Abito in un condominio milanese in cui l’età media si aggira intorno agli 84,7 anni, media abbassata dalla presenza di una sola bambina di 7 anni che insieme a me è diventata in questo momento tutto ciò che rimane ai condomini del mondo cosiddetto normale.
La piccola Ester con i suoi compiti da fare a casa a cui tutti in qualche modo pur di passare il tempo cercano di partecipare dalle proprie finestre, ed io che ogni mattina esco per andare al lavoro.
Sono anche l’unico medico del palazzo e negli anni , sempre con molta discrezione, qualcuno degli anziani condomini mi ha avvicinato, chi per chiedere un iniezione chi per un consiglio chi solo per farsi misurare la pressione e farsi dire che gli anni se li portava davvero bene.
Da quando si è iniziato a parlare di coronavirus a Milano il piccolo ecosistema del mio condominio ha attraversato diverse fasi . Nei primi giorni tutti fingevano un garbato riserbo e passando per la portineria continuavano a parlare con la portinaia, Addolorata , di nome e di fatto, di problemi condominiali, vecchi dissidi mai risolti per una perdita tra il 5° e il 6° piano o per l’ennesima multa per l’immondizia, che tutti sapevano chi era che non faceva la differenziata ma sempre per garbo non si poteva dire.
Pian piano i visi sono diventati sempre piu circospetti, e vedevo che ogni mattina prima di uscire qualcuno cercava di avvicinarmi per farmi qualche domanda sul virus come lo chiama la signora Giuseppina, di Napoli centro come ama precisare sempre, vedova inconsolabile del sig. Umberto da due anni e che da allora esce solo per andare al parrucchiere dietro l’angolo, che anche il dolore ci deve trovare composti.
Il più circospetto di tutti è stato l’ Avv. Quattrucci che ammiccando in modo vistoso mi ha fatto capire che mi avrebbe lasciato dei documenti nella casella della posta, documenti importantisismi alla mia attenzione di medico coinvolto in prima linea nell’epidemia.
Ho cercato di spiegargli più volte che non sono in prima linea e che lavoro in una comunità psichiatrica, ma per chi vive un esilio il mondo “là fuori” è tutta prima linea.
Superata la fase della circospezione, e della raccolta di documenti segretissimi scaricati dal tal sito anche lui segretissimo, che riportavano varie teorie complottiste sulla diffusione del virus e pronostici da qui al 2021, il piccolo condominio ha iniziato a trovare un altro equilibrio e un pò come fanno i prigionieri, si sono affidati a piccoli riti quotidiani che scandissero il tempo.
Ore 8.15 giro nell’androne del palazzo a turno, i fortunati che hanno un cane come il sig. Pintacauda e la sig.ra Cavezzani lo portano fuori .
Dalle 10 alle 12 arriva la spesa a domicilio dai negozi vicini e così si scende di nuovo nell’androne a scambiare quattro chiacchiere con Addolorata che all’epidemia non sembra particolarmente interessata perché ha il marito e tre figli disoccupati da anni a casa, e tempo per pensare a queste cose non c e n’è.
Alle 16 , quando nel cortile interno arriva il sole si esce a turno con una sedia portata da casa per mezz’ora a prendere un po d’aria e gli altri se vogliono partecipano dalle finestre.
Le più attive nella conversazione sono le sorelle Greco, o meglio le gemelle Greco , di origini leccesi, entrambe vedove, 88 anni, che sono tornate a vivere insieme da qualche anno e non escono mai senza l’immancabile rossetto viola e lo scialle sulle spalle che i colpi di vento si sa prendono proprio alle spalle quando meno te lo aspetti.
Quando scende nel cortile il sig. Burattini, 86 anni , di origini marchiagiane, ex comandante della marina, è imposbile non sentirlo, chiama a raccolta tutto il condominio e fa coraggio a tutti con frasi di grande effetto come “arriveremo in porto, vedrete” o raccontando degli anni di navigazione e delle grandi tempeste che coraggiosamente ha affrontato e questa non sarà l’ultima per lui.
Qualche volta il discorso procede senza intoppi, altre volte il Sig. Lorusso, ex pugile pugliese con un grande futuro davanti che tuttavia non è mai arrivato, si affaccia e sardonico gli ricorda che i porti sono chiusi e che quindi non si capisce dove stiamo andando tutti quanti.
Negli ultimi giorni c’è stata un ulteriore evoluzione dell’ecosistema: alle 16 non scendono più a turno in cortile ma coraggiosamente in almeno 6/7, ciascuno con la propria sedia, a distanza di sicurezza, a vederli da su sembra il coro di un anfiteatro greco.
Ciascuno partecipa alla conversazione con la propria storia, con le difficoltà che nella vita ha dovuto affrontare , gli anziani sono gli unici che hanno nella loro memoria quanto c’è di piu simile a quello che stiamo vivendo .
In mezzo ci sono state due generazioni che non hanno mai vissuto alcuna difficoltà e che di fonte a questa epidemia è rimasta senza anticorpi psichici .
Mi chiedo che destino abbia una nazione che si dichiara disponibile a sacrificare i propri anziani a vantaggio dei più forti e sopratutto dei più produttivi.
In fondo l’Avv. Quattrucci non aveva tutti i torti a sostenere che gli anziani in un modo soggiogato alle regole economiche, in fondo, sono solo un peso per tutti.
Eppure gli unici che possono passarci i loro anticorpi in questo momento sono proprio gli anziani, che sono sopravvissuti a grandi esperienze traumatiche come la guerra e l’epidemia di spagnola e che ogni mattina fingendo di chiedere conforto a me per un acciacco o un pò di insonnia, invece mi rassicurano, sorridendo, che passeremo anche questa.
Dott.ssa Eliana Mea – Psicanalista CIPA
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