Al Guardian è ben chiara “la maestria” del pianista. E se secondo Mojo Yesun è formidabile, per Downbeat Yesun “vi ipnotizzerà”
Yesun è il nono album solista del pianista Roberto Fonseca, componente del leggendario ensemble Buena Vista Social Club. Un’esplosiva miscela di jazz, musica classica, rap, funk ed elettronica. Per rompere le forme e abbattere i confini ma sempre in costante ricerca delle radici profonde della tradizione afrocubana.
“È il disco che ho sempre voluto incidere: riunisce tutte le mie influenze, i suoni e le atmosfere musicali che mi hanno reso quello che sono”: ha dichiarato Fonseca.
12 tracce originali incise in trio con i compagni di lunga data del musicista de L’Havana: il batterista Raúl Herrera e il suo storico bassista Yandy Martínez Rodriguez. Ospiti del disco, il celebre sassofonista americano Joe Lovano, l’acclamato trombettista franco-libanese Ibrahim Maalouf, il cantante e rapper cubano nominato ai Grammy Danay Suarez e la celebre diva del bolero Mercedes Cortés.
In Yesun Fonseca accentua ancora di più quegli “incandescenti contrasti” di cui aveva scritto il Guardian a proposito del suo precedente album ABUC (2016), portando a compimento un caleidoscopio sonoro che racconta una Cuba senza barriere in cui passato, presente e futuro sono sullo stesso piano. E lo fa divertendosi. “Facendo – confessa – alcune delle follie che mi piace fare dal vivo e inserendo idee che ho assorbito in questi anni in tour in tutto il mondo”.
Yesun è un gioco di parole che simboleggia l’acqua. E come l’acqua ha il potere di raggiungere lunghe distanze e acquistare qualunque forma, così la musica di Fonseca scorre tra l’antico e il moderno, accogliendo le sfide con un senso acuto della forma, del ritmo e della melodia, fra assoli a volte agili e delicati, altre percussivi e vigorosi, sempre permeati di profondità, lirismo e determinazione.
In prima linea per la rinascita della musica cubana per quasi trent’anni, fin dal suo debutto nel 1990 a soli 15 anni al Jazz Plaza Festival a L’Havana, Roberto Fonseca è sempre stato molto determinato nel voler diventare un punto di riferimento, una sorta di Chopin cubano, l’Herbie Hancock dell’isola caraibica, lavorando incessantemente alla definizione di uno stile immediatamente riconoscibile.
Fonseca aveva già dato alle stampe tre dischi come solista quando, nel 2000, è entrato a far parte del gruppo Buena Vista Social Club, sostituendo Ruben Gonzalez (1919 – 2003) e andando poi in tour con ex componenti come Ibrahim Ferrer (1927 – 2005) e Omara Portuondo.
Da solista, con Zamazu (2007) ha dato prova di essere a pieno diritto un performer e compositore. Il suo disco del 2012, Yo, nominato ai Grammy, ha visto la partecipazione di Fatoumata Diawara, inaugurando così anche una collaborazione live con la star maliana. Nel 2016, l’anno di uscita di ABUC, è stato direttore artistico del Jazz Plaza Festival a Santiago de Cuba e nel 2019 ha ricevuto il prestigioso riconoscimento Ordine delle arti e delle lettere dal Ministro della Cultura francese.
Una carriera brillante che non ha intaccato gli obbiettivi del pianista, sempre determinato a una continua evoluzione: “Io cerco sempre di diventare un musicista migliore, quindi ovunque io sia continuo a esercitarmi e comporre, comporre ed esercitarmi”.
Fonte: Ufficio Stampa GDG press