Alcuni dicono che dopo la pandemia nulla sarà più come prima, perché si tratta di una esperienza sicuramente insolita, imprevista, inedita. Si realizza la globalizzazione delle sciagure. Le catastrofi naturali (terremoti e carestie) o dovute alla mano dell’uomo (guerre e terrorismo) erano concentrare in aree geografiche definite, ben lontane da noi (al massimo ci si impietosiva, si mandavano aiuti, ma si sapeva di non essere toccati direttamente). Ora la nostra quotidianità è stata stravolta, causando sbigottimento e, in prima battuta, incapacità di reazione. E tuttavia si sopravvive, si fa esperienza della nuova condizione, si riorganizzano ritmi, tempi e spazi.
E, allora, il futuro, anche prossimo, come sarà? Torneremo in tempi brevi alle nostre consuetudini?
Adesso stiamo vivendo una svolta epocale non solo sotto il profilo tecnico ma anche culturale, sociale, politico e psicologico.
I docenti, che ormai hanno imparato ad utilizzare l’e-learning, e gli studenti che si sono abituati e magari hanno anche apprezzato la didattica on line e a distanza, avranno voglia di tornare su banchi di scuola? Vuoi vedere che a distanza si apprende meglio e che la vita è più facile (pur a scapito della personalizzazione dei rapporti)?
E i professionisti perché dovrebbero sottoporsi allo stress giornaliero della scelta dell’abito e del giusto abbinamento dei colori, e i pendolari alle bizze e ai tempi del trasporto pubblico quando ormai possono fare tutto da casa, con più comodità e serenità, rendendo anche conto del loro operato? Tanto anche quel sano pettegolezzo di ufficio lo si può fare sulla chat e non necessariamente alla macchinetta del caffè.
E i dirigenti che ora possono tenere tutte le riunioni su skype (non solo quelle da città diverse), non lavorano meglio nei loro comodi salotti, attrezzati di tutto punto?
E perché recarsi personalmente dal medico quando può fare tranquillamente una ricetta elettronica?
Una parola merita anche il mondo degli eventi. Se il Presidente del Consiglio fa dichiarazioni di rilevanza nazionale tramite una diretta Facebook, e i teatri per non perdere le serate trasmettono in streaming, allora tanti eventi pubblici, festival, presentazioni di libri, concerti, magari anche le cerimonie religiose, potranno essere trasmesse in diretta, con il vantaggio di non muoversi di casa, inquinare, correre rischi, non trovare parcheggi, quando da casa è possibile sorseggiare la propria bibita preferita e vedere meglio i primi piani dalla propria poltrona.
Se poi si aggiunge che stando tutti in casa si rafforzano i rapporti all’interno della famiglia e si evitano le tentazioni del mondo che minano la solidità familiare il quadro è completo.
I tempi evolvono e anche gli stili di vita si adeguano alle nuove scoperte tecnologiche. Il progresso fa il suo corso e si lascia dietro qualche nostalgia non tanto delle abitudini (la qual cosa sarebbe sterile e retrograda) ma di quello che le antiche abitudini rappresentano in termini di sentimenti, emozioni, memoria viva.
Si pensi all’avvento della televisione circa settant’anni fa. Cambiò il modo di trascorrere le serate: non più i racconti o i rosari davanti al braciere, o l’andare a letto presto (dato che al mattino le attività contadine, marinare, e pure quelle industriali e impiegatizie iniziavano ad orari molto anticipati rispetto ad oggi). Certo il cambiamento degli stili di vita iniziò gradatamente: nei primi tempi si guardava comunitariamente la tv nei bar e nei circoli, poi nel salotto buono di casa, e infine fece la sua apparizione in ogni stanza, con tutto quello che ne è conseguito. All’inizio del nuovo millennio, poi, i social hanno rappresentato l’altra grande modifica di tempi, ritmi e abitudini.
Non si vuole giudicare se fosse meglio o peggio quella vita. Ogni epoca ha i suoi strumenti. Nulla da eccepire sul periodo in cui la socializzazione era data dal braciere, per poi passare alle feste in casa e all’intrattenimento nei locali. Nulla da dire sull’impegno dei social a consentire di coltivare o iniziare rapporti a distanza in tempo reale, prima inimmaginabili.
Ora la gente ha visto che gli strumenti ci sono e …. bene o male ci si abitua. Chissà che l’emergenza del Coronavirus stia accelerando altri stili di vita che in condizioni normali l’evoluzione tecnologia avrebbe portato fra 10 o 20 anni, come implementare maggiormente il lavoro da casa, la didattica o la formazione on line, ecc. Di fatto viene eliminata, con una accelerazione temporale, ogni resistenza alla rivoluzione digitale che vedeva, magari gli anziani, restii ad operazioni on line come spesa, gestione conto, pagamenti, ecc., tutte modalità che evitano il contatto personale
Quello che è da capire, secondo me, è se le nuove tecnologie, foriere appunto di nuovi stili di vita, porteranno a un maggior benessere personale e professionale, se insomma aiuteranno la felicità personale e comunitaria, se quelle abitudini alle quali eravamo abituati troveranno compensazione in nuove usanze che consentiranno ancora di valorizzare i rapporti personali (e in questi ci mettiamo anche il calore di una stretta di mano e l’affetto di un abbraccio).
I lavori di gruppo scolastici dell’adolescenza a turno nelle varie case, i giochi dell’infanzia per strada, il caffè alle macchinette, le riunioni attorno allo stesso tavolo e la consuetudine coi colleghi, l’uscire a passeggio dopo la messa della domenica e l’andare a comprare le paste (senza farsele portare a casa dal corriere), non hanno prezzo, come dice la pubblicità.
Al momento, nell’ambito delle restrizioni impostemi, terminati gli impegni di lavoro, approfitto del classico telefono e di Whatsapp per tenermi in contatto con i tanti amici che normalmente sento solo in occasioni comandate: un segno di tenerezza nella solitudine (feconda) di casa, che impegna il tempo, e offre un senso, una consolazione, la piacevolezza di una sorpresa da parte di chi non ti aspettavi.
Confido che ci salveremo dai virus, ma mi auguro che salveremo pure la nostra umanità costituita da quei piccoli piaceri della giornata, anche lavorativa, per i quali sapevamo tollerare e affrontare gli inevitabili disagi, perchè consapevoli che davano gioia e, soprattutto, gusto alla vita. E quel gusto lo voglio ancora e desidero condividerlo con le persone amiche e con tutti.