Una sorprendente serie di arazzi concepiti da Mario Vespasiani durante il lockdown insieme alla musa Mara, per rimettere al centro della creazione artistica il calore del rapporto umano.
I nuovi lavori di Mario Vespasiani sono stati immaginati durante la grande emergenza sanitaria che dai primi mesi del 2020 sta sconvolgendo il mondo e derivano dall’eccezionalità di un momento che, a fronte della tutela della salute, ha impedito alla quasi totalità della popolazione italiana di svolgere i più vari impegni giornalieri, modificando decisamente le relazioni e le più semplici abitudini quotidiani. Le rigide restrizioni hanno però sollecitato altri spunti e stimolato nuove considerazioni sullo stare insieme, tra familiari spesso distanti tra loro, come all’interno del proprio ambiente domestico, rivedendo spazi ed esigenze e tutta quella serie di libertà individuali date per scontate, ma di certo non troppo apprezzate da una società che ha fatto della velocità, dell’accumulo e poi dello scarto, i suoi tratti distintivi.
Mario Vespasiani in quei mesi di pausa forzata non ha prodotto una sola opera e ha preferito non inondare i suoi canali social con immagini e dirette web come invece hanno fatto i suoi colleghi tra presentazioni ed autopromozioni. Ha bensì rispettato nel silenzio il dolore e il disorientamento di tutti quei cittadini di ogni nazionalità che sono stati toccati dalla pandemia, anche solo a livello psicologico, per riflettere sul tipo di emozione da elaborare e comunicare successivamente, per sottolineare un focus sulle urgenze ed una presa di posizione riguardo l’importanza dell’arte nel quotidiano. Dallo stare insieme con le stesse persone – per quelli che dovevano essere pochi giorni e che sono diventati mesi interi – alla condivisione delle medesime aree domestiche, sono state concepite delle opere inaspettate, per simboli, materiali e tecnica. Mario Vespasiani, sperimentatore incessante ha voluto questa volta misurare la sua abilità nell’accostamento cromatico al procedimento dell’arte della tessitura.
La mostra Araxis – opere tessute è la dimostrazione di come l’attitudine visionaria dell’autore sia in grado di espandere su più fronti l’impronta pittorica che risiede prima di tutto nella mente e poi nella mano. Nonostante le limitazioni del periodo, Vespasiani ha evidenziato la capacità di saper rigenerare il medium e di toccare ambiti non ancora pienamente sviluppati. Con la preziosa consulenza dell’ing. Stefano Franca, l’artista ha difatti progettato opere di medio e grande formato, che possono essere esposte su entrambi i lati, dove vengono messi in risalto i differenti aspetti della lavorazione. Gli arazzi per Mario possono considerarsi una tradizione di famiglia, in quanto durante la creazione ha tenuto presente gli otto grandi teli fiamminghi del XVI secolo dedicati al suo più celebre antenato, l’imperatore Vespasiano, raffigurato nella conquista di Gerusalemme, oggi conservati nel Museo di Marsala.
Come forma di arte, l’arazzo si colloca tra alto artigianato e manufatto artistico, solitamente di ampio formato, riporta spesso scene dettagliate. Appesi alle pareti in pietra dei castelli, le cui sale erano difficilmente riscaldabili, univano alla funzione decorativa quella di isolamento termico durante l’inverno. Ma la loro fortuna nei secoli era probabilmente legata alla loro trasportabilità, caratteristica che permetteva di arrotolarli, rendendoli maneggevoli negli spostamenti tra una residenza e l’altra e pratici nell’eventuale messa in sicurezza in caso d’incendio o saccheggio. Mario Vespasiani ha dunque colto nel tradizionale utilizzo dell’arazzo qualcosa di strettamente legato ai tempi eccezionali che tutti noi stavamo vivendo e il senso di calore e protezione che riuscivano a trasmettere, sono così diventati per lui emblemi di una maggiore consapevolezza, del proprio animo, del sentimento, in rapporto a quello delle persone che ci sono prossime.
Gli arazzi sono stati prodotti fin dall’antichità ed anche se per via delle fibre naturali facilmente deperibili, molti sono andati perduti, ne sono arrivati a noi alcuni esemplari dall’antico Egitto fino alla Grecia tardo ellenica. Nei secoli, i temi più rappresentati hanno riguardato le illustrazioni cavalleresche a cui si affiancavano raffigurazioni sacre di episodi dell’Antico e del Nuovo Testamento. Dalla fine del Settecento, con il passaggio alla produzione industriale e il crescere del costo della manodopera l’attenzione verso gli arazzi incominciò a declinare, in quanto simili fondali tessuti non corrispondevano più ai gusti del tempo. Destinati al piacere di sempre meno committenti, iniziarono ad apparire arazzi tessuti a macchina o dipinti, dai contenuti prettamente decorativi.
In generale i soggetti raffigurati sono disparati: sacri, se destinati alle chiese, storico-celebrativi o naturalistici se rivolti ai palazzi pubblici e privati. Per secoli hanno avuto una destinazione specificatamente sacrale, dal trecento in poi, gli arazzi entrano nelle residenze dei principi rivestendo un’importanza pratica come protezione dal freddo che da complemento d’arredo. In alcuni luoghi di culto venivano esposti solo in occasione di particolari ricorrenze. Hanno fornito i propri cartoni artisti quali Raffaello, Rubens e Goya, fino a Picasso e Miró. Tra le avanguardie dei primi del ‘900, il Futurismo si interessò a questa forma artistica con Prampolini, Balla e Depero, per poi decretarne la conclusione della stagione.
Gli arazzi rappresentano dunque per Mario Vespasiani un’ideale protezione dagli assalti esterni e dunque Ar-axis perché assi centrali del ritorno in sé. Sono teli che edificano e delimitano un ambiente personale e sacro, dove attraverso i simboli e le figure più o meno riconoscibili, rimarcano l’importanza da destinare al momento presente, alla condivisione dell’istante e all’ascolto del profondo.
Ogni opera esposta è rigorosamente un pezzo unico, che riporta impresso sulla trama nome e titolo, è realizzata intrecciando migliaia di fili colorati, esaltando la cifra espressiva cromatica che ha reso celebre l’autore.
La mostra Araxis – opere tessute è curata da Mara, protagonista del dialogo e del confronto con l’artista durante l’ideazione.
La mostra è visitabile dall’8 agosto al 30 settembre 2020 nei due spazi di
- One Lab Contemporary – Corso Vittorio Emanuele II, 32-34 – Ripatransone( AP)
- Two Lab Contemporary – Via Torrione 12 – Paese alto di Grottammare (AP)
Fonte: OneLab Contemporary