Riordinare i tanti libri stipati e addossati sugli scaffali della mia libreria operazione polverosa che mi rilassa. Ritrovo cose che avevo dimenticato di avere, tra le mani ritagli di giornali, stampe e copertine di riviste patinate che rimandano a passaggi di vita, souvenir, depliant di agenzie di viaggi che mi ricordano le tante partenze rimaste solo progettate.
Foto nascoste fanno capolino, utilizzate come segna libro a rimproverarmi di letture non terminate. Foto in bianco e nero e a colori, ricordi di promesse e spensierati altri tempi.
Una finestra aperta per dare aria mi fa percepire una illusoria brezza, grande assente il mare. Il vento suscita in me sentimenti contrastanti rendendomi da sempre inquieto. Il pensiero corre a un lontano agosto che volge a settembre, le serate iniziavano a essere meno luminose ma non per questo meno piacevoli. Stanco e appagato di sagre paesane iniziava poi, come ogni anno, il rito dei saluti che sanno di pellegrinaggio per non scontentare amici, parenti e conoscenti.
Caffè senza zucchero, il cucchiaino gira a vuoto, in una prevedibile ripetitività, passa l’autunno e ci si ritrova in inverno; mi domando cosa manca alla vita di ogni giorno perché di ogni giorno resti una traccia. Guardo oltre la finestra, il suono di tante piccole foglie pare seguano il ritmo di una danza. Non vedo le luci delle barche sul mare, intravedo solo quelle dello stabile di fronte al mio. Mi vedo in camicia, fuori è decisamente freddo, siamo già in inverno, la voglia di riordinare comincia a passarmi … solo per un attimo penso che avrei voluto vivere come se ogni giorno fosse una interminabile domenica, avrei voluto fare tante cose, poi le domeniche passano e ti accorgi di non aver fatto quasi nulla.
Caffè nero, forte, lo sorseggio lentamente un piacere buono per ogni stagione. Socchiudo gli occhi, vedo una casa dalle pareti bianchissime, una scala in pietra viva dove fermarmi a osservare i passanti, un sole caldissimo e impietoso …. e cosi che penso alla coda del mio passaggio di paesano.
Il luogo non e’ solo la quinta teatrale che allude allo stato d’animo del sognatore, ma un vero e proprio elemento simbolico che crea relazione con altri simboli.
Pensarsi in luoghi che si sentono propri può evidenziare nostalgia, ma può alludere anche alle proprie radici, dare quindi un senso di appartenenza e sicurezza. La rappresentazione non e’ quella del luogo dei sogni ma il luogo dove voler fare ritorno per sognare.