Perché dobbiamo essere patrioti e cosmopoliti in tempi di corona virus? Elif Shafak, 49enne scrittrice nata a Strasburgo, ma di origini turche e naturalizzata britannica, autrice di successo di romanzi editi in Italia da Rizzoli, La bastarda di Istanbul (2007), Il Palazzo delle pulci (2008), Tre figlie di Eva (2016) e I miei ultimi 10 minuti e 38 secondi in questo strano mondo (2019), analizza i nostri tempi alle prese con il contagio del virus in una intervista di Luigi Ippolito, corrispondente da Londra de La Lettura.
Una delle prime conseguenze di questa inquietante e drammatica pandemia è il “distanziamento sociale”, una misura introdotta dai governi che sta cambiando le nostre abitudini e l’idea stessa del vivere sociale. “Nulla sarà come prima, – risponde la scrittrice – siamo in mezzo al guado, in una sorta di terra di mezzo”. Il suo pensiero è volto all’immediato passato e all’ascesa dei vari populismi che hanno evidenziato la fragilità della democrazia. Siamo perciò davanti ad un bivio, secondo la scrittrice. Dipende da noi le scelte che faremo: se far prevalere le forze oscurantiste e isolazioniste, demagogiche e dalla retorica incendiaria oppure se sapremo trarre la lezione da questa crisi di diventare più compassionevoli e più attenti nel perseguire l’eguaglianza e nell’aiutare gli altri. Difatti, la situazione internazionale sembra mettere in dubbio la globalizzazione come l’abbiamo fin qui conosciuta, perché ogni Stato combatte il virus in maniera individuale e isolata, badando ai propri cittadini. Cosa comprensibilissima, patriottica, ma insufficiente per affrontare una pandemia globale.
“Non possiamo abbandonare l’umanesimo, – aggiunge – perché i problemi globali non possono trovare soluzioni locali ma la risposta può nascere dalla collaborazione fra gli stati, nella riscoperta di un nuovo internazionalismo e di una nuova solidarietà.” E’ una menzogna quanto affermano i populisti che non possiamo abbracciare il patriottismo e l’umanesimo, ovvero contrapporre il noi a loro, anzi si può e si deve essere l’uno e l’altro, patriottici e umanisti allo stesso tempo. Questo bisogno di cooperazione internazionale non va confusa con il neoliberismo globale, che è stato causa a sua volta – ne è consapevole Elif Shafak – di enormi problemi di diseguaglianza.
Gli Stati hanno reagito in prima battuta negando o sottovalutando il fenomeno virale, poi quando non hanno potuto più negare l’evidenza hanno attribuito agli altri la responsabilità del contagio. Così Trump ha parlato di “virus cinese”, la Cina a sua volta ha accusato l’esercito americano come portatore del contagio e così via, senza capire che non esiste virus straniero e che siamo tutti coinvolti, come umanità. E’ comprensibile la reazione dei cittadini, il panico nell’accaparrarsi generi di prima necessità come forma di reazione e di sopravvivenza, come forma di egoismo, evidenziando le ineguaglianze del sistema che colpirà i più poveri. Elif Shafak conclude con un elogio all’arte e alla letteratura, come antidoti per andare dentro e oltre di noi, allargare lo sguardo e abbracciare tutta l’umanità.