In questi giorni centinaia di migliaia di studenti sono chiamati a confrontarsi con l’esame finale della scuola media superiore, cioè con quello che prima era chiamato esame di maturità, una prova che chiude un ciclo per aprirne un altro. Nello studio e nella vita.
I più anziani ricordano l’esame di maturità quasi come un rito di iniziazione ma anche come un incubo che ancora ritorna a popolare i sonni in periodi di ansia e di tensione.
Una prova severa, poi smussata nel tempo. Prima, ad esempio, i commissari erano tutti esterni quale garanzia di serietà e di obiettività. In tal modo lo studente verificava, insieme al suo sapere e alla capacità di comunicarlo, anche la solidità psicologica di controllare il suo stato emotivo dimostrando il governo di sé di fronte a degli estranei. Oggi i commissari sono i docenti che l’allievo ha avuto durante l’anno. Costoro esaminano una tesina multidisciplinare, quale segno della capacità dello studente di porre in relazione le singole materie.
Una prova per attestare la propria preparazione globale acquisita negli anni di scuola superiore, e anche la prima esperienza che prepara ai molteplici esami che costellano il corso di studi universitario. Dunque non solo una verifica culturale, ma anche morale, di carattere e di volontà.
Si consideri altresì il supporto nello studio offerto da strumenti tecnologicamente raffinati ormai di dominio comune: ricordiamo come esempio l’uso degli strumenti informatici, delle video camere, delle sceneggiature per spettacoli teatrali. Si rileva maggior spigliatezza e profondità nel realizzare testi, interviste, progetti. Rispetto a certi giornalini scolastici del passato, pur spassosi e accattivanti, con i mezzi odierni i ragazzi dimostrano di aver sicuramente conquistato maggiori capacità espressive.
L’esame è il lasciapassare che consente di uscire da una routine di organizzazione talvolta rigida del proprio tempo e dei propri interessi per entrare nel mondo dell’università (per chi si immatricola) i cui tempi sono più flessibili, caratterizzati da una maggiore personalizzazione nell’organizzazione e nella scelta delle materie.
Insomma l’esame finale non si presenta solo come raggiungimento di saggezza ed equilibrio definitivo (precoce e improbabile a diciannove anni) ma come capacità di superare prove, di reagire ad eventuali sconfitte, di individuare percorsi originali di espressione della propria personalità e dei propri orientamenti senza cedere a depressione e abbandono.
Sono queste le caratteristiche richieste dalla vita adulta, che vengono esercitate e addestrate già nella vita scolastica dove tutto è recuperabile dal momento che la scuola non presenta quei tratti di inesorabilità che sono peculiari della vita reale.