Premesso che non esistono cani sulla carta più aggressivi di altri, ma tutto normalmente dipende sempre dall’educazione che ricevono, dal contesto in cui crescono e vivono e dalle caratteristiche del singolo soggetto. Enti vari hanno cercato di stilare graduatorie che mettessero nero su bianco i nomi delle razze di cani più pericolose, magari ritenendo anche che questo potesse diminuire le potenziali aggressioni nei confronti dell’uomo. Tornando indietro nel tempo e più precisamente nel 2006 con l’ordinanza del Ministro Livia Turco sulla “Tutela dell’incolumità pubblica dall’aggressione di cani”, che relegava 17 razze canine nella lista dei “cattivi”, rovinando la reputazione di alcune di queste in modo quasi irrimediabile. Tale ordinanza ebbe vita breve e già dal 2009 la lista dei cani pericolosi venne abolita, dopo le critiche dell’ENCI (Ente Nazionale Cinofilia Italiana), dell’Associazione Nazionale Medici Veterinari, del Consiglio Superiore della Sanità e del Ministero delle Politiche agricole, tutti d’accordo nel sostenere che la correlazione tra razze e aggressività non aveva alcun fondamento scientifico.
Negli ultimi anni si è rilevato un considerevole aumento degli ingressi di cani appartenenti a razze terrier tipo bull e molossoidi (Pitbull, American Staffordshire, Bull Terrier, Pastore corso, Dogo argentino e cani morfologicamente similari) nei canili sanitari, nei canili rifugio e nelle strutture zoofile.
In un convegno organizzato il 27 febbraio 2023 da ANCI Lombardia, esponenti di diverse Agenzie per la Tutela della Salute della Lombardia (Città Metropolitana di Milano, Brianza, Brescia) hanno fornito dati molto allarmanti sull’aumento della quota di ingressi di razze potenzialmente pericolose ai canili sanitari e a quelli rifugio (ad es. tra il 2018 e il 2022, presso il canile sanitario di Milano gli ingressi di animali di queste razze sono passati dal 19 al 28%, presso quello di Brescia da 5 al 10%; si tratta di dati che non considerano eventuali incroci).
Gli ingressi sono conseguenti a interventi di accalappiamento sul territorio causa abbandono, a cessione ai Comuni da parte di proprietari che rinunciano a gestire gli animali, provvedimenti di sequestro o sgombero da parte di ATS o di forze pubbliche, impossibilità alla gestione degli animali da parte di proprietari soggetti a provvedimenti restrittivi dell’autorità giudiziaria (è stato segnalato un crescente utilizzo di tali animali da parte di persone dedite ad attività criminose), per ultimo osservazione sanitaria su animali morsicatori (in danno di persone e animali).
L’elevato livello degli ingressi non è accompagnato da un adeguato numero di uscite: i cani delle razze terrier tipo bull e i molossoidi presentano uno scarso indice di adottabilità, sia a causa delle loro caratteristiche fisiche e comportamentali (robustezza, territorialità, aggressività), talvolta accentuate da specifici addestramenti, sia per le ripercussioni psico-fisiche che colpiscono questi animali quando vengono separati dal padrone. La lunga permanenza in strutture come i canili in cui le caratteristiche di razza non possono essere espresse accentua queste criticità e rendono i pitbull e le razze affini problematici nella gestione e difficilmente recuperabili.
Del resto il cane rimane spesso rinchiuso nel canile per periodi molto lunghi, talvolta per tutta l’esistenza e ciò determina una fisiologica saturazione degli spazi ricovero, sempre più occupati da questi animali; la loro prolungata permanenza nelle strutture, oltre ad peggiorarne la condizione psico-fisica, ha conseguenze rilevanti in termini di aggravio di costi e impiego di risorse umane, sia per gli enti pubblici competenti (ATS per i canili sanitari e Comuni per i canili rifugio) che per le Associazioni del settore.
I dati sono allarmanti basti pensare che nel canile rifugio di Milano il 52% dei cani presenti al 23 febbraio 2023 è costituito da molossoidi, in nel territorio dell’ATS Brianza, nel 2022 i molossoidi costituivano il 64% delle presenze.
Secondo ANCI Lombardia, deve essere chiaro il principio per il quale l’esigenza di tutela della sicurezza individuale e collettiva costituisce un limite alla libertà individuale di acquisire un cane e la limitazione dei confini di tale sfera di libertà è, con riferimento a questa tipologia di cani, ormai esigenza necessaria. Compito dei pubblici poteri è anche quello di promuovere l’effettiva garanzia della sicurezza dei cittadini. Cercare di normare il possesso delle tipologie di cani in questione inoltre è un atto teso a realizzare il loro benessere, in applicazione del nuovo art. 9 della Costituzione.
Le proposte del Dipartimento di ANCI Lombardia sono molto chiare ed espresse nella recente audizione in Regione Lombardia della Commissione Sanità presente il Comitato Tecnico Consapevole, AEOP, ENCI e Guardie Ecozoofile di Fare Ambiente; presente all’incontro il Segretario Generale ANCI Rinaldo Redaelli, la Dott.ssa Elisa Cezza per Anci Lombardia e l’ Avvocato Clemente Grosso per ENCI nonché il veterinario Dott. Domenico Rendini unitamente al Presidente Rosalia Calderone dell’ Associazione Europea operatori di Polizia con i rappresentanti del Tavolo Tecnico Cinofilia Consapevole coordinate dalla Dott.ssa Irene Preziuso.
Auspico anche in qualità componente della Consulta Benessere Animale e contro il randagismo che questo impegno sia proficuo per affrontare tale problema di interessa pubblico.
Il Dipartimento Ambiente ritiene che il percorso da seguire sia quello di un intervento legislativo regionale che valuti le problematiche e le proposte presentate e fornisca ai Comuni e alle ATS strumenti adeguati a prevenire e contrastare i fenomeni sopra descritti; naturalmente il percorso dovrà coinvolgere anche gli altri soggetti interessati al tema, in particolare il Servizio veterinario regionale, le ATS, i gestori di canili, le associazioni animaliste, l’ordine dei Veterinari, ecc.