La personale di Marco Lando raccoglie due progetti importanti e collegati nella produzione dell’artista: Specter of belief e Alchemy.
Specter of Belief è la naturale evoluzione del precedente Alchemy, in cui troviamo scene aeree sbilanciate dove immagini architettoniche, antiche e nuove, fluttuano nei cieli tra stelle e lune portentose.
Prendendo spunto da un elemento caratterizzante dell’antica cultura romana, il mosaico, Lando adatta l’antica tradizione bizantina ai suoi fini concettuali in composizioni su base fotografica, utilizzando l’idea di frammento in contrapposizione con il tutto. Una vera e propria trasfigurazione del certo.
Alcuni riferimenti ai celebri mosaici ravennati del V e VI secolo, creati quando la città era la capitale occidentale dell’Impero Romano, e alla contemporanea Tomba di Giuli, con la sua rappresentazione con mosaico di Cristo come Dio del sole pagano.
Composti da tessere vagamente distribuite che simultaneamente si uniscono e si disperdono, i volti coronati che emergono evocano imperatori e papi. Con bocche spalancate ed espressioni apprensive, queste forme frammentate e dissipate appaiono grandi in mezzo a notturni cieli stellati. Questi assemblaggi semifiniti di poteri riciclati dell’antica Roma, mutano forma attraverso lo spazio e il tempo, perduti nella loro ricerca. Contemplando il durevole potenziale del mito, ci offrono lo spettro della certezza e la promessa perduta di un domani “.
“I lavori della serie Alchemy evocano un abisso spirituale senza tempo in cui l’espiazione e la purificazione sembrano per sempre fuori portata. Caratterizzati da elementi architettonici antichi e moderni che fluttuano tra cieli stellati, questi mondi evocano la perdita di un’ ordine simbolico. Sono monumenti al progresso umano misteriosamente alla deriva in un universo freddo e senza Dio. Le loro forme frammentate, astratte e inclinate sembrano cadere e salire in risposta a forze gravitazionali fuori dal loro controllo. Come paesaggi futuristici intrisi di romanticismo, il carattere selvaggio che evocano è presieduta dal potere della luna piena. Muovendosi nello spazio, slegate dalla gravità e da uno scopo, sono rovine fantascientifiche di un pianeta defunto da tempo dimenticato”.
Il lavoro fotografico di Marco Lando è influenzato dalla sua esperienza teatrale a New York. La mise- en-scène ultraterrena che nasce dalla combinazione di trame esistenziali, illuminazione drammatica e scenografia surrealista agiscono a livello viscerale e simbolico.
L’immagine, rigorosamente in bianco e nero e manipolata digitalmente, esplora la psiche umana, rifuggendo il mondo razionale e morale a favore dell’inconscio e dell’istinto. L’assenza di colore conferisce alla natura inquietante della materia una qualità scientifica, evitandone al contempo il sensazionalismo.
Immagini architettoniche e figure eremitiche occupano paesaggi oscuri ed enigmatici che ricordano i regni mistici ed esoterici di simbolisti quali Odilon Redon, William Blake e Arnold Bocklin, e della progenie surrealista di fotografi quali Raoul Ubac, Man Ray e Hans Bellmer che hanno manipolato il mezzo fotografico con effetti simili.
L’artista ha recentemente esibito i suoi lavori presso la Site: Brooklyn Art Gallery e la Viridian Artists Inc. entrambe a New York, e al Museo Studio Psacaropulo di Trieste. Ha vinto il “Premio Speciale” per fotografia e arte digitale al DeSidera Art Festival del 2021, è stato finalista al WAC 2016 di Wells, Regno Unito.
La mostra rimarrà aperta fino al 9 gennaio 2022.
Fonte: Comunicazione spazio GOBBIPHOTOSTUDIO