Ascoltare il suo racconto, nella serata dello scorso venerdì 31 gennaio nella San Giuliano Milanese dello SpazioCultura a San Giuliano Milanese, è stato un singulto continuo. Il sentimento di apprezzamento per il suo coraggio misto all’angoscia nell’ascoltare la sua vita percorre la sala, dove su suggerimento dell’Associazione Culturale il Picchio e del ‘gruppo spontaneo’, come dice la presentatrice della serata Patrizia Menapace, sua espressione significativa che assume il nome semplice eppure evocativo ‘No Violenza sulle donne SGM’, l’Amministrazione Comunale di San Giuliano ha voluto ancora una volta richiamare la necessità di fare rete contro la violenza, che interessa anche il nostro territorio, come ha lucidamente e in modo preoccupato comunicato Francesca Maci del Centro Antiviolenza di San Donato/San Giuliano e della Rete Fuori dal Silenzio. Per denunciare situazioni di disagio e di violenza, ma non come punto di partenza, ci tiene a precisare, ma di arrivo e di liberazione, dopo un percorso di autovalorizzazione che comincia dalla pronuncia del proprio nome per poi acquisire consapevolezza e coraggio. Quello dimostrato da Filomena, anticipata dalla presidente Vilma de Sario Tabano della Associazione Spaziodonna e dell’avv. Adele de Notaris di Linea Rosa un costola del Centro Antiviolenza, tutt’e due di Salerno.
Il campo è aperto all’intervento di Filomena Lamberti, sfigurata il volto dall’acido. Colpisce la sua calma e serenità apparente, mentre racconta il passato del suo rapporto con l’ex marito fin da quando signorina subiva le imposizioni dal suo fidanzatino, come non indossare la minigonna o l’impedirle di andare ad una festa. Allora sottovalutate.
“Pensavo erroneamente che la gelosia fosse indice di amore, – ammette – ma mi sbagliavo!”, aggiunge subito dopo. Questo comportamento spinge all’isolamento Filomena, non saluta più nessuno, perde i suoi riferimenti di amicizia e sociali. Poi arrivano i figli, tre. Per il loro amore subisce angherie e violenze economiche, fisiche e anche psicologiche. Lavora nella stessa pescheria del marito ma non lo sopporta più. Allora è il figlio grande a darle confronto e ad affrontare il padre. Filomena riprende coraggio, si butta sui social per vivere una parvenza di libertà. Il marito non vuole, la minaccia, ma ormai Filomena ha deciso di lasciarlo. Non sopporta più le sue prepotenze e una notte, mentre dormiva, la volta sulla schiena e le versa sul volto l’acido che sfigura la sua immagine.
La voce si rompe in gola, non esce più, è flebile. Pensa che sia finita, teme di perdere i figli. Invece è l’inizio di una nuova vita. Subisce un numero infinito di operazioni per ricostruire il suo aspetto ben lontano comunque da quello originario. Si fa forza, frequenta lo Spazio Antiviolenza di Salerno, diventa apostolo e scrive un libro che racconta la sua odissea e lo presenta in giro per l’Italia.
Il silenzio e la commozione dominano in sala, interrotti da un applauso liberatorio. Una donna dal pubblico le esprime solidarietà e confessa di aver vissuto anche lei le pene dell’inferno con il marito, ormai ex, assenti le autorità e il conforto sociale. Intanto i dati sulle morti recenti di donne richiamano la necessità di un intervento congiunto di tutti i soggetti in gioco, donne, associazioni, autorità e uomini soprattutto a riflettere e a impedire la violenza distruttiva che non può impedire il volo di farfalla di una donna libera di amare e non per questo rischiare di essere eliminata dalle azioni brutali di uomini violenti.