L’ho conosciuto a Poggiardo (Le), circa 3 anni fa Vincenzo de Maglie. Esponeva dal 17 all’8 maggio 2014 alla Casa delle Culture, in Piazza Umberto I.
Una serie innumerevole di oggetti, quadri, consolle, tavoli, invenzioni come chi ha donato la vita alla sua terra, che ora si è ripreso.
La maestosità del noce e le nervature dell’ulivo, un albero che rappresenta il Salento con il suo rigoglio, le sue pene, la sua generosità nel trasformare delle bacche nere in oro giallo, complice il sole e la terra di questo lembo estremo d’Italia.
Mi sono subito offerto di fare una breve recensione da distribuire ai ragazzi delle scuole che venivano a trovarlo estasiati da quelle meraviglie.
‘Da un tronco un’opera d’arte? Come faceva?’ – si chiedevano. Vincenzo trasferiva la sua grande umanità, la sua visione ecumenica su questa straordinaria rappresentazione della natura. Di pari passo, da quando piccolo assistente riparava con il maestro Nachira il mosaico della Cattedrale di Otranto. Poi la durezza dell’emigrazione, in ogni dove, nel nord Europa, Belgio, Francia e Germania. Qui si era trovato bene. A lui piaceva lo spirito e l’organizzazione tedeschi, la serietà soprattutto, tanto che usava intercalare espressioni germaniche per rafforzare il concetto.
Era rammaricato del fatto che la sua arte non avesse finora trovato accoglimento nel suo paese. Perciò aveva confidato nell’attuale sindaco una serie di azioni. La più importante il dono di un suo bassorilievo al Papa. L’Ultima Cena, la sua Ultima Cena.
Partimmo con Antonio, il figlio maggiore, su un furgoncino alla volta della Città Eterna in udienza dal Papa Francesco il 3 settembre 2014. Vincenzo, comunista nell’animo oltreché nel pensiero, era rimasto colpito da quell’incontro. Aveva visto in quell’uomo la luce e ne era rimasto beneficato.
Accompagnai in altre circostanze Vincenzo ad esposizioni e ad incontri con il sindaco Fausto De Giuseppe, con il quale avevamo concordato per il periodo pasquale l’organizzazione di un riconoscimento ed esposizione delle sue opere. Ci teneva che ci fossi e io lo avevo rassicurato.
Mi chiamava spesso, qui a Milano, e mi veniva a trovare al mio rientro al paese, Poggiardo, vicino al suo.
Ma anch’io non potevo lasciarlo un solo minuto da solo, in fuga con la sua arte, che ha modellato il noce e l’ulivo mettendo a nudo le loro anime, così come le nostre.
Addio, caro Vincenzo, nato a Minervino di Lecce il 21/8/1937.