Mi ispiro all’esperienza diretta, la guerra quella vissuta e combattuta nel quotidiano con giacca, cravatta e giornale economico finanziario sotto braccio, quest’ultimo un pò manager vintage ma sempre di impatto visivo forte e creatore di soggezione psicologica in quei colleghi che soprattutto i lunedì leggevano solo giornali sportivi. Sveglia, restauro, vestizione, giornale con le notizie che sono già vecchie quando le leggi o ti sembra di averle già lette. Metropolitana, arrivo in ufficio con usciere che per decine di anni ti ha salutato con un: “buongiorno dottore”, poi quando sei salito nelle gerarchie di comando con un: “buongiorno direttore”. E’ una guerra alla quale hai partecipato come volontario, la storia si è sviluppata sul fronte italiano tra le retrovie delle terre di Puglia e la prima linea della Metropoli lombarda, una storia d’amore a tratti di sconfitte e tradimenti, qualche medaglia di latta e gli scarponi consumati su treni e aerei a portare in giro il verbo aziendale. Non c’è alcun lieto fine: il volontario o diserta o finisce a terra sotto il fuoco amico o più spesso è messo a riposo perché non più idoneo alle “nuove sfide”. Verso il “congedo” le nostre armi appaiono superate, conservi un codice d’onore antico che avresti voluto tramandare ma nella staffetta hai perso il testimone.
E’ un venerdì pomeriggio, non è la solita tregua d’armi dei fine settimana, è un addio a una guerra di trincea, quella che logora perché è fatta di attese. Riponi la tua stilografica nell’astuccio, metti in una sacca foto, appunti, attestati e il biglietto augurale firmato dai tuoi compagni di viaggio. Basta grafici, proiezioni, spread, riunioni con interlocutori sordi…. per la verità era da più tempo che non facevi queste cose, ti avevano già messo a riposo. Ti allontani senza rimpianti, un po’ ti spiace per i “buoni camerati o compagni d’arme” che ti sono stati accanto, ma è una guerra che non senti più tua; la combattano pure gli altri, oggi servono mercenari, la “guerra” intesa come sacrifici, fango e sudore non la vuole fare più nessuno. Fuori c’è il sole, a pochi passi la Scala e poi Piazza del Duomo, il passo si fa lento, non hai voglia di pensare a niente, turisti, sfaccendati e oziosi li guardi e ti sembra di intravedere in loro qualche possibile futura somiglianza.