Nel silenzio della scorsa sera, riflettevo sulla frase che circola sul web in queste settimane e che mi apre delle domande sul presente: “come stai ora? “ e “ quando andrà tutto bene?”
Tenendo buono il sentimento di speranza ed il desiderio di non soccombere in alcun modo, questa frase sembra portare con sé, nell’immaginario comune, al ritorno alla vita, esattamente così come la vivevamo prima.
E’ bene, credo, mantenere un’attitudine costruttiva; ma questo, a mio avviso, non sempre coincide con ‘essere positivi’, quanto forse più ad un radicamento ed una integrazione nel qui ed ora.
Consapevolezza e capacità di gestire momenti presenti.
L’ombra della fuga, lecita, ma difensiva, cui mi rimanda in parte la frase, poco giova a mio avviso ai giovani che guardano in questo momento gli adulti, né tantomeno agli adulti, che hanno preoccupazione per il loro cari o che stanno vivendo un lutto e che ahimè non fanno parte di quella percentuale tanto sottolineata, di persone che ce l’hanno fatta.
Stare nel presente vuol dire guardare alla situazione: critica, difficile e dolorosa. Per l’isolamento, i lutti, lo stress e quindi i piccoli e grandi traumi che tutti noi stiamo vivendo.
Stare e sentire: forse l’unico aneddoto che rende credibile le parole di un genitore al proprio figlio rispetto alla situazione e che dona sintonia ed empatia alle famiglie che stanno vivendo dei drammi.
Ed allora si alle espressioni artistiche, quelle che, nel tentativo di alleggerire gli animi e gli umori, in realtà fanno molto di più: regalano un po’ di energia al sistema simpatico e permettono una integrazione sana con la tristezza e la paura di certi momenti della giornata, che invece alimentano il sotterraneo parasimpatico. Ci sono entrambi i sistemi, ricordiamocelo!
Il mio invito è di portare la frase al presente: “cerco di stare bene” e sentire: com’è?
Come questo ricorda che il presente è fatto di radicamento; diversamente ci sarebbe disconnessione, scissione. L’oggi è chi ci sta intorno quindi familiari, amici, conoscenti, ognuno con storie diverse e tutte in connessione ora più che mai. Cerchiamo e troviamo il nostro modo per restare “con “ loro, aspettando senza aspettare, respirando ed ascoltando quello che il corpo ci sta dicendo.
Le proiezioni future rischierebbero di irrigidirci o di disconnetterci completamente dal sentire corporeo e quindi anche dalle emozioni. E questo se dovesse avvenire sarebbe la fisiologica risposta ad una situazione di stress; allora ecco il passo più grande che possiamo fare è quello di “fidarci” ed “ affidarci” al nostro sentire, accompagnati da chi da anni si occupa del benessere psicofisico : “ho bisogno di aiuto”, “oggi mi sento..” può essere un modo per non identificarsi con la paura, l’ansia, ma nello stesso tempo può essere una strategia per dare spazio ad un sentimento che abita già nel nostro corpo per quanto cerchiamo di scacciarlo. Sentire l’emozione permette di non identificarsi nell’emozione: “oggi ho paura e non “sono la paura”.
Un invito al presente è un invito al sentire, per integrare, poiché questo è sinonimo di salute mentale e fisica. Un gesto di prevenzione della propria psiche oggi, permetterà di poter fare un progetto futuro sicuramente più ottimistico del domani, almeno rispetto alla gestione dello stress che stiamo vivendo, che richiederà per tutti, il tempo necessario per essere elaborato e messo in comunicazione neuronale con le esperienze soggettive. Diamoci tempo: reagire si, fuggire ni!
Questo isolamento sembra far venire a galla almeno due cose: che l’ironia ed il fare sono sicuramente strumenti efficaci per occuparsi del presente. E poi… che forse davvero l’altro è indispensabile alla nostra esistenza relazionale, lavorativa, affettiva. Ed il corpo, in quanto sistema energetico, dipende dall’ambiente, con cui ha una continua interazione.
Mi sembra un buon momento per continuare, per i molti che già lo fanno, e per cominciare per chi ora se ne rende conto, a dare corpo alla propria idea di benessere e che questa non occupi il tempo di una cena vegana con l’amica lontana o di una pratica yoga o di una seduta di psicoterapia, ma che sia un progetto mentale e pervasivo di benessere, che sia un mantra che ci ricordi ogni giorno di dare spazio e tempo a ciò che ci fa stare bene e ci fa bene, allo “stare” con l’altro fuori calendario, senza appuntamento, senza calendarizzazione, senza la falsa libertà della scelta all’ultimo minuto su doodle.
Espressione spontanea: facciamolo ora perché mi domando se possa essere la nostra riserva di energia per affrontare “l’esito” del 3 aprile, che forse, se pur con epilogo positivo, potrebbe non essere quello segretamente aspettato, desiderato.
Un invito all’espressione e alla creatività cosi come stiamo facendo con i nostri figli a casa, riscoprendoci con il gioco e nel gioco.
Dott.ssa Edvige Marino
Psicologa psicoterapeuta – Coordinatrice del servizio di Urgenza Psicologica di Monza. Terapeuta EMDR