La finestra sul cortile. On line nel week-end le nuove puntate del format digitale dell’Istituzione Bologna Musei, con video su Facebook, a bacheche incrociate tra musei.
Mentre le sedi dell’Istituzione Bologna Musei hanno riaperto al pubblico non si fermano le attività on line complementari alla visita in presenza.
L’offerta di accessibilità digitale al patrimonio storico-artistico civico prosegue con nuove proposte trasversali ad ogni area disciplinare dell’Istituzione Bologna Musei, grazie al lavoro delle professionalità museali impegnate quotidianamente nelle attività di promozione e divulgazione.
Nuove puntate saranno pubblicate domani, sabato 6, e domenica 7 giugno per il format La finestra sul cortile, pensato per Facebook, che si propone di stabilire un dialogo tra le collezioni permanenti dei quattordici musei dell’Istituzione. Una serie di “finestre” aperte sul “cortile” comune per sbirciare con occhi nuovi nelle collezioni degli altri.
I molteplici collegamenti e le tante storie che legano tra di loro le migliaia di oggetti ed opere custodite nei musei vengono raccontate in una serie di brevi video, della durata di 5 minuti circa, in cui si sveleranno questi intrecci, aprendo “finestre” su tematiche condivise.
I video verranno postati sulle bacheche Facebook “scambiate” dei musei ogni sabato e domenica alle ore 12, per le prossime settimane.
Di seguito il programma di questo week-end:
— sabato 6 giugno, h 12.00 – Laura Bentini, Museo Civico Archeologico, racconta “La bambola della collezione greca” sulla pagina Facebook dei Musei Civici d’Arte Antica
https://www.facebook.com/MuseiArteAnticaBologna/
La bambola, che fa parte della collezione greca del Museo Archeologico, è un giocattolo che fu forse caro a una bambina greca vissuta circa 2300 anni fa. Alta meno di 17 cm, la bambola è stata prodotta probabilmente ad Atene nella seconda metà del IV secolo a.C. e si presenta nuda, col corpo dipinto in bianco, e il viso incorniciato da ciocche ondulate di capelli giallo dorati. Le gambe e le braccia sono mobili, mentre nelle mani stringe una coppia di crotali, strumenti musicali simili alle nacchere. La bambola, che rappresenta una fanciulla nel fiore degli anni, presenta un foro sulla sommità del capo, collegato con un secondo foro che attraversa le spalle per collegarle al corpo; inserendo pertanto una cordicella nei fori era possibile tenere sospesa la bambola e farle muovere contemporaneamente gli arti superiori come fosse una marionetta.
— 05/06/20, 16:33 – Ilaria Negretti, Musei Civici d’Arte Antica, racconta “Il teatrino di marionette” sulla pagina Facebook del Museo Civico Archeologico
https://www.facebook.com/MuseoCivicoArcheologicoBologna/
Le marionette barocche del Settecento veneziano, visibili al Museo Davia Bargellini, sono allestite all’interno di un teatro alla bolognese il cui fondale rappresenta l’atrio di un palazzo nobile. Al suo interno tanti personaggi, tratti dalla commedia dell’arte e dalla letteratura dell’epoca: un gigante, un personaggio esotico che raffigura un re proveniente dall’Oriente, e ancora Pulcinella, Arlecchino e il Dottor Balanzone. Accanto a queste, un contorno di tanti personaggi che rappresentano la società: una dama con il vestito all’andrienne, gentiluomini che mostrano le loro raffinate cravatte e le marsine, ma anche animali e altri personaggi curiosi e persino “trasformabili”, come la dama dall’abito rosa che si trasforma in un nano.
— domenica 7 giugno, h 12.00 – Lorenzo Balbi, MAMbo, racconta il “Nuovo Forno del Pane” sulla pagina Facebook del Museo Archeologico
https://www.facebook.com/MuseoCivicoArcheologicoBologna/
Il rapporto tra il MAMbo e la storia della produzione del pane è rappresentato soprattutto dall’edifico che ospita il museo fin dalla sua apertura nel 2007, l’ex Forno del Pane. Un edificio voluto nel 1915 dal sindaco Francesco Zanardi, per produrre e vendere il pane ad un prezzo calmierato. La storia dell’edificio conobbe poi varie vicissitudini, finché alla fine degli anni Novanta, quando si decise di spostare dentro le mura la Galleria d’Arte Moderna che nel frattempo aveva inaugurato in un edificio in zona fieristica, fu individuato questo luogo così simbolico per il passato storico e sociale di Bologna. Fu indetto un concorso di architettura che si aggiudicò l’architetto Aldo Rossi, con un progetto che prevedeva non solo la riqualificazione degli spazi del forno del pane, ma anche la creazione di un distretto culturale, la Manifattura delle Arti.
Qualche settimana fa, il MAMbo ha pensato di ripartire proprio dall’anima produttiva che contraddistingue l’edifico con il progetto “Nuovo Forno del Pane”, grazie al quale il museo ospiterà per tutto il 2020 alcuni artisti, con l’obiettivo di offrire loro uno spazio per produrre nuovi lavori e fare così in modo che si possa ripartire dall’arte, dopo l’emergenza sanitaria.
Federica Guidi, Museo Archeologico, racconta “Il rilievo romano con scena di panificio” sulla pagina Facebook del MAMbo
https://www.facebook.com/MAMboMuseoArteModernaBologna/.
Il pane è almeno dagli inizi del II secolo a.C. il cibo più frequente sulle tavole degli antichi romani, fatto in casa o acquistato per pochi assi, una cifra davvero modesta, presso i numerosi panifici presenti e diffusi in tutte le città del mondo romano. Proprio ad una bottega di panificio si riferisce il rilievo in marmo bianco della fine del III secolo d.C. conservato nella Sala Romana del Museo Civico Archeologico di Bologna. La lastra, frammentata in più parti e mancante di numerose porzioni, rappresenta le varie fasi dell’attività di un pistrinum, un panificio: a partire dal frammento in basso a sinistra che esemplifica la macinatura del grano con una macina in pietra trainata da un cavallo; segue l’insaccamento della farina, la preparazione delle pagnotte e infine la loro cottura nel forno. Se però il pane è un cibo più o meno alla portata di tutti è anche vero che ne esistono diversi tipi, più o meno raffinati e ricchi, per soddisfare i palati più esigenti. È infine interessante notare come il pane – o meglio il grano – divenga presto nel mondo romano oggetto di ricorrenti donazioni da parte dei governanti alla plebe cittadina: un modo per sfamare i più poveri e al contempo una efficace forma di controllo sociale degli umori e degli indirizzi del popolo, che si tiene più facilmente lontano da ogni idea di ribellione con la pancia piena e distrazioni ludiche collettive, come sintetizzò acutamente il poeta Giovenale con l’espressione divenuta proverbiale “panem et circenses”. Proprio l’uso del pane come alimento base per nutrire chi non ha risorse economiche ci permette il collegamento con le parole di Lorenzo Balbi in merito alla nascita del Forno del Pane voluta dal Sindaco Zanardi nel 1915.
Fonte: Ufficio Stampa Istituzione Bologna Musei