
Come pensiamo invece di regolarci se scegliere l’isolamento nazionalista o la solidarietà globale?
“Sia l’epidemia stessa che la conseguente crisi economica sono problemi globali. Possono essere risolti efficacemente solo attraverso la cooperazione globale, – continua Harari – condividendo le informazioni a livello globale.” Ma perché questo accada è necessario uno spirito di cooperazione e fiducia globale. Di fronte a noi si apre uno scenario insolito, di chi fidarci tra i dati scientifici e gli esperti sanitari su teorie della cospirazione infondate e i politici egoisti. Come è richiesto uno sforzo globale per produrre e distribuire apparecchiature mediche, in particolare kit di test e macchine respiratorie ai paesi che ne abbiano bisogno, così è necessario inviare personale medico nelle regioni più colpite dal morbo. La cooperazione globale è di vitale importanza anche sul fronte economico e per facilitare con un accordo globale i viaggi internazionali per scienziati, medici, giornalisti, politici, uomini d’affari.
“Sfortunatamente, attualmente i paesi non fanno quasi nessuna di queste cose. Una paralisi collettiva ha attanagliato la comunità internazionale.”, è l’amara considerazione di Harari. Serve una nuova leadership globale come per la gestione della crisi finanziaria nel 2008 e dell’epidemia di Ebola nel 2014, allora svolta dagli Stati Uniti. Oggi questo ruolo spetta alle Nazioni Unite, considerando l’importanza della posta in gioco e della drammatica situazione in cui si è venuta a trovare l’umanità, da cui può uscirne con idee di consapevolezza e di progresso oppure rinunciando in nome della sicurezza sanitaria ai valori di libertà e di democrazia, invertendo la tendenza a favore di governi sempre più dispotici.