E’ li da anni, è uno dei tanti quadri di casa mia, se lo fisso intensamente può diventare una porta aperta verso un mondo parallelo, viaggiare e provare emozioni restando spallati sulla comoda poltrona del salotto di casa, musica classica di sottofondo e gli occhi che discontinuamente si aprono e chiudono come le persiane sbattute dal vento.
Acquistato, ancora fresco di pittura oltre trenta anni fa sulla spiaggia di Positano da uno degli artisti che la sera con una rapidità di esecuzione da istantanea riproducevano ciò che i nostri occhi cercavano di immagazzinare nell’archivio della memoria emozionale. Le foto erano ancora su rullino e bisognava aspettare anche una quindicina di giorni prima di poterle vedere.
L’artista arrivava ad una certa ora, iniziava a dipingere, trovava sempre acquirenti disposti a pagare la sua arte, si accontentava di poche decine di milalire, accompagnava le pennellate a racconti e curiosità sul luogo che ospitava la nostra vacanza.
E’ un’opera d’arte? Ha un valore venale? Il giovane artista è oggi famoso?
So solo che ha fermato in una sorta di immortalità luoghi e figuranti, se ce ne sono stati altri simili non sono mai stati come quello che io vedevo e provavo nel momento in cui un pennello riproduceva un’immagine emozionale. Non avevo mai pensato possibile di entrare all’interno di un quadro, vivere momenti attraverso sommovimenti di emozioni sepolte: Basta poco, basta volerlo, il dipinto prende vita, una sinfonia di luci, colori e voci.
Trovarsi in una sorta di “terra di mezzo” che è l’immaginazione fisica di un’idea a metà tra illusione e realtà. Il mare, i pescatori, provarne le stesse emozioni, ricordarsi i movimenti delle mani dell’artista, rievocare qualcosa di unico che è il riappropriarsi del tempo.
Percepisco uno strano benessere, vorrei restare in quella tela, fermare il tempo quando ancora non mi ero convertito alla diplomatica intermediazione tra ciò che piace e ciò che bisogna fare.
Una fuga breve, entrare in un quadro, chiedere a chi li dentro ci vive da infinito tempo il permesso di passaggio, non temere di non poterne più uscire, sentirsi parte di un’opera infastiditi da chi ci guarda chiedendosi se non siamo stanchi di mantenere una posa, sempre la stessa. Per sempre, può stancare, una ripetizione all’infinito di un’immagine rivissuta ogni volta con occhi nuovi ed è questo che consente al mio viaggio, che somiglia più a un posto dove cercare rifugio, di poter avere un biglietto di viaggio che preveda andata e ritorno.
I luoghi che ci hanno accolto marchiano per sempre un pezzetto della nostra vita, l’acqua, il mare rappresentano per me sempre un luogo dove far ritorno anche solo con l’immaginazione.