“Metti giù quello Smartphone, cosa ci fai attaccato tutto il giorno?”. Questa la tipica frase di un genitore di adolescente rivolta al figlio. Genitori che non comprendono come la comunicazione e la vicinanza possano passare attraverso un mezzo così freddo e impersonale. Ragazzi che passano le giornate con le cuffiette, parlando in videochat, utilizzando piattaforme sconosciute agli adulti che permettono di comunicare con gli amici.
Ed ecco il Covid-19, che cambia la prospettiva. Anche i genitori hanno bisogno di relazione, anche loro necessitano di strumenti per mantenere il contatto e la vicinanza con i propri affetti. Ed eccoli a chiedere un supporto agli adolescenti per installare Skype, a trascorrere la giornata ricercando video che alleggeriscano il peso della preoccupazione o a seguire i flash mob su Facebook.
E i ragazzi? Gli stessi che trascorrevano la giornata “attaccati-allo-smartphone” ora, privati della libertà di uscire e di fare movimento, bramano l’aria aperta e la relazione vis-à-vis. Difficili da contenere, organizzano “l’ora d’aria” accordandosi segretamente con gli amici, violando le regole e mettendo a rischio se stessi e gli altri.
Forse il virus permetterà davvero l’incontro tra generazioni: da oggi i genitori riusciranno a comprendere il bisogno di contatto e vicinanza che i figli ricercano continuamente. Presi dal lavoro, dallo studio, dagli impegni sportivi e dalla vita frenetica dobbiamo ammettere che ci stavamo scordando di coltivare le relazioni.
Doveva arrivare un virus da oriente per ricordarci di chiamare l’amico che non sentivamo da mesi o per trovare il tempo di organizzare un aperitivo con gli amici d’infanzia, oggi rigorosamente in chat, s’intende. Doveva arrivare un virus da oriente per ricordare la differenza tra un abbraccio virtuale e uno reale, tra un sabato sera in gruppo e uno davanti alla Play, tra una partita di tennis alla WII e una corsa in bici sul fiume.
Speriamo che, passata l’emergenza, rimanga la consapevolezza: quella dei genitori, di non demonizzare a priori uno strumento che ci ha permesso di sentirci vicini quando eravamo distanti, e quella dei giovani, di godersi le relazioni anche nel “mondo reale”.
Dr.ssa Rita Marianna Subioli, Psicologa Psicoterapeuta