Durante l’opening della mostra, la performance musicale della Soprano d’Arti Silvia Colombini accompagnata al pianoforte da Asako Watanabe.
Una narrazione poetica tra memoria e sogno attraverso ventiquattro sculture di grandi dimensioni in ferro, realizzate tra il 2000 e il 2019, capaci di grande leggerezza ma allo stesso tempo di grande presenza scenica.
Con la mostra “Geometrie del ferro”, a cura di Maria Fratelli e aperta al pubblico dal 21 aprile al 12 giugno 2022 nella chiesa sconsacrata di San Sisto nell’omonima via al centro di Milano, lo Studio Museo Francesco Messina presenta un’antologica dedicata alle opere storiche di Stefano Soddu, artista nato a Cagliari nel 1946 il cui lavoro narra di un vissuto trasformato in scultura.
Il percorso espositivo si sviluppa sui due piani principali del Museo dedicato a uno dei più importanti maestri della scultura del Novecento italiano, Francesco Messina.
Il temporaneo trasferimento delle sculture di Messina per una mostra a Roma rende possibile la rarissima occasione di vedere gli spazi del museo liberi da queste opere e, quindi, destinati esclusivamente all’esposizione di un artista contemporaneo.
L’inaugurazione della mostra, che avverrà post apertura al pubblico martedì 3 maggio dalle 16 alle 20, vedrà alle ore 18 una speciale performance musicale della “Soprano d’Arti” Silvia Colombini che, accompagnata al pianoforte da Asako Watanabe, declinerà in musica alcune delle opere esposte più significative.
Il punto iniziale del fare artistico di Soddu è sempre un’improvvisa intuizione, quasi una folgorazione, dalla quale scaturisce il successivo processo creativo.
Un percorso poetico ancorato alla storia intima e personale dell’artista sin da ragazzo, quando non faceva le cose ma le sognava, indissolubilmente figlio di una terra arcaica di acqua, di pietra e di cielo, aspra e dolce.
Sebbene la suggestione di tutta l’arte di Soddu nasca spontanea, ognuna delle ventiquattro opere esposte nella chiesa di San Sisto è preceduta da disegni preparatori sui quali l’artista si è basato per dar forma alle diverse sculture e al racconto che ognuna di esse cela in sé, animando una materia impura come il ferro.
Stefano Soddu interroga la materia, ci parla, la ascolta e ne porta a galla fascino e mistero: un aspetto strettamente legato al suo essere non solo scultore ma anche scrittore di racconti e di parole, per cui nelle sue opere materia e narrazione si fondono pienamente.
Nelle sculture magiche di Stefano Soddu, dense di significati simbolici, si avverte una forte tensione spirituale che si declina in una grammatica essenziale e in un forte sconfinamento nello spazio circostante, tanto che, sebbene siano ben fissate a terra o al muro, le sue sculture esprimono al contempo levità.
Tutte le installazioni di Stefano Soddu esposte a Milano, come suggerito dal titolo stesso della mostra “Geometrie del ferro”, presentano una base geometrica nella quale l’artista inserisce un gesto informale, apparentemente “disarmonico” e di collisione con l’insieme, ma che invece viene a esaltare la dimensione poetica dell’opera stessa, rimandando a un bisogno dell’Anima: possono essere i tagli irregolari dei grandi pannelli in ferro delle cinque opere dal titolo Percorso orizzontale e Percorso verticale, tutte del 2011; così come le barre di ferro piegate e inserite all’interno dei tubi che compongono i Ferristesi del 2019; o infine l’acqua, elemento alla base della vita, della meravigliosa Panchina bagnata del 2000 che accoglie i visitatori all’ingresso della ex Chiesa di San Sisto.
In questa mostra, dove tutto ruota intorno agli interventi informali dell’artista sulle singole opere, in un contesto sacro per eccellenza come una chiesa, anche se sconsacrata, sono quattro le opere maggiormente impattanti da un punto di vista emotivo e visivo.
Anima gialla, esposta per la prima volta nel 2004 all’Istituto Italiano di Cultura di Bruxelles e successivamente presso la Galleria Biffi di Piacenza, è posizionata al centro della sala inferiore della chiesa di San Sisto ma ugualmente visibile dal piano superiore: si tratta di una scultura imponente (cm 200×160) composta da 68 formelle quadrate in acciaio disposte una accanto all’altra sul pavimento intorno ad un contenitore, sempre in acciaio, colmo di polvere di pigmenti gialli.
Le cinque Celle dell’anima, realizzate nel 2000, disposte sul pavimento a distanza regolare una dall’altra, ciascuna poggiata su una base quadrata più larga, ciascuna con all’interno una polvere colorata – rossa, gialla, nera, bianca e verde, a rappresentare i colori dell’anima – che fuoriesce da un varco sagomato sul lato di ognuna delle celle a formare una delle cinque lettere che, una volta unite, compongono la parola “Anima”. Un’istallazione che deve essere vista dall’alto, come suggerisce lo stesso artista, per poter cogliere l’insopprimibile forza dello Spirito che non può essere rinchiuso in una prigione ma che inevitabilmente trova un varco e scappa via, atto di liberazione verso la vita.
I Raggi dell’anima, sempre del 2000, sono invece cerchi di lamiera appesi a una distanza di pochi centimetri dal muro, anch’esse con una fenditura irregolare dalla quale esce la luce colorata che ricopre il lato posteriore di ogni raggio riflettendosi sul muro.
Infine, le cinque grandi Ruote, disposte su un tappeto rosso per contrastarne meglio il colore ferroso, caratterizzate ognuna da due cerchi di acciaio paralleli, ciascuno dei quali con una fenditura divergente rispetto all’altra.
Come sottolinea Maria Fratelli, “Ogni opera nasce da una intuizione, da una idea che si manifesta nella forma. Il ferro in particolare gli ha suggerito una serie di forme e di lavorazioni di superficie e di piccole trasformazioni che ne cambiavano radicalmente la natura e da materiale industriale ne disvelavano un potenziale carico di intenzioni e capace di corresponsioni. Le sue opere sono cerchi di lamiera, grandi ruote, geometrie del ferro che incontrano il colore nella forma del pigmento puro pronto ad animarle, a interagire con esse, ad accenderle, a illuminarle”.
“Geometrie del ferro” è dunque un omaggio alla leggerezza poetica del ferro, con sculture dalla presenza volumetrica imponente ma mai invasiva: la narrazione di un materiale forte, potente, ma ugualmente capace di un valore lirico avvolgente e di mescolarsi con lo spazio circostante in tutta delicatezza.
Stefano Soddu, nato a Cagliari nel 1946, si trasferisce a Milano con la famiglia nel 1956, dove ancora oggi risiede e opera. Si occupa da sempre di arti visive, avvicinandosi negli anni Sessanta allo sperimentalismo materico di Burri. Nel 1994 effettua una sua esperienza di Land-art nei pressi d Canzo, sul torrente Lambro, nella quale vengono esclusivamente utilizzati materiali reperiti in loco. È questo il momento iniziale di un nuovo progetto d’arte in cui il materiale di recupero (industriale e non) viene da Soddu utilizzato nella scultura, decantato da un attento processo di ricerca estetica ed etica. In tanti anni di attività espone in tutto il mondo in spazi pubblici e privati. Nel 2000 espone presso l’Oratorio della Passione della basilica di Sant’Ambrogio di Milano la mostra 33 dall’agire artistico al pensare sacro in cui presenta 33 formelle sulla simbologia della passione di Cristo. Partecipa inoltre alla 52a Biennale di Venezia nel 2007 e alla 54a Biennale di Venezia nel 2011. Dal 2004 opera anche ad Albisola presso le storiche fornaci San Giorgio. È presente in 52 musei e raccolte pubbliche in Italia e all’estero. Ha realizzato a Bolognano, paese in Abruzzo in cui ha vissuto per venti anni Joseph Beuys, due opere pubbliche a cura di Lucrezia Durini De Domizio tra cui il portale in bronzo dell’antica chiesa Santa Maria Entroterra.
*Nella foto in evidenza: Stefano Soddu, Ruote, 2010, acciaio, diam cm 120
Fonte: Ufficio Stampa mostra – De Angelis Press, Milano