Che le donne aiutino le donne.
Le donne iraniane bruciano i veli. La polizia iraniana risponde con i manganelli. Le donne iraniane tagliano i capelli. La polizia iraniana risponde con i proiettili. Al grido di “baraye”, cioè “per” la vita/la libertà/le donne, nelle campagne, città, università, un popolo di donne preso in ostaggio è in rivolta. È tempesta liberatoria. È rivolta dell’anima.
“Donna, vita, libertà”, urlano durante i cortei, parole che denunciano una profonda volontà di autodeterminazione: non c’è vita senza libertà. Non c’è vita senza libertà delle donne, perché se ogni donna è uguale a tutte le altre in termini di dignità, ogni donna deve poter godere degli stessi diritti, nonostante le proprie peculiarità. Tuttavia, la verità è che non c’è vita per nessuno senza libertà, né femmine, né maschi.
“Italia dacci voce”, urlano durante i cortei. E noi donne italiane dobbiamo esserci. Esserci, perché la speranza non vada sconfitta, perché ogni donna iraniana ammazzata inzuppa di sangue la lunga lista dei femminicidi, dove la sconfitta non è solo del popolo femminile iraniano ma di tutti gli esseri umani che credono nella libertà di esistere, di essere.
È dalle donne che le donne iraniane devono ricevere solidarietà per un combattimento che sta assumendo l’aspetto di un indomito corpo a corpo, dove humus della vittoria sta nella mobilitazione delle coscienze. Di tutte le coscienze femminili in primis.
È alle donne che dobbiamo il nostro supporto in un momento storico in cui le donne stanno perdendo i diritti conquistati con immani sacrifici, penso alle donne americane che stanno vedendo usurpato il diritto sul proprio corpo, quello della possibilità di abortire.
Donne a sostegno delle donne per non indietreggiare, perché le donne sono da sempre le ultime ad ottenere i diritti e le prime a vederseli aboliti. Donne attivate per una solidarietà attiva, che costituisce un dovere.
Fare cosa, dunque? Smettere qui di abbassare la testa di fronte a forme di sottomissione che condanniamo lì. Basta con la visione ancillare. Basta con l’adesione muta al posto che gli uomini hanno in mente per noi nell’amore, nelle mura domestiche, nei contesti professionali, nella procreazione. Avanti a testa alta con la nostra singolare differenza, con la ricchezza delle nostre idee, con la pienezza della nostra cultura, con la bellezza dei nostri corpi. Dei nostri corpi, sì, quelli che finiamo per coprire nei contesti di lavoro “seri”, di dominio maschile sostanzialmente, per essere più “credibili”, “professionali”, “centrate”, come se bellezza e pienezza intellettuale facessero a pugni, corpi che sono simbolo della nostra identità, della nostra differenza, di una femminilità che va portata intatta per il mondo. Non a caso le donne iraniane partono dal corpo, i capelli, che vogliono liberi di dispiegarsi in tutta la loro sensualità, privi di veli fisici o ideologici.
“Italia dacci voce!”. Ci siamo, ognuna di noi come può: atti simbolici, mobilitazione permanenti, visibilità sui media, purché le donne iraniane sentano la nostra presenza ingombrante, perché il sostegno diviene forza interiore per proseguire la battaglia della libertà. Libertà per le donne del mondo orientale, ma anche di quello occidentale, libertà ovunque i diritti non siano ancora garantiti o quelli conquistati vengano messi in discussione. Libertà a difesa della vita. Perché la vita è sacra.
Non siamo ancora tutte uguali nella libertà. Puntare alla sorellanza, dunque: no all’indifferenza. Sorellanza sempre: le donne sanno essere amiche delle donne.