Qualche decennio fa il balcone aveva la stessa valenza comunicativa e relazionale che oggi offrono internet e i vari social. Il suo potere era superiore anche al telefono (che era presidiato dai genitori e quindi non consentiva privacy e libertà).
Sul balcone si giocava da bambini (per non disturbare in casa e perché era all’aperto), si trascorrevano gli interminabili pomeriggi estivi (così uno stendibiancheria opportunamente accessoriato con seggiolino e antenne varie poteva diventare l’astronave spaziale dell’immaginario), magari si facevano anche i compiti, ci si intratteneva con gli amichetti, si inventavano giochi comunitari e, con l’adolescenza, lo si utilizzava come strumento per agevolare il contatto e … la simpatia con l’altro sesso.
Il balcone rappresentava un contatto esterno molto importante anche per gli adulti. Da lì le comari si scambiavano oggetti, cibi, consigli, pettegolezzi, tipici di quella tangibile e visibile solidarietà di vicinato che trovava nel balcone il più fedele alleato, soprattutto nei centri storici. Costituiva inoltre contatto con il mondo esterno, consentendo di calare giù il famoso cestino legato ad una corda che permetteva di portare la spesa in casa evitando di fare le scale, o di lanciare qualche monetina ai suonatori di strada. In più costituiva baluardo del controllo sociale tipico del quartiere, materializzando la classica “spiona” che sapeva tutto di tutti e riusciva ad individuare a colpo sicuro i fidanzatini che cercavano intimità in qualche portone.
Anche in campo sentimentale il vecchio balcone ornato di romantiche piante ha dato il suo ottimo contributo, rappresentando una roccaforte del corteggiamento. Quando le ragazze non erano così libere da uscire di casa a tutte le ore, il balcone favoriva approcci, visioni e contatti. Oggi il corteggiamento si è spostato sul telefonino, ma prima ci si guardava sui balconi. Magari si allungava la strada per andare dal panettiere (con lo stupore della mamma per quella insolita disponibilità di collaborazione casalinga) proprio per passare sotto il balcone della ragazza della quale ci si era innamorati, sperando che uscisse in quel momento, per farle un saluto e un cenno di intesa.
Ma i giochi più belli erano dal proprio balcone che affacciava su quello di qualche amichetta di scuola. Non ci si davano appuntamenti ma si sapeva che a certe ore, comunque molto approssimative, si poteva uscire e così ci si salutava. Nel “casuale” incontro, infatti, si faceva finta di giocare per poter giustificare la presenza così tempestiva. E quando si creava più confidenza si utilizzavano gli specchi per qualche gioco di luci. Insomma ci si allenava a una comunicazione gestuale, che – nel caso la dirimpettaia non fosse persona già conosciuta – avrebbe favorito l’incontro vero in qualche circostanza, magari proprio in occasione di qualche festa che allora si svolgeva … sui terrazzi.
L’attuale forzata permanenza in casa ci sta facendo riappropriare dei balconi, diventati uno dei pochi posti all’aperto in cui si può stare tranquillamente (a non molta distanza da vicino che esce pure lui a prendere aria) e uno dei luoghi di comunicazione “plateale” per cantare, organizzare flash mob, ringraziare la vita e anche i medici, innalzare inni, recitare poesie, fare teatrini.
Il balcone diventa anche il luogo per godere della bella primavera che, ignara dei pericoli del virus, anche quest’anno ci dona i suoi colori, i suoi profumi e un tiepido calore.
Stanchi di film in tv, di connessioni internet (e meno male che c’è) e delle tante telefonate e video call conference (non ricordo di avere usato tanto il telefono come ora), in queste settimane il balcone sta favorendo una socialità dimenticata e sta facendo tornare in superficie antiche emozioni, come quella di scoprire sul balcone di fronte la vicina carina, magari anche in déshabillé, di cui si ignorava l’esistenza. Un’alternativa più piacevole rispetto alla modella distante, artefatta (e rifatta), artificiale, sconosciuta e irraggiungibile che compare su Facebook o su Instagram.
Un motivo in più per uscire sul balcone e per ritrovare quell’emozione antica, che senza il Coronavirsu sarebbe rimasta nascosta per sempre nel cuore e nell’innocenza, e – chissà – anche una opportunità insperata.