Opere accomunate da forme che attraggono la curiosità dell’osservatore per la loro complessità, eccentricità e artificialità, in maniera non dissimile da ciò che suscitavano già a partire dalla fine del XVI secolo le celeberrime Wunderkammer, i piccoli gabinetti delle meraviglie di principi e reali in cui venivano conservati, raccolti ed esibiti oggetti bizzarri e originali in grado di generare sorpresa e stupore nel visitatore.
È un viaggio nella forma labirintica, molecolare, indefinibile, riflesso sì del mondo organico, ma soprattutto manipolata e ingigantita da una dimensione interiorizzata, psichica e onirica. La mostra allestita negli spazi dell’ex Convento dei Serviti è un itinerario fra naturalia e artificialia contemporanee, attraverso le opere di 24 artisti (ticinesi, svizzeri e provenienti da vari paesi del mondo) noti e meno noti, appartenenti alle più svariate generazioni, messi in dialogo l’uno con l’altro in modo da dar vita, ciascuno nella sua singolarità, a un insieme unitario in grado di restituire uno spaccato degli orientamenti della scena artistica attuale.
L’articolarsi e il moltiplicarsi di forme nello spazio, l’enorme varietà di materiali, la ricchezza e l’esuberanza dei colori, la realtà naturale come fonte inesauribile nel lavoro creativo, la predilezione per l’assemblaggio, l’accumulo o l’incastro, e quindi la propensione al fantastico: questi alcuni aspetti distintivi di una breve ma significativa ricerca attraverso la molteplicità degli approcci nella scultura contemporanea.
Artisti in mostra: Ai Weiwei, John Armleder, Jean Arp, Selina Baumann, Mirko Baselgia, Alan Bogana, Carlo Bore,r Lupo Borgonovo, Serge Brignoni, Lorenzo Cambin, Loris Cecchini, Julian Charrière, Tony Cragg, Matteo Emery, Luisa Figini & Rolando Raggenbass, Christian Gonzenbach, Christiane Löhr,Claudia Losi, Penelope Margaret Mackworth-Praed, Benedetta Mori Ubaldini, Meret Oppenheim, Julia Steiner, Gerda Steiner & Jörg Lenzlinger, Teres Wydler
Appunti: Daniele Agostini
Come nelle Wunderkammer, o gabinetti di curiosità, proliferati nel Cinquecento – luoghi dove venivano raccolti ed esposti i più curiosi oggetti provenienti dal mondo naturale [naturalia] e artificiale [artificialia] – anche il Museo d’arte di Mendrisio si trasforma in una contemporanea camera delle meraviglie, esponendo le sculture e le installazioni di ventiquattro artisti contemporanei che si caratterizzano per il loro porsi al confine fra il bizzarro e l’ordinario, suscitando sorpresa e stupore nel visitatore. Le opere in mostra non sono presentate in nuclei tematici o secondo qualche criterio scientifico, ma vengono proposte proprio come il frutto di un accumulo collezionistico di eredità cinquecentesca, che qui consente l’emergere di sinapsi tra le caratteristiche formali del lavoro di differenti artisti appartenenti a diverse generazioni, luoghi geografici e ambienti formativi.
Riflettendo ancora una volta sulle antiche collezioni di oggetti curiosi, non secondario risulta il legame con l’enciclopedica raccolta di materiali: dal plexiglas all’argilla passando per silicone, radici, lava artificiale e tessuto, senza dimenticare i più classici ceramica, legno e bronzo. La natura, che dagli albori della civiltà affascina, interroga e spinge l’uomo alla sua rappresentazione, è la grande protagonista della mostra; una natura – analizzata, emulata e in alcuni casi trasformata – intesa nella sua totalità di micro e macrocosmo.
Dal viaggio all’interno del corpo umano con il monumentale White Heart di Carlo Borer, le interiora in ceramica di Ai Weiwei e gli involucri-organi di Matteo Emery, alla rappresentazione animale con il cervello di balenottera realizzato da Claudia Losi, accompagnati dalle forme biomorfe di John Armleder, Jean Arp e Selina Baumann.
Il desiderio di dominio della natura – a tratti infantile – di cui è soggetto il mondo vegetale, è qui espresso nell’esile architettura botanica di Christiane Löhr, nella radice avviluppante di Teres Wydler e negli ibridi creati da Lupo Borgonovo. Queste bizzarrie trovano eco nella serie Salmigondi di Christian Gonzenbach e negli onirico-fiabeschi assemblaggi di Gerda Steiner & Jörg Lenzlinger.
La superficie magmatica creata da Julia Steiner, i profili montagnosi realizzati in vetro acrilico da Alan Bogana e le pietre laviche artificiali di Julian Charrière, a cui si aggiunge la ricerca di Tony Cragg sulla stratificazione, ci restituiscono uno sguardo su concrezioni geologiche, frutto del naturale scorrere del tempo e dell’azione di differenti agenti di causa. Una vera e propria immersione nel dominio pelagico avviene con la massa polimorfa di meduse esili e fluttuanti di Benedetta Mori Ubaldini e i parassiti di Lorenzo Cambin, diametralmente opposti alla manifestazione cosmica della riproduzione in scala delle Pleiadi di Penelope Margaret Mackworth-Praed.
Dall’erotismo che connota la scultura lignea di Serge Brignoni, al sesso femminile cui allude l’opera di Meret Oppenheim passando per la scultura-favo ispirata all’arte islamica di Mirko Baselgia, ai garofani-concrezioni di Luisa Figini e Rolando Raggenbass fino all’installazione modulare a metà tra pianta rampicante e genoma di Loris Cecchini, troviamo, invece, l’impronta di una ricerca personale che si distingue per il distacco progressivo dall’elemento intrinseco ed estrinseco naturale a favore di un processo interiorizzato.