Dal 26 maggio al 24 settembre, a Palazzo Fava. Palazzo delle Esposizioni, Genus Bononiae, insieme alla Fondazione Carisbo, presenta Viaggio verso l’ignoto, una mostra a cura di Claudio Cerritelli e Gis Vismara dedicata alla figura complessa e poliedrica di Lucio Saffaro (Trieste 1929 – Bologna 1998): pittore, scrittore, poeta e matematico tra i più originali della cultura e dell’arte italiana del secondo Novecento.
La mostra Viaggio verso l’ignoto è un progetto della Fondazione Lucio Saffaro. Essa traccia un perco nell’arte dell’autore presentando circa un centinaio di opere tra dipinti, grafiche e libri. Il perco espositivo offre una panoramica esaustiva sulla sua ricerca (1954-1997), a partire dalla fase giovanile – la meno conosciuta – fino alla maturità, simbolizzata dalle forme eleganti e poliedriche che rendono unico il suo lavoro.
Lucio Saffaro è una figura totalmente autonoma rispetto al mondo della cultura e dell’arte. Difficilmente classificabile, compie la sua ricerca in solitario e appartato rispetto alle principali correnti artistiche e culturali secondo Novecento. Si trasferisce con la famiglia a Bologna nel 1945 e resterà per sempre legato alla casa felsinea. Giovane, si iscrive all’Università laureandosi in Fisica pura, continuando parallelamente a coltivare i suoi interessi artistici, letterari e filosofico-speculativi.
Sempre alla ricerca di un linguaggio raffinato e plurale, rifiutando la definizione di artista-matematico, Saffaro ha saputo fondere la sua profonda cultura scientifica con l’indagine pittorica e grafica di forme e simboli legate agli enigmi dello spazio e del tempo. Nel suo lavoro, fondamentale è l’approfondimento della relazione tra il mondo classico e il sapere moderno. Con una spiccata attitudine a collegare la memoria del passato alla consapevolezza del tempo presente, l’autore proietta con forza visionaria l’immagine del futuro, cogliendo complessi legami tra l’antico e il contemporaneo.
La mostra offre la possibilità di seguire le molteplici dimensioni esplorate da Saffaro nel corso della singolare ricerca pittorica e grafica: identificazioni simboliche, monumenti e ritratti immaginari, visi allegoriche, poliedri, dodecaedri e tetraedri canonici, dimensioni del pensiero creativo, immagini metafisiche emblemi del tempo infinito.
Il percorso espositivo si apre con le immagini che caratterizzano il periodo degli anni Cinquanta, evoc scenari indeterminati e surreali dominati da presenze fantasmatiche. Le figure rappresentano persona enigmatici che abitano luoghi misteriosi. Sono “presenze” inquiete, che si aggirano tra architetture irrea atmosfere senza tempo; figure iconografiche come quella che ricorda una sorta di cavaliere che impugn pennello al posto della spada, e sfida il campo delle idee terrene per innalzarsi a un livello di comprensi superiore, non necessariamente dominato dal pensiero razionale.
Nel corso degli anni Sessanta, Saffaro inizia a indagare il rapporto tra arte e scienza: i codici scienti dialogano con gli strumenti della fantasia, le strutture matematiche sconfinano oltre le misure spa temporali, i ritmi costruttivi si aprono all’irrazionale. Lo specchio, il labirinto, l’infinito, sono i temi di rice che l’artista sviluppa in questo periodo.
I teoremi logico-prospettici sono caratterizzati da una compostezza geometrica che si avvale di moltep elementi costruttivi: archi tangenti e movimenti ondulatori, piani concavi e convessi, strisce convergen intersezioni asimmetriche. Nelle opere degli anni Settanta la tensione prospettica accompagna i fl avvolgenti del sogno, le forme simmetriche sono turbate dalle ondulazioni del desiderio, i procedim razionali dialogano con la dimensione del dubbio.
Dalla metà degli anni Sessanta, l’introduzione dei “poliedri” assume una rilevanza non solo di natura matematica, ma anche di carattere esistenziale; infatti, essi non sono solo frutto di calcoli matematici, provengono anche dalla dimensione del sogno. L’immaginario geometrico di Saffaro riflette le sfaccettature del pensiero polidimensionale, la pluralità delle fonti iconografiche e la proiezione delle forme nello spazio cosmico.
Insieme alle opere pittoriche e grafiche verrà esposta anche una selezione di cataloghi monografici e di libri realizzati da Saffaro durante la sua carriera. Completerà la rassegna una sezione composta da alcune fotografie inedite di Nino Migliori, ritrovate di recente, le quali ritraggono l’amico triestino negli anni Settanta. Verrà infine presentato il documentario Lucio Saffaro. Le forme del pensiero, realizzato nel 2014 dal regista Gio Boetto Cohen, con le narrazioni di amici e studiosi: Maurizio Calvesi, Flavio Caroli, Federico Carpi, Clau Cerritelli, Bruno D’Amore, Michele Emmer, Piergiorgio Odifreddi, Riccardo Sanchini, Luigi Ferdina Tagliavini, Walter Tega e Gisella Vismara. A questi contributi si aggiungono i preziosi film di famiglia che permettono di entrare nella dimensione intima e privata dell’autore.
Disponibile un catalogo pubblicato dalla casa editrice Bologna University Press con i contributi critici di Gis Vismara (consulente scientifica della Fondazione Saffaro), Bruno D’Amore (critico d’arte e matematico) Claudio Cerritelli (già docente di storia dell’arte presso l’Accademia di Belle Arti di Brera).
Lucio Saffaro (Trieste 1929-Bologna 1998) si è laureato in Fisica pura all’Università di Bologna, dove vissuto dal 1945. È stato pittore, scrittore, poeta e matematico. Dagli anni Sessanta si è affermato come delle figure più originali ed inconsuete della cultura italiana, ricevendo ampi riconoscimenti in ciascuno campi in cui ha operato. Nel tempo, le sue opere letterarie e grafico-pittoriche sono state recensite e presentate da critici autorevoli. Rifiutando la definizione di “artista-matematico”, Saffaro ha sempre lavorato ai confini continuità tra l’arte e la scienza. L’artista, pur praticando una ricerca vicina ad un classicismo profondamente italiano e rinascimentale, tuttavia, non ha mai scordato le proprie origini triestine. Nelle sue opere ricorrono frequentemente le figure e le “immagini” simboliche del mare, delle onde e dell’orizzonte, tutti elementi evocano la sua appartenenza anche ad una cultura mitteleuropea. ‘Tempo, spazio, essere e tristezza costituiscono i nuclei tematici costanti nell’opera di Saffaro: dai primi e poco conosciuti disegni ed olii su tela, appartenenti ad un’originale idea di “metafisica”, fino ai quadri e alle grafiche più marcatamente saffariani dove emerge la sua ricerca perenne intorno all’enigmatico e all’ignoto. I suoi studi sulla determinazion nuovi poliedri e sull’esplorazione teorica delle possibilità offerte dalla prospettiva diverranno il perno concettuale, ontologico e simbolico del suo lavoro. Saffaro ha esposto alla Biennale di Venezia, Quadriennale di Roma e in molte altre importanti rassegne in Italia e all’estero, ricevendo premi internazio alle Biennali di San Paolo del Brasile (1969), di Rijeka (1970) e Cracovia (1972). Oggi le sue opere figurano in importanti collezioni pubbliche e private.
Dal 2021, 140 opere (7 olii, 40 litografie incorniciate e 93 disegni) dell’artista sono esposte al Museo del cielo e della terra di San Giovanni in Persiceto in modo permanente.
*Foto in evidenza: Lucio Saffaro, Opus CLXIV, 1971, olio su tela, cm 75×90. Collezioni d’Arte e di Storia della Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna
Fonte: Sara Zolla | Ufficio stampa e comunicazione