Il Museo Casa Rusca inaugura la nuova stagione espositiva ospitando la coppia più provocatoria dell’arte contemporanea internazionale: Gilbert & George.
Si tratta di un evento di grande importanza poiché gli artisti – sulla scena artistica da oltre cinquant’anni – hanno eccezionalmente accettato di esporre le loro opere a Locarno, dopo aver tenuto mostre nei più prestigiosi musei del mondo, dal Centre Pompidou di Parigi all’Art Museum di Shangai, dalla Tate Gallery di Londra, al MoMA di New York.
The Locarno Exhibition, progettata in stretta collaborazione con Gilbert & George, si concentrerà su cinque gruppi di opere realizzate tra il 2008 e il 2016 che vertono, come spesso accade nei loro lavori, su tematiche controverse del dibattito odierno. Una selezione di sessanta opere imponenti e dirompenti, scelte con cura appositamente per ogni spazio del Museo, caratterizzate da immagini intense e cromatismi accesi, dominate da una caleidoscopica simmetria speculare, trasformerà ogni sala in un grande affresco dalle violente cromie, dando vita ad un’esperienza affascinante e coinvolgente, che comunicherà al pubblico l’essenza del lavoro del duo artistico inglese.
Gilbert & George sono inseparabili dal loro incontro alla Saint Martin’s School of Art, avvenuto nel 1967. Londra, con il suo melting pot di culture, religioni, correnti politiche, musicali e letterarie, è il crogiolo ideale per l’inizio della loro carriera. Il duo ottiene il plauso della critica per la leggendaria performance del 1970 The Singing Sculpture, in cui si affermano come “sculture viventi”. Uniti nella vita e nella professione, fedeli a loro stessi, indipendenti, da allora si presentano sempre insieme come un’unica entità artistica, eccentrici nello stile e nel modo di porsi (con il classico aplomb britannico che li caratterizza), immancabilmente vestiti con outfit impeccabili, convinti che le loro vite e la loro arte sono indissolubili. Amati dal pubblico, osannati da musei e gallerie, il loro atteggiamento pluralista mescola performance, scultura e grafica pop in un unicum accessibile a tutti (e non potrebbe essere diversamente, dato il leitmotiv che da sempre guida la loro pratica: “Art for All”).
Obiettivo principale del loro lavoro è produrre un’arte democratica e di forte impatto comunicativo, che sfida le convenzioni dell’élite e della società borghese e che analizza in profondità la complessità della condizione umana. Gilbert & George sono perciò interessati a riprendere esperienze di ogni tipo, un proposito che non esclude dalla rappresentazione artistica proprio nulla, neppure le cose più disturbanti o innominate per eccessivo perbenismo. Affrontando argomenti solitamente estranei alle sale museali e che possono colpire alcuni visitatori gli artisti, con il loro vissuto, per primi si sottopongono a tale minuzioso esame, mettendo in scena sé stessi, in un’ottica che vede coincidere l’artista e l’opera d’arte: “Essere sculture viventi è la nostra linfa, il nostro destino, la nostra avventura, il nostro disastro, nostra vita e nostra luce” dichiarano, indicando nel rapporto tra l’arte e la vita l’asse portante della loro poetica.
La mostra si concentra sulle tematiche più controverse e urgenti del dibattito contemporaneo, da sempre, alla base della loro ricerca: sesso, razza, religione, politica, identità all’insegna di pochi comuni denominatori: l’ironia pungente, il rifiuto delle etichette e la voglia di mettere tutto in discussione, senza necessariamente fornire risposte alle domande suscitate.
L’arte di Gilbert & George nasce da un punto di osservazione privilegiato: la loro casa-studio situata nell’East End londinese, un quartiere dove la convivenza tra diverse fasce sociali, etnie, valori e costumi permette loro di essere costantemente in contatto con i molteplici aspetti della vita quotidiana di una grande metropoli. Attraverso un’osservazione meticolosa del tessuto urbano, Gilbert & George s’impadroniscono della ricca varietà di graffiti, scritte e testi affissi abusivamente nelle strade vicino alla loro abitazione. Ne scaturisce un repertorio ricco di immagini allo stesso tempo elettrizzanti e spaventose, teatrali, austere, bizzarre, in cui i due artisti dividono la scena con titoli di giornali, avvertimenti, pubblicità erotiche, scorci urbani, iconografia religiosa, bandiere e slogan.
L’esposizione di Casa Rusca si apre con la serie UTOPIAN PICTURES (2014), caratterizzata da un proliferare di proclami e insinuazioni. Gilbert & George fissano lo spettatore mascherati e/o con delle corone. I loro corpi sono parzialmente oscurati dalla calligrafia che riproduce le iniziali del monarca Re Giorgio VI. In sovraimpressione appaiono degli avvisi che trasmettono un’atmosfera cupa di minaccia e di sfida, tra le voci dell’ordine civico e l’esortazione a ribellarsi, tra l’accettazione e la sicurezza delle regole e il volatile libero arbitrio dell’individuo. Le Utopian Pictures forse intendono suggerire che la cosiddetta “società perfetta” sia in realtà frutto della tolleranza, dal permettere e dal coesistere di dissonanza e dissenso.
Il percorso espositivo continua con le JACK FREAK PICTURES (2008), dove la bandiera britannica (nel linguaggio comune “Union Jack”) è ridotta a pattern decorativo all’interno di un mondo denso di figure specchiate e di simboli enigmatici. Ogni opera è costituita da più livelli in cui si giustappongono i corpi degli artisti in molteplici pose: distorti, smembrati, strizzati o abnormi. Il cerchio e la croce ricorrono in maniera quasi ossessiva, avviluppate con degli elementi materici (medaglie e amuleti). La serie Jack Freak è invadente, mostruosa e claustrofobica e suscita l’impressione che Gilbert & George celebrino tutto ciò che è intrinsecamente strano (tradotto dall’inglese, freak indica appunto qualcuno o qualcosa di inusuale, singolare).
Nelle SCAPEGOATING PICTURES (ossia capro espiatorio) Gilbert & George compaiono invece insistentemente in una successione di forme mascherate o come se fossero stati fatti esplodere in mille pezzi. Protagoniste delle composizioni sono le bombolette di gas esilarante all’ossido d’azoto, conosciute come hippy crack. Queste “bombe”, sinistramente onnipresenti, sembrano asserire le conseguenze del dare la colpa ad altri: la produzione costante di odio e risentimento, la determinazione ad aggredire, a schierarsi, a radicalizzarsi. Le Scapegoating Pictures raccontano la complessa coesistenza di fedi, politiche e stili di vita, in tutte le loro sfumature, dal fondamentalismo religioso al laicismo capitalista.
Si prosegue con il risultato di una collezione pluriennale di “strilli” giornalistici: le LONDON PICTURES (2011), che riportano annunci di violenza, passione, squallore e avidità. Ogni pannello allinea titolazioni accomunate da un termine forte (per esempio ACCUSED, PERVERT, HATE, KILL) accompagnate da una raffigurazione della Regina Elisabetta II, tratta da una moneta. Gran parte dell’impatto e dell’intensità della serie deriva dalla schiettezza e dall’immediatezza dei titoli di giornale e dall’accostamento sorprendente del ritratto di Sua Maestà, potente per fasto e autorità, con l’indice alfabetico dell’oltraggio, catalogato per argomento dalle London Pictures.
Sempre più ultraterreni nell’abitare i loro quadri, nella serie conclusiva BEARD PICTURES (2016) Gilbert & George sono raffigurati con il volto e il corpo di un rosso vivo, gli occhi ombreggiati e imperscrutabili, circondati da recinzioni di filo spinato, spesso dinnanzi ad uno sfondo nero che evoca il vuoto. Indossano barbe follemente esagerate, vividamente colorate di un color malva-verde-viola, congiunte in strane forme architettoniche. Oppure assumono le sembianze di personaggi fumettistici dai corpi piccoli e dalle teste enormi. Dietro di loro uno stravagante fogliame ornamentale, numeri di telefono di escort, allarmi di vigilanza consumati dalle intemperie, profili numismatici di papi, monarchi o eroi. Lo spettatore può anche vedere in quest’ultimo sviluppo il rafforzamento dell’atmosfera di chiusura che permeava le Scapegoating Pictures del 2013. È come se il loro universo visionario sia andato verso un mondo squilibrato, inquietante e paranoico che comunica attraverso l’alienazione, l’artificialità, il metallo, la luce argentata e le messinscene grottesche. Ma perché le barbe? La barba pervade la storia religiosa, culturale e sociale, dall’induismo agli hipster. Fin dagli inizi, l’arte di Gilbert & George è coincisa con questo teorema: riunire elementi semplici, diretti e normali che, combinati, ottengono una formidabile accensione dello stato d’animo.
Le allucinanti Beard Pictures sono un’intensificazione di temi e sentimenti che gli artisti testano, esplorano e ritraggono da più di cinquant’anni. Per Gilbert & George l’arte non è altro che una rielaborazione della vita e deve necessariamente avere anche una funzione educativa, indicando la strada per superare qualsiasi tabù, religioso, culturale o sociale.
Il loro modo di intendere l’arte si rispecchia anche nella scelta della firma comune: ciò non indica solo un rifiuto della distinzione dei ruoli, ma anche una profonda revisione dell’idea di identità e di individualità. L’essere insieme, il fatto di esistere in quanto due in un unico concetto, fanno di Gilbert & George dei precursori di tematiche che oggi vengono poste quali importanti e necessarie. Si tratta di porre in esame situazioni che riguardano la vita di coppia e la condivisione di un’esistenza al di là dei pregiudizi. Il segreto del loro grande riscontro di pubblico e, tardivamente, di critica, sta forse proprio nella “&”, quella “e” che simboleggia l’unione tra due persone, tra due creativi a generare un carisma non convenzionale.
La mostra è accompagnata da un catalogo interamente curato dagli artisti, corredato da illustrazioni a colori delle opere esposte, unitamente a testi di Michael Bracewell, in versione italiana o inglese.
Fonte: Locarno Dicastero Cultura – Sabina Bardelle von Boletzky